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Corte di appello penale di catania sez. I,11 Novembre 2009, n. 2012 Est. Santangelo - imp. M.v. Società reati societari impedito controllo della gestione sociale caratteristiche

Il reato di impedito controllo della gestione sociale di cui all'art. 2625, comma 2 c.c. nella formulazione introdotta con la riforma dei reati societari (D.L.vo n. 61/2002) configura un reato di pericolo in cui la condotta è costituita dall'occultamento documentale che impedisca - o comunque ostacoli - l'attività di controllo legalmente attribuita ai soci. Altre condotte non tipicamente corrispondenti a quelle testualmente descritte non possono essere assimilate in via analogica. Trattasi di reato plurioffensivo nel quale, a causa della sua struttura di base come illecito amministrativo (art. 2625, comma 1, c.c.), i profili psicologi del fatto perdono rilevanza ed interesse. (D.L.vo 11 aprile2002, n. 61, art. 1; c.c., art. 2623; c.c., art. 2625) (1)

(1) La sentenza in epigrafe è particolarmente interessante in quanto ci consta essere la prima emessa in tema di reato di omesso controllo della gestione sociale. Per quanto di utilità si veda Cass. pen., sez. V, 5 maggio 2004, De Mattei, in questa Rivista 2005, 1024.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

(Omissis)

Trattasi, dunque, di reato plurioffensivo.

La ratio della norma - come novellata sub D.L.vo n. 61/02 - ha qualche speculare correlazione con l'art. 2622 c.c. - relativa alle notizie societarie - presupponente che il soggetto attivo utilizzi a profitto proprio od altrui il contenuto dell'informazione, sostanziando una condotta divulgativa la quale consente la conoscenza di notizie riservate ed in cui l'offesa al bene protetto diventa l'elemento costitutivo del reato.

L'utilizzazione delle notizie sociali (id est, atti di gestione) riservate, sebbene nella formulazione normativa sia considerata vaga ed indefinita, concerne gli accadi-menti della vita societaria, ricollegando la riservatezza alla causa d'ufficio, sicchè non possono essere utilizzate, non soltanto le notizie coperte dal segreto, ma anche quelle idonee ad arrecare un pregiudizio. La loro utilizzazione deve avvenire per giustificato motivo, una formulazione la quale introduce un elemento di antigiuridicità speciale che dà respiro alla fattispecie, impedendone una meccanicistica applicazione. In altri termini, il richiamo al giustificato motivo serve ad escludere la rilevanza penale di un comportamento di utilizzazione conforme ad un dovere di natura morale ovvero tesa ad evitare un danno ingiusto.

Anche il thema decidendum - che verte sull'impedito controllo - esce notevolmente innovato dalla prefata riforma, sia per quanto concerne la collocazione sistematica dell'interesse penalmente tutelato, sia per quanto attenga agli elementi costitutivi del reato, oggi previsto dall'art. 2625 c.c.. Già una lettura comparativa tra la vecchia e la nuova descrizione legale ne mette in evidenza le differenze strutturali che, in realtà, corrispondono ad una impostazione sistematica diversa di questo reato, la cui attuale lesività non ne autorizza una sottovalutazione espositiva per la nuova ed esclusiva rilevanza dell'elemento del danno patrimoniale, rispetto all'ipotesi che ne è priva, meramente sanzionata sul versante amministrativo.

È di tutta evidenza che si passi da una fattispecie a formula libera - nella quale le modalità della condotta di impedito controllo non erano specificate e potevano (in quanto non descritte) consistere in comportamenti commissivi od omissivi la cui rilevanza impeditiva (od ostruzionistica) era affidata alla valutazione del giudice di merito - ad una nuova strutturazione degli elementi costitutivi del fatto impeditivi, descritta analiticamente, anche se vincolata e condizionata ad azione di occultamento o ad altri artifici.

Il reato de quo può essere commesso esclusivamente dagli amministratori e, pertanto, si è di fronte ad un reato proprio (quanto meno per l'ipotesi, di ri1evanza penale, del danno). La condotta tipica prefigura un comportamento attivo, (che è espresso dai verbi "impediscono o comunque ostacolano"), ma ha la sua specificità nell'occultare documenti o nel porre in essere altri idonei raggiri. Ne consegue che altre condotte non tipicamente corrispondenti a quelle testualmente descritte non possono essere assimilate in via analogica. In buona sostanza, gli amministratori debbono impedire - condotta configurabile in qualsiasi tipo di comportamento, commissivo od omissivo, che ha come risultato l'impossibilità di procedervi - il controllo della gestione sociale.

Il sintagma normativo - che si propone residuale rispetto all'ipotesi di cui all'art. 2623 c.c. - può essere inteso astrattamente sia in maniera ampia e generica, tale comunque da comprendere nel suo spettro di azione tutto ciò che concerne la vita della società, sia in quella più rigorosa e selettiva, con riferimento ad una nozione tecnica che dev'essere ricavata dalla nozione civilistica. Quest'ultima va preferita poiché lineare con la finalità di tutela della fattispecie e non solo perché in tale maniera si attribuiscono alla norma contorni più determinati, attesoPage 176 che il controllo non può che riguardare proprio l'attività di amministrazione del patrimonio della società volta al conseguimento dell'oggetto sociale.

Quanto all'elemento soggettivo, va rilevata l'anomalia della fattispecie in esame, contrassegnata nella sua struttura descrittiva come illecito amministrativo, di fronte al quale i profili psicologici del fatto perdono rilevanza ed interesse.

Nel caso del danno da cui sboccia il reato, il fatto non è descritto con espressi e specifici riferimenti alla intenzione dell'agente - a guisa che l'impedito controllo può essere astrattamente confìgurabile anche in chiave colposa - e, tuttavia, tanto l'occultamento, quanto a fortiori gli altri raggiri, appaiono espressivi di una condotta, oltre che volontaria, diretta all'evento impeditivo.

L'ipotesi del fatto dannoso, che è rilevante a titolo reato, si configura come contrassegnata da dolo generico, la nozione di danno risulta fondante come condizione obiettiva di punibilità e, sul piano interpretativo, costituisce per il giudice l'unico quesito autonomo - seppure con qualche profilo di difficoltà trattandosi di reato punibile a querela della persona offesa - per poter verifìcare la legittimazione attiva del querelante. Non si manchi di considerare che il danno non sempre sia coincidente con l'offesa (presupposto tecnico del diritto di querela) e che nel caso dell'art. 2625 c.c., qualora non vi sia danno non può sussistere il reato. La coincidenza della duplicità nozionistica comporta una dilatazione concettuale del danno che, in un reato tipicamente lesivo del patrimonio, andrebbe sinanco ad identificarsi in una lesione giuridica non patrimoniale. (Omissis) tribunaLe penaLe miLitare di roma 24 settembre 2009, n. 25 pres. quisteLLi - est. roLando - imp. aLbers ed aLtri

Reati militari Violenza contro privati nemici y Elementi specializzanti Morte di civili inermi per cause non estranee alla guerra Conflgurabilità del reato

Guerra Risarcimento dei danni di guerra y Danni arrecati da militari tedeschi durante la seconda guerra mondiale Conseguenti alla commissione di crimini di guerra Responsabilità civile sussidiaria dello Stato tedesco Sussistenza

Sussiste il reato di "violenza di militari contro privati nemici", previsto e punito dall'art. 185 c.p.m.g., e la relativa cognizione spetta al Tribunale militare, nel fatto commesso da militari tedeschi occupanti che cagionino la morte di una pluralità di civili inermi per cause non estranee alla guerra, riconducibili anche a pretese applicazioni di illegittime rappresaglie contro i locali partigiani. (C.p.m.g., art. 13; c.p.m.g., art. 185)

Sussiste e va affermata la responsabilità civile sussidiaria dello Stato tedesco per i danni arrecati alla popolazione italiana non belligerante da suoi organi, quali sono gli appartenenti alle forze armate tedesche occupanti, che abbiano commesso crimini di guerra nell'esercizio di una pretesa rappresaglia, non consentita dal dritto internazionale. (C.p.m.g., art. 13; c.p.m.g., art. 185)

Motivi della decisione

Prove utilizzabili

Preliminarmente, il Collegio ritiene opportuno precisare i criteri sulla base dei quali procederà alla valutazione ed alla utilizzazione delle prove, in specie quelle documentali, acquisite al presente processo.

Nel corso della complessa istruttoria, infatti, è stato acquisito al fascicolo del dibattimento un imponente compendio probatorio, costituito non solo dalle testimonianze assunte nel corso del dibattimento, incluse le dichiarazioni dei consulenti, ma anche da verbali e documenti acquisiti a seguito di rogatorie internazionali o provenienti da altri procedimenti giudiziari per crimini di guerra, quale il processo Reder.

(Omissis).

Ricostruzione del fatto storico

Deve darsi da subito atto che i medesimi fatti rimessi al giudizio di questo Tribunale, ormai risalenti ad oltre sessantacinque anni fa, sono stati già ampiamente e pacificamente ricostruiti attraverso tre processi celebrati negli anni immediatamente successivi al dopoguerra, richiamati nel testo della consulenza tecnica del Professor Pezzino Paolo, docente di storia contemporanea all'Università degli Studi di Pisa, dedito da molti anni a studi sulle stragi tedesche in Italia durante la seconda guerra mondiale...

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