Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine61-98

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CORTE DI APPELLO CIVILE DI ANCONA SEZ. I, 28 SETTEMBRE 2010, N. 631

Pres. Formiconi – est. Fanuli – ric. Imedil s.r.l. (Avv. Zannini) c. Labate (avv.ti blasi r. E blasi l.)

Avviamento commerciale y Indennità y Promotore finanziario y Spettanza.

Il promotore finanziario svolge attività mediatizia in forma di impresa commerciale, sia pure connotata da profili intellettuali, e, in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo all’immobile adibito all’attività, ha diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento. (l. 27 luglio 1978, n. 392, art. 34; l. 27 luglio 1978, n. 392, art. 35) (1)

(1) Cfr. le citate Cass. civ., 6 maggio 2003, n. 6874, in questa Rivista 2003, 693 e Cass. civ., 6 maggio 2003, n. 6876, ibidem, i cui principi di diritto, dettati con particolare riferimento alla figura del broker di assicurazioni, sono ritenuti dalla Corte anconetana applicabili anche all’attività del mediatore finanziario.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 22 luglio 2005 presso il Tribunale di Pesaro Labate Marco, premesso: a) di aver preso in locazione in data 10 aprile 1998 due unità immobiliari ad uso diverso dalla abitazione; b) di avere ivi stabilito la propria attività di promotore finanziario; c) che alla prima scadenza contrattuale parte locatrice gli aveva comunicato il diniego di rinnovazione del contratto ex art. 29 L. n. 392/1978, n. 392, necessitando di tali locali “per destinarli ad uffici”, proponeva nei confronti della Imedil s.r.l. (già F.lli Varriale s.r.l.) avente causa dall’originario locatore, tre distinte domande:

  1. condanna alla corresponsione della indennità per la perdita di avviamento ex art. 34 L. n. 392 cit.;

  2. ripristino del contratto di locazione e condanna al rimborso delle spese di trasloco, degli oneri sopportati, nonché condanna al pagamento dell’indennità prevista dall’art. 31 legge cit., in favore del Comune di Pesaro, per avere la controparte omesso di adibire gli immobili nel termine di sei mesi dall’avvenuto rilascio alle attività indicate nell’art. 27 della stessa legge;

  3. condanna al pagamento degli interessi legali non corrisposti all’atto della restituzione del deposito cauzionale.

    La convenuta si costituiva in giudizio contestando radicalmente i fatti costitutivi della pretesa attorea e spiegava domanda riconvenzionale per sentir condannare l’attore al risarcimento dei danni cagionati all’immobile locato.

    La controversia veniva decisa dal Tribunale adito all’udienza del 4 febbraio 2010 mediante pubblica lettura del dispositivo della sentenza n. 55/2010, che riconosceva al Labate l’indennità per la perdita di avviamento e il diritto agli interessi legali sul deposito cauzionale e per l’effetto condannava la Imedil a corrispondergli gli importi richiesti a tali titoli; respingeva le altre pretese avanzate dal Labate, nonché la domanda riconvenzionale della Imedil.

    Avverso detta sentenza interpone appello la Imedil s.r.l. censurando la statuizione con cui è stato riconosciuto alla controparte il diritto all’indennità di avviamento e quella di rigetto della riconvenzionale.

    L’appellato contesta l’avverso gravame e propone a sua volta appello incidentale con cui censura il mancato accoglimento delle domande fondate sul disposto dell’art. 31 L. cit., e deduce la riduttiva liquidazione delle spese di lite.

    Con il primo motivo l’appellante principale muove una serie di censure al riconoscimento al conduttore dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale:

    1. Lamenta, anzitutto, il rigetto dell’eccezione relativa all’assenza di prova di una delle condizioni di legge necessarie per ottenere l’indennità di avviamento e cioè “il contatto con il pubblico” come previsto dall’art. 35 L. n. 392. Il Labate, invero, aveva sottoscritto il contratto di locazione contenente la dichiarazione che l’attività dal medesimo svolta nei locali in questione non comportava contatti con il pubblico.

      Il giudice, errando, aveva respinto l’eccezione sulla base del giudicato di cui alla sentenza n. 757/2005, prodotta dalla controparte, con cui era stato accertato che la precedente proprietaria-locatrice dell’immobile era perfettamente a conoscenza del fatto che il conduttore tenesse contatti con il pubblico nel compendio immobiliare locato, per cui, non avendo esercitato l’azione di risoluzione ex art. 80 L. n. 392/78 aveva accettato implicitamente tale mutamento di destinazione d’uso, con la conseguenza che al contratto in questione andava applicato il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile.

      Tale conclusione - prosegue l’appellante - era viziata in radice, atteso che la sentenza suddetta non poteva esplicare efficacia di giudicato esterno nella controversia in esame in quanto: a) nei rispettivi giudizi erano differenti causa petendi e petitum; b) nella precedente sentenza essa appellante non era stata soccombente e pertanto non era neanche legittimata all’impugnazione; c) l’accertamento del fatto in questione non era stato posto alla base di una statuizione autonoma, che potesse pregiudicare l’esito del presente procedimento.

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      La censura dell’appellante è giuridicamente fondata, ma non vale a rimuovere la soccombenza dello stesso sul punto.

      La sentenza ritenuta “pregiudicante” è stata emessa all’esito di un giudizio promosso dal Labate per ottenere il riscatto dell’immobile oggetto della locazione, ex art. 39 L. n. 392/1978. Con essa si rigetta la domanda per mancanza di identità tra l’immobile locato e quello oggetto della compravendita. Nella motivazione il giudice esprime il convincimento che l’attività svolta dal Labate nell’immobile oggetto della presente controversia comportava il contatto con il pubblico e che parte locatrice era a conoscenza di detta circostanza e l’aveva tollerata.

      Secondo il consolidato e condiviso indirizzo della Suprema Corte la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale deve esser individuata tenendosi conto delle deliberazioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni formulate nella motivazione: ciò sul rilievo che il problema dei rapporti tra momento logico e momento precettivo localizzati formalmente nei due elementi di struttura della sentenza, motivazione e dispositivo, si risolve nel senso che le disposizioni contenute nell’una e nell’altra parte della sentenza si integrano fra loro e tutte insieme concorrono a fornire il significato precettivo della decisione, che non è concentrato in alcuna parte di essa, ma si ricava da tutta la decisione medesima.

      Il giudicato si forma su tutto ciò che abbia formato oggetto della decisione, compresa quindi la soluzione di questioni costituenti antecedente logico necessario e presupposto essenziale della decisione medesima, anche se in relazione a esse non sia stato espressamente richiesto accertamento incidentale (cfr., per tutte, Cass. 11 febbraio 1987, n. 1497).

      Ciò premesso in diritto, si osserva, in fatto, che nel caso in esame è sin troppo evidente che quanto espresso dal primo giudice in ordine all’attività svolta dal Labate nell’immobile locato non riguarda una questione costituente presupposto essenziale o antecedente logico necessario della decisione, atteso che la domanda, come detto, è stata respinta perché l’immobile venduto era diverso da quello detenuto in locazione dal Labate.

      L’efficacia di giudicato esterno di dette valutazioni, estranee al decisum ed alla stessa ratio decidendi, va pertanto esclusa.

      Ciò nondimeno, il requisito del “contatto con il pubblico” deve ritenersi pienamente provato alla luce delle prove assunte nel suddetto procedimento, nel contraddittorio tra le stesse parti del presente giudizio, ritualmente prodotte dal Labate e richiamate nella pronunzia impugnata.

      In particolare, dalle concordanti deposizioni rese dai testi Fiscaletti, Buzzi, Paoloni, Marotti e Fabbrini - della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare - emerge: - che il Labate aveva adibito l’immobile locale a sede, aperta al pubblico, della propria attività di promotore fi- nanziario, ed ivi riceveva i clienti sin dal 1998; - che la suddetta circostanza era ben nota alla originaria locatrice ed era stata più volte personalmente riscontrata dalla stessa.

      A ciò va aggiunto che la conoscenza in ordine ad un uso dell’immobile diverso da quello pattuito era sicuramente maturata anche in capo alla Imedil (già F.lli Varriale) dante causa dell’originaria locatrice a far data dal 2000, a cui era stato notificato dal Labate il ricordato atto di citazione per riscatto dell’immobile, in cui lo stesso attore aveva dichiarato (e successivamente provato: verbale di udienza del 25 marzo 2004) di svolgere attività commerciale con contatti diretti con il pubblico dei consumatori.

      Non vi è dubbio, quindi, che l’appellante non può far valere, per paralizzare la richiesta di indennità di avviamento, la suddetta clausola contrattuale con cui il Labate dichiarava che l’immobile sarebbe stato utilizzato per attività che non comportava contatti con il pubblico. Ciò in quanto il mutamento di destinazione dell’immobile rispetto alla pattuizione contrattuale era ben noto a parte locatrice, che - incontestatamente - non ha inteso esercitare l’azione di risoluzione di cui all’art. 80 co. 1 L. n. 392 cit..

      Con la conseguenza che - ai sensi del successivo comma 2 del medesimo articolo 80 - al contratto in questione va applicato il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile.

    2. Con ulteriore censura afferente la medesima statuizione, l’appellante deduce che l’attività svolta dal Labate era esclusivamente professionale e “non commerciale”, cosicché - ai sensi dell’art. 35 L. n. 392 - non spettava l’indennità per la perdita di avviamento commerciale.

      Il primo giudice aveva qualificato il Labate come imprenditore commerciale sulla base di un orientamento giurisprudenziale che, però, si riferiva alla diversa attività del broker assicurativo e non al promotore finanziario. Quest’ultimo...

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