Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine745-758

Page 745

@TRIBUNA PENALE DI MONZA 1 aprile 2010, n. 738. Pres. ed Est. Pastore – IMP. G.D.

Prova penaleIndagini dattiloscopicheImpronte digitaliRilevamento tramite sistema bio-digitValutazioneCriteri.

Il sistema di rilevazione di impronte digitali “bio-digit” collocate all’interno delle “bussole” di ingresso di una banca forniscono risultati che possono essere assunti dal giudice come prova dell’identificazione della persona cui l’indagine si riferisce (nel caso di specie un presunto rapinatore) se non vi siano dubbi sulla correttezza delle modalità di rilevamento dell’impronta in questione, se la rilevazione stessa e il confronto siano stati eseguiti con criteri scientifici e se sia stata rilevata una corrispondenza di almeno quindici-sedici punti di identità. (c.p.p., art. 187; c.p.p., art. 348; c.p.p., art. 354; c.p., art. 628) (1)

(1) Si vedano Cass. pen., sez. V, 26 febbraio 2010, D.S., in Guida al diritto 2010, 20, 92 e Cass. pen., sez. II, 29 marzo 1982, Mistroni, in Cass. pen. 1983, 2063.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto ex art. 429 c.p.p. emesso il 28 ottobre 2009 il GUP in sede disponeva il giudizio nei confronti di G.D. in ordine ai reati come in rubrica specificati.

Alla prima udienza si è provveduto agli accertamenti in ordine alla rappresentanza difensiva dell’imputato ed alla nomina di un difensore d’ufficio con la conseguente concessione dei relativi termini a difesa (come in epigrafe specificato e come da ordinanza a ud. 22 gennaio 2010 cui si rimanda);

alla successiva udienza del 19 marzo 2010 si è proceduto all’apertura del dibattimento con ammissione delle prove richieste dalle parti, consistenti soltanto in quelle indicate dal p.m., rappresentate dall’esame testimoniale dei due dipendenti dell’istituto di credito “Banca Antonana Popolare Veneta”Agenzia di Carate Brianza - G.B. e G.G. - e dall’esame testimoniale dei due pubblici ufficiali incaricati a vario titolo delle indagini, il Luogotenente V.S. in servizio presso la Stazione dei C.C. di Carate Brianza, ed il M.llo Capo M. in servizio presso il R.I.S. di Parma; all’udienza dibattimentale del 19 marzo 2010 si provvedeva all’espletamento delle predette prove dichiarative e veniva acquisita documentazione nel corso delle rispettive escussioni testimoniali, consiste nei floppy-disk contenenti i fotogrammi estrapolati dal sistema di videoregistrazione a circuito chiuso installato nei locali del predetto istituto di credito e un’impronta fotografica memorizzata su hard-disk (di cui al relativo verbale redatto il 24 febbraio 2006 dal Luogotenente/C.C.V.) e nella relazione sull’indagine tecnico-dattiloscopica (a firma del Mar.llo/C.C.M.) con allegati il cartellino segnaletico intestato all’imputato e la segnalazione di identificazione dattiloscopia della Polizia Scientifica di Napoli; per cui, all’esito dell’istruttoria e data lettura degli atti consentiti, le parti hanno concluso come da separato verbale e come riportato in epigrafe (conclusioni rassegnate all’udienza del 19 marzo 2010 che, però, veniva differita per la deliberazione alla data odierna essendo emerso nel corso della camera di consiglio, all’esito dell’aggiornamento del certificato penale dell’imputato necessario per le valutazioni ex art. 133 c.p., l’attuale stato di detenzione dell’odierno giudicabile - fino a quel momento ignorato da tutte le parti, compresi i difensori fiduciari rinuncianti al mandato - e stante la conseguente necessità di consentire al G. la partecipazione al giudizio e l’esercizio della facoltà di rendere dichiarazioni o di sottoporsi ad esame, facoltà cui l’imputato rinunciava con dichiarazione trasmessa dal carcere per l’odierna udienza ed allegata al relativo verbale).

Delineata per estrema sintesi l’attività processuale espletata nel corso del dibattimento, deve preliminarmente rilevarsi che - sotto il profilo dell’accertamento dei fatti e delle modalità esecutive del loro materiale accadimento - le risultanze processuali hanno consentito di riscontrare non solo la ravvisabilità di tutti gli elementi costitutivi dei reati in contestazione ma anche e soprattutto la sicura riconducibilità delle illecite condotte in questione alla persona dell’odierno giudicabile, il cui coinvolgimento nella complessiva vicenda risulta inequivocabilmente accertato dall’esito delle complessive indagini che consentivano sulla base dei fotogrammi estrapolati dal sistema di videoregistrazione interna a circuito chiuso installato presso la banca rapinata ed al rilievo dell’impronta digitale rimasta impressa sul dispositivo c.d. “biodigit” installato sulla “porta a bussola” di ingresso all’istituto di credito, di identificare in termini di certezza nel G.D. uno dei due responsabili degli illeciti di cui alle imputazioni.

Dalle testimonianze dei due dipendenti della Banca Antoniana Popolare Veneta - Ag. Di Carate Brianza - è infatti emerso quanto segue: che alle ore 11,20 circa del 24 febbraio 2006 due giovani uomini, entrambi a volto scoperto ed uno solo armato di taglierino, entravano nei locali di tale istituto di credito e che, mentre quello armato teneva sotto controllo l’impie-Page 746gato G.G. e la direttrice G.B., l’altro si impossessava del denaro in cassa - pari ad euro 9.105,00 - “saltando oltre il bancone ...” e rovistando nei vari cassetti dai quali prelevava il contante che riponeva in un sacchetto e con il quale, subito dopo, si allontanava uscendo dalla banca insieme con il complice;

entrambi i testi precisavano le peculiari modalità esecutive dell’ingresso in Banca dei rapinatori ricordando che il primo - da entrambi descritto come un giovane dall’età di circa trenta anni, più alto e magro del secondo, con un berretto di lana sulla testa senza visiera e con occhiali da vista nonché armato di taglierino - entrava nei locali della banca attraverso le porte c.d. “a bussola”, la prima ad apertura c.d. “ad avvicinamento” della persona (senza contatto fisico) e la seconda invece ad apertura con pulsante collocato sull’infisso della seconda porta (chè, altrimenti, rimane chiusa), lasciando la propria impronta sul predetto pulsante e raggiungendo immediatamente dietro al bancone il vice-cassiere G. al quale ingiungeva - “puntando(gli) alla gola un taglierino” - di aprire dall’interno, con i pulsanti del bancone, la porta a bussola per consentire l’ingresso al complice;

il G. eseguiva senza indugio la manovra richiestagli ed infatti entrava immediatamente il secondo rapinatore - descritto da entrambi gli impiegati come più basso del primo e secondo il G. anche “più tracagnotto”, con il viso parzialmente coperto secondo la G. ed indossante un cappellino con visiera secondo il G., e comunque non armato - il quale, raggiunto il retro del bancone passando dall’ufficio della direzione che immetteva nella “sala operatori”, si avvicinava alla cassa ed iniziava a prelevare da questa e da altri cassetti tutto il denaro contante che vi trovava, mentre il complice teneva a bada i due impiegati - collocandosi fra i due - sotto la minaccia del taglierino (cfr. verbb. Trascriz. Dichiaraz. G. e G ad ud. 19 marzo 2010).

Dalla testimonianza del Luogotenente, autore del sopralluogo eseguito nell’immediatezza del fatto, sono emersi i seguenti ulteriori elementi di indagine e, in particolare:

gli operanti accertavano, sulla base della descrizione delle modalità di accesso dei rapinatori fornite dagli impiegati, che il primo rapinatore «doveva per forza di cose mettere il dito sul dispositivo cosiddetto “biodigit” ...» collocato sull’infisso della seconda delle porte “a bussola”, per cui i Carabinieri provvedevano a repertare la relativa impronta (con l’ausilio tecnico del personale della ditta “Saima Sicurezza Spa” installatrice dell’impianto) che, unitamente al rispettivo verbale, veniva trasmessa ai C.C./ RIS di Parma per il conseguente accertamento tecnico, ed acquisivano altresì il filmato delle videoriprese della rapina da cui venivano estrapolati i fotogrammi più significativi, per chiarezza delle immagini e per ripresa del contesto, fra i quali proprio quello che riprende il primo rapinatore mentre si trova chiuso all’interno della “porta a bussola” - fra la prima e la seconda porta - al momento dell’ingresso in banca;

il teste V. forniva spiegazione dei vari fotogrammi (che venivano acquisiti con il consenso delle parti all’esito della sua deposizione) precisando che in quello contrassegnato dalla sigla “telecamera 1 - 11.21.40 24.2.2006 Saima Sicurezza S.p.a.” il soggetto ivi raffigurato veniva individuato come il “1° rapinatore” sulla base della corrispondenza del “berretto di lana senza visiera” e degli “occhiali da vista” ripresi in quella immagine con i medesimi accessori che erano stati univocamente descritti dai due impiegati di banca come quelli indossati appunto dal rapinatore che, entrato per primo, ingiungeva al G. - alla cui gola puntava il taglierino - di aprire dall’interno le porte della bussola per far entrare il complice;

il Luogotenente evidenziava le differenze di abbigliamento del soggetto riprodotto dai fotogrammi relativi all’altro rapinatore, emergendo caratteristiche dei relativi accessori che i due testimoni oculari/soggetti passivi attribuivano appunto al complice entrato per secondo: vale a dire il “cappellino con visiera” e l’assenza di occhiali da vista, che invece gli impiegati avevano notato sul primo rapinatore;

tali occhiali, peraltro, venivano descritti dalla teste G. con dovizia di particolari che la direttrice di Banca giustificava per essere rimasta particolarmente colpita dal colore e dalla foggia della montatura indicando “un paio di bellissimi occhiali da vista ... a forma rettangolare con montatura di colore blu o viola ...”, descrizione peraltro confermata per il primo rapinatore anche dal vice-cassiere G. e, soprattutto, riscontrata dal fotogramma riproducente l’immagine del rapinatore entrato per primo, premendo il pulsante munito di apparato “biodigit” collocato sull’infisso della seconda porta della...

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