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Corte di appello penale di ancona 7 febbraio 2011, n. 133

Pres. Fanuli – est. Fanuli – imp. Laraichi

Sicurezza pubblica y Stranieri y Espulsione y Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Stati terzi in condizione irregolare y Natura self-executing della direttiva y Sussistenza y Conseguenze.

Sicurezza pubblica y Stranieri y Espulsione y Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Stati terzi in condizione irregolare y Successioni di leggi penali nel tempo y Esclusione y Ragioni.

Sicurezza pubblica y Stranieri y Espulsione y Inosservanza dell’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato y Mancanza di un documento valido per l’espatrio y Giustificato motivo y Condizioni.

La direttiva 2008/115/CE (cd. “direttiva rimpatri”) recante “norme e procedure comuni applicabili agli Stati membri di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”, decorso infruttuosamente il termine del 24 dicembre 2010 per adeguare il diritto interno agli obblighi discendenti dalla direttiva medesima, deve ritenersi self executing in tema di disciplina amministrativa dei rimpatri. L’efficacia diretta della direttiva europea comporta che il provvedimento amministrativo di allontanamento emesso dopo la scadenza del suddetto termine deve essere considerato illegittimo per violazione delle norme comunitarie che l’autorità amministrativa (quale organo dello Stato tenuto a rispettare il diritto comunitario) deve applicare in vece di quelle interne, e, pertanto, deve essere disapplicato dal giudice penale; con la conseguenza che l’imputato deve essere mandato assolto “perché il fatto non sussiste”. (d.l.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14; dir. CE 16 dicembre 2008, n. 115) (1)

Per effetto del mutato quadro normativo in materia di rimpatri (direttiva 2008/115/CE), non viene meno il disvalore penale delle violazioni di cui all’art. 14 del D.L.vo n. 286/98 anteriormente commesse, in quanto non si configura un fenomeno di successioni di leggi penali, che riguarda la successione nel tempo delle norme incriminatrici, ovvero di quelle norme che defi- niscono la struttura essenziale e circostanziata del reato. Nell’ambito di operatività dell’istituto di cui all’art. 2 c.p. non rientrano, infatti, le vicende successorie di norme extrapenali che - come nella specie - non integrano la fattispecie incriminatrice né quelle di atti o fatti amministrativi che, pur influendo sulla punibilità o meno di determinate condotte, non implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, che resta, pertanto, immutata e quindi in vigore. (d.l.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14; dir. CE 16 dicembre 2008, n. 115) (2)

Configura giustificato motivo, che determina l’insussistenza del reato di cui all’art. 14, comma 5 quater, D.L.vo n. 286/1998, la mancanza di un documento valido per l’espatrio, richiesto ma non ancora ottenuto dallo straniero al momento dell’accertamento del reato (nella specie l’imputato, sprovvisto di documenti per l’espatrio, era arrestato pochi giorni dalla scadenza del termine di cinque giorni). (d.l.vo 25 luglio 1986, n. 286, art. 14) (3)

(1) La sentenza in epigrafe si segnala per la particolare attualità della problematica affrontata - oggetto di dispute interpretative di difficile composizione - relativa all’incidenza della c.d. direttiva rimpatri sulla disciplina interna, amministrativa e penale. Cfr. Corte giust. CE, grande sezione, 30 novembre 2009, n. 357, in Riv. dir. internaz. 2010, 1, 149 e Cass. pen., sez. I, 16 aprile 2009, P.G. in proc. Rotati, in questa Rivista 2010, 337. La Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, n. 115, è pubblicata in G.U.U.E. 24 dicembre 2008, L 348 ed è entrata in vigore il 13 gennaio 2009.

(2) Nulla in termini.

(3) Sostanzialmente conforme Cass. pen., sez. I, 11 marzo 2010, Singh, in questa Rivista 2010, 610, che esclude la ricorrenza del giustificato motivo, scriminante l’inosservanza dell’ordine impartito dal questore allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni, nell’ipotesi della mancanza di un documento valido per l’espatrio, qualora lo straniero stesso non riesca a provare di essersi attivato per ottenere un documento sostitutivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Il P.M. presso il Tribunale di Macerata procedeva penalmente nei confronti di Laraichi Youssef, arrestato in flagranza del reato di cui all’art. 14 comma 5 quater D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286 (come modificato in ultimo dalla L. n. 271/2004), perché quale cittadino straniero già espulso ai sensi dell’art. 14 comma 5 ter con decreto emesso dal Prefetto di Ascoli Piceno in data 27 febbraio 2006, nonché colpito da un nuovo ordine di allontanamento emesso dal Questore della Provincia di Macerata in data 21 giugno 2010 - ordine preceduto da un secondo decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Macerata, in pari data - continuava a permanere illegalmente nel territorio italiano.

Disposta la convalida dell’arresto, l’imputato, prima dell’inizio del giudizio direttissimo, chiedeva procedersi con le forme del rito abbreviato.

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All’esito della discussione il Tribunale di Macerata con sentenza n. 570/2010 del 9 luglio 2010 dichiarava il Laraichi colpevole del reato ascrittogli, esclusa la contestata recidiva e, con la diminuente del rito, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, revocando la sospensione della pena concessa con sentenze del Tribunale di Macerata, Sezione distaccata di Civitanova Marche, in data 3 novembre 2006 e in data 22 settembre 2008.

Avverso detta sentenza interponeva rituale appello l’imputato chiedendo la riforma della sentenza di condanna. All’odierna udienza P.G. e Difesa concludevano come da separato verbale.

La questione della “compatibilità” della fattispecie incriminatrice in esame con la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008.

Prima di esaminare il merito dell’imputazione, occorre affrontare la questione, evidentemente pregiudiziale, della “compatibilità” della fattispecie incriminatrice contestata all’imputato con la direttiva 2008/115/CE “recante norme e procedure comuni applicabili agli Stati membri di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”, che concedeva agli Stati termine sino al 24 dicembre 2010 per adeguare il proprio diritto interno agli obblighi discendenti dalla direttiva medesima (art. 20). Va infatti rilevato che, secondo gran parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, la scadenza infruttuosa del suddetto termine rende inapplicabile (tra l’altro) la disciplina sanzionatoria di cui alla disposizione in esame, sulla base di un ordito logico che si articola, essenzialmente, attraverso i seguenti passaggi:

- l’anzidetta direttiva comunitaria è immediatamente applicabile in Italia a decorre dal 25 dicembre 2010;

- le norme incriminatrici di cui all’art. 14 commi 5 ter e 5 quater, L. n. 286/1998 sono incompatibili, sotto diversi profili, con la normativa comunitaria perché introducono un trattamento deteriore per lo straniero, sotto il profilo della libertà persona, rispetto a quanto previsto e autorizzato in sede comunitaria;

- l’incompatibilità va immediatamente rilevata anche dall’Autorità Giudiziaria penale, tenuta, in forza dei Trattati e dello stesso art. 11 della Costituzione, ad assicurare la diretta applicazione delle fonti UE dotate di effetto diretto, in uno con la corretta applicazione della normativa interna da interpretare in modo conforme ai principi comunitari;

- la rimarcata incompatibilità comporta la disapplicazione della norma interna, con conseguente esclusione del reato, “perché il fatto non sussiste”

- alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riferimento agli ordini di espulsione e alle violazioni accertate prima del 24 dicembre 2010, non essendovi ragioni per non applicare il principio di cui all’art. 2 comma 2 del codice penale.

La questione è più complessa di quanto possa apparire dalla lettura delle argomentazioni poste a fondamento delle pronunzie di merito che esprimo il suddetto orientamento, che - come si dirà - non è assolutamente condivisibile con riferimento alla fattispecie in esame (ordine emesso e violazione accertata prima del 24 dicembre 2010).

Procedendo con ordine, appare necessario esaminare la direttiva in questione, per inquadrarne la natura e la rilevanza rispetto all’ordinamento interno, per poi valutarne l’incidenza sulla fattispecie incriminatrice per cui è processo.

  1. Considerazioni generali sulla c.d. direttiva rimpatri Obiettivo della direttiva 2008/115/CE, recante “norme e procedure comuni applicabili agli Stati membri di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”, è quello di coordinare le legislazioni dei 27 Stati membri dell’Unione europea in maniera da garantire “un’efficace politica in materia di allontanamento e di rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità (considerando introduttivo n. 2).

    Di duplice ordine sono, dunque, gli interessi che la direttiva mira a tutelare.

    Da un lato, essa intende assicurare effettività di meccanismi di rimpatrio degli immigrati “irregolari”, quale premessa per una efficace gestione dei flussi migratori all’interno dell’Unione. Interesse, quest’ultimo, che ha in proprio fondamento nell’art. 79 del vigente Trattato sul funzionamento dell’Unione, e che l’Unione considera ormai come proprio vitale interesse dopo l’abbattimento delle frontiere interne tra gli Stati membri conseguente al Trattato di Schengen. Dall’altro lato, la direttiva intende al tempo stesso assicurare che le procedure di rimpatrio avvengano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate, diritti fondamentali che costituiscono principi dello stesso diritto dell’Unione. E tra tali diritti...

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