Merito

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CORTE DI APPELLO CIVILE DI ANCONA SEZ. I, 28 SETTEMBRE 2010, N. 634

PRES. FORMICOLI – EST. FANULI – RIC. DE ROSA (AVV. MARCELLINI) C. PERTICAROLI (AVV. MERLI)

Comodato y Oggetto y Alloggio ad uso abitativo y Destinazione d’uso y Residenza familiare del figlio del comodante y Comodato precario y Esclusione y Crisi della famiglia y Conseguenze.

La concessione di un immobile in comodato gratuito al proprio figlio coniugato con prole, con la generica indicazione di durata: “fino a quando non riesca a trovare altra residenza adeguata”, vale ad imprimere al bene un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà “ad nutum”, del comodante, salva la facoltà di quest’ultimo di chiedere la restituzione nell’ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c. segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione. (c.c., art. 1809; c.c., art. 1810) (1)

(1) Cfr. la giurisprudenza citata in parte motiva: Cass., sez. un., 21 luglio 2004, n. 13603, in questa Rivista 2004, 551; Trib. Roma 6 novembre 2009, n. 21656, in Guida al diritto 2010, 272 e Trib. Brescia 8 febbraio 2008, n. 441, in questa Rivista 2009, 284.

Fatto e diritto

Perticaroli Adriano conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona - Sezione distaccata di Jesi la propria nuora De Rosa Rossella per sentirla condannare al rilascio di un immobile - appartamento e garage - di proprietà di esso attore e al risarcimento dei danni per illecita occupazione, fino all’effettiva riconsegna, esponendo:

- di aver concesso nel febbraio 2004 il suddetto immo- bile, in comodato senza determinazione di durata, al figlio Alessandro, il quale vi si era trasferito unitamente alla convenuta, con l’impegno a rilasciarlo appena reperito altro alloggio;

- che il comodatario, all’inizio del 2007, lo aveva informato di voler rilasciare l’immobile entro l’estate, con l’accordo della moglie, ma che poi non vi aveva provveduto se non dopo la diffida scritta con cui esso comodante gli aveva comunicato la necessità di locare detto immobile a terzi, al fine di integrare la propria pensione;

- che la De Rosa aveva continuato ad occupare sine titulo l’immobile, impedendogli di cederlo in locazione e procurandogli, per l’effetto, evidenti danni patrimoniali.

La convenuta contestava radicalmente la ricostruzione dei fatti operata dal ricorrente, sostenendo:

- di avere acquistato, di fatto, insieme al marito, l’immo- bile in questione e di aver contribuito alla ristrutturazione dello stesso, al fine di destinarlo stabilmente a residenza familiare;

- che dopo l’avvio della procedura di separazione dal coniuge, l’attore ed il figlio si erano accordati per estrometterla dalla casa;

- che il contratto scritto di comodato tra il suocero e il marito non aveva data certa e che, comunque, essa convenuta non aveva mai assunto l’impegno al rilascio della casa, avendola sempre considerata abitazione coniugale dove vivere con i propri figli, a maggior ragione dopo l’assegnazione della casa a lei ed ai figli, con ordinanza del Presidente del Tribunale di Ancona, nel procedimento di separazione coniugale.

La controversia veniva decisa dal Tribunale adito all’udienza del 21 dicembre 2009 mediante pubblica lettura del dispositivo della sentenza n. 319/2009, che, in accoglimento della domanda attorea: a) dichiarava che la De Rosa deteneva senza titolo l’appartamento con annesso garage di cui all’atto introduttivo; b) per l’effetto la condannava al rilascio dell’immobile e al pagamento al Perticaroli, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 200,00 mensili dalla data di presentazione del ricorso fino all’effettivo rilascio, con gli interessi legali, nonché a rimborsare allo stesso Perticaroli le spese di lite.

Avverso detta sentenza interpone appello De Rosa Rossella, chiedendone l’integrale riforma.

L’appellante lamenta, anzitutto, la mancata ammissione della prova testimoniale, finalizzata a dimostrare il tenore dell’accordo tra l’attore ed i coniugi Perticaroli-De Rosa, in ordine alla destinazione del bene oggetto di comodato a residenza familiare e la realizzazione a cura e spese di essa appellante e del di lei marito, di una serie di dispendiosi interventi finalizzati ad adeguare l’immobile alle esigenze abitative familiari. Deduce che il primo giudice ha palesemente errato nel ritenere tale prova inammissibile siccome non formulata in specifici capitoli.

Nel merito, l’appellante sostiene che, nonostante l’ingiusta amputazione delle richieste di prove ritualmente formulate, era sicuramente emerso che l’immobile era stato concesso in comodato dall’appellato, affinché fosse destinato ad abitazione familiare e, quindi, non era detenuto sine titulo da essa appellante, come ritenuto dal primo giudice.

L’appellato contesta radicalmente l’impugnazione, e ri propone (sia pure implicitamente), la domanda (avanzata

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in via subordinata ed assorbita dall’accoglimento di quella principale) di restituzione del bene dato in comodato, per sopravvenuto ed imprevisto bisogno del comodante, à sensi dell’art. 1809 comma 2 c.c.

L’appello è pienamente fondato.

Va rilevato, preliminarmente, che la censura mossa dall’appellante alla mancata ammissione della prova per testi è sicuramente fondata. Il primo giudice ha adottato al riguardo una soluzione palesemente errata e contrastante con consolidati indirizzi interpretativi, oltre che con la ratio della disposizione richiamata (art. 244 c.p.c.). In particolare - a quanto par di capire - ha ritenuto inidonea a soddisfare i requisiti di cui all’anzidetta disposizione, una formulazione effettuata per relationem. Tale quella della De Rosa, espressa in questi termini: “in via istruttoria si chiede prova per testi sulle circostanze ben capitolate dalla pag. 4 della comparsa con i numeri da 1 a 19”. Richiesta pienamente corretta ed ammissibile, stante anche il carattere specifico e dettagliato delle circostanze di fatto indicate nel testo della comparsa, sub nn. 1-19.

Ciò premesso (per debito di ragione), si ritiene super- fluo ammettere in questa sede la prova di parte appellante, atteso che le risultanze di quelle orali e documentali assunte in primo grado consentono la ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini della decisione.

Viene in rilievo, anzitutto, il contratto di comodato datato 20 febbraio 2004 prodotto dal comodante a sostegno dei propri assunti.

Con tale contratto il Perticaroli concede in uso abitativo l’immobile in questione al proprio figlio - coniuge dell’appellante - con la generica indicazione di durata: “fino a quando non riesca a trovare altra residenza adeguata”.

Risultano inoltre acclarate le seguenti, rilevanti circostanze:

- l’immobile in questione venne acquistato dall’odierno appellato e ristrutturato per renderlo abitabile;

- l’appellante ed il coniuge della stessa sostennero in proprio le spese per i lavori di adeguamento dell’immobile alle loro esigenze abitative (v. deposizione di Perticaroli Alessandro). Sull’ammontare degli importi versati a tal fine c’è controversia e - in assenza delle prove richieste sul punto dall’appellante - incertezza. Dalla documentazione prodotta dall’appellante e dalla deposizione della teste Castro si potrebbe desumere essersi trattato di esborsi rilevanti, sì da giustificare l’accensione di mutui bancari. Ma la circostanza non è comunque decisiva;

- ultimati i lavori, i coniugi ed i loro figli minori ebbero a stabilirsi nell’abitazione in questione, per alcuni anni, senza alcun problema, sino alla separazione coniugale;

- nel procedimento di separazione, il Presidente del Tribunale di Ancona ha assegnato la casa alla De Rosa e ai figli minori della coppia.

È sufficiente il tenore letterale del contratto di comodato - in uno con la pacifica circostanza che il comodatario conviveva con il coniuge De Rosa e con i figli minori - per ritenere come l’immobile venne destinato ad abitazione familiare, a tempo indeterminato, così dovendosi intendere (secondo l’incontestata lettura del primo giudice) il suddetto inciso “fino a quando non riesca a trovare altra residenza adeguata”.

In sostanza, secondo la trasparente volontà delle parti, l’immobile era concesso in comodato dal padre al figlio (rispettivamente suocero e marito dell’appellante) per destinarlo ad abitazione familiare. Il nucleo familiare del comodatario sarebbe ivi rimasto, sino a che l’immobile avesse soddisfatto le relative esigenze abitative o, comunque, sino a che i coniugi non avessero trovato di meglio (salve ovviamente le esigenze del comodante, di cui all’art. 1809 comma 2 c.c.).

Tali conclusioni trovano pieno conforto nelle altre circostanze sopra ricordate: a) l’immobile, una volta ristrutturato ed adeguato (a spese della De Rosa e del marito) alle esigenze abitative del nucleo familiare del figlio e della nuora del comodante, venne effettivamente adibito a residenza familiare degli stessi; b) tale destinazione rimase, incontestata, per anni ed è stata riconosciuta dallo stesso Presidente del Tribunale con la ricordata ordinanza di assegnazione della casa coniugale alla De Rosa ed ai figli.

Il primo giudice non ha ben valutato dette risultanze e, in particolare, ha ingiustificatamente ritenuto non provata la suddetta destinazione d’uso dell’immobile oggetto di comodato.

Conseguentemente, è pervenuto alla frettolosa conclusione che, versandosi in ipotesi di comodato senza deter- minazione di durata, doveva applicarsi il disposto dell’art. 1810 c.c.: il comodante aveva richiesto al comodatario la restituzione del bene nel 2007 e, per l’effetto, “risolto” il contratto di comodato, la De Rosa non aveva titolo per occupare l’immobile. La stessa andava pertanto condannata al rilascio ed al risarcimento dei danni. Irrilevante - secondo il giudice di prime cure - doveva valutarsi il ricordato provvedimento presidenziale di assegnazione della casa...

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