Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine629-650

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI FIRENZE 18 marzo 2010, n. 400. Pres. Bellagamba – Est. Adone Orsucci – Ric. Pezzano (Avv. Capone) c. Giannini (Avv. Sbrana)

Contratto di locazioneDi fattoAccertamento giudizialeLimitato alla determinazione del canone dovuto e non anche della durata del rapportoRagioni.

L’accertamento del contratto e del rapporto locativo di fatto da parte del giudice è ammesso al solo fine di consentire al conduttore di ottenere la determinazione del canone dovuto e la restituzione di quanto eventualmente pagato in eccedenza, ma non la determinazione di una scadenza diversa da quella pattuita dalle parti. Ciò è reso palese dal richiamo operato dall’art. 13, comma 5, L. n. 431/98 al solo comma 4 dello stesso articolo (al quale si deve l’inderogabilità della norma sulla invariabilità del canone) e non anche al comma 3 stesso articolo (che dispone la inderogabilità della durata legale). (l. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 13)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto notificato il 31 luglio 2007 il locatore Giannini Franco intimava alla conduttrice Pezzato Annamaria sfratto per finita locazione in relazione ad un appartamento in Pisa, locato fin dal 4 dicembre 1962 e scaduto, a seguito delle proroghe, il 30 giugno 2007.

A seguito di opposizione dell’intimata, con sentenza 21 gennaio 2009 il Tribunale di Pisa accertava la finita locazione al 30 giugno 2007 e condannava la conduttrice al rilascio.

Riteneva, in particolare, il Tribunale:

- che la tesi dell’inizio della locazione fin dal dicembre 1962 era confortata dal certificato anagrafico, secondo cui la Pezzato risultava residente nell’appartamento in questione proprio dal 1962;

- che la tesi, sostenuta dalla conduttrice, circa la stipula in data 1 aprile 2005 di un nuovo contratto di locazione, ai sensi della l. 431/1998, era rimasta sfornita di prova.

Avverso tale decisione proponeva appello la Pezzato, deducendo che, avendo le parti stipulato verbalmente in data 1 aprile 2005 un contratto di locazione ai sensi della legge n. 431/1998, si era determinata una situazione di fatto che il Tribunale avrebbe dovuto accertare ai sensi dell’art. 13, comma 5, della stessa legge.

Si doleva, inoltre, della pronunciata decadenza dall’assunzione dei testi per mancato rispetto del termine di sette giorni tra notifica ed udienza di escussione (ritenendo non applicabile al rito delle locazioni la sospensione dei termini feriale) e contestando la ficta confessio ricollegata dal Tribunale alla mancata comparizione della Pezzato a rendere l’interrogatorio formale (in realtà, la conduttrice aveva demandato al suo procuratore di rispondere all’interrogatorio).

Chiedeva, quindi, che, previo approfondimento istruttorio, la domanda di rilascio per finita locazione fosse rigettata.

Si costituiva il Giannini, resistendo.

Tanto premesso, è opportuno evidenziare che l’art. 13 della legge n. 431/1998 (a differenza dell’art. 79, legge n. 392/1978, che stabiliva una generale previsione di nullità) prevede ipotesi di nullità tassative divieto di aumento del canone in corso di rapporto, per i contratti liberi; divieto di derogare ai limiti di durata; divieto di derogare al canone massimo stabilito negli accordi locali, quanto ai contratti convenzionati).

In particolare, la legge ha introdotto il principio della invariabilità del canone per tutta la durata legale del rapporto, onde è vietata la pattuizione nel corso di svolgimento del rapporto di un canone maggiore di quello risultante dal contratto scritto.

Ora, avendo la legge, all’art. 13, quinto comma, previsto, a tutela del contraente debole, la possibilità di accertamento giudiziale del rapporto locativo di fatto, bisogna verificare l’ambito di estensione di un tale accertamento (se riguardi solo i canoni o anche la durata legale).

Ebbene, dalla lettura del quinto comma (che espressamente richiama il quarto comma, relativo ai canoni, ma non anche il terzo comma, relativo alla durata) si evince chiaramente che scopo dell’accertamento del rapporto locativo di fatto è quello della determinazione del canone dovuto e della restituzione della parte di canone eventualmente eccedente.

Nel caso di specie, invece, la conduttrice ha dedotto l’avvenuta instaurazione in data 1 aprile 2005 di una locazione di fatto, ai fini di una diversa scadenza del rapporto.

Trattandosi, però, di un eventuale contratto nullo per mancanza di forma scritta, non potrebbero derivarne le conseguenze volute dalla conduttrice in ordine alla durata.

Indipendentemente, quindi, dalla prova della stipula di un contratto orale, rimarrebbe il dato insormontabile della nullità di tale contratto e conseguentemente della sua incapacità di produrre effetti in ordine alla durata del rapporto locativo di fatto.

Il gravame deve essere, quindi, rigettato, con conseguente pronuncia in punto di spese. (Omissis)

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI GENOVA sez. II, 27 ottobre 2009. Pres. Sangiuolo – Est. Vidali – Ric. D.M.C. s.r.l. (Avv.ti Roppo e Canepa) c. Soc. W. ed altri (Avv.ti Maceri e Masetti)

ProprietàProprietà fondiariaSottosuoloAcquisto a titolo originarioUsucapioneBoxes costruiti in profonditàEntità autonome rispetto al soprasuoloNon opposizione del titolare del fondo al venire in essere di beni autonomi nel proprio sottosuoloRilevanza.

Poiché il proprietario del suolo non può opporsi ad attività che si svolgano a profondità tale che egli non abbia interesse ad escludere, deve ritenersi ammissibile l’acquisto disgiunto e a titolo originario (per effetto di possessio ad usucapionem) della proprietà di tre boxes costruiti nel sottosuolo e costituenti entità autonome sotto il profilo materiale e funzionale rispetto al soprasuolo. La non opposizione prestata dal titolare del fondo al venire in essere di beni autonomi nel suo sottosuolo implica necessariamente una rinunzia alla signoria su tale espansione del proprio diritto dominicale, tale da non necessitare di ulteriore prova della mancanza di un contrasto da parte del medesimo soggetto all’uso altrui, altrimenti necessaria - ex art. 1164 c.c. - ai fini dell’usucapione. (c.c., art. 840; c.c., art. 952; c.c., art. 955; c.c., art. 1158) (1)

(1) Sulla prima parte della massima, sebbene con riferimento alla diversa fattispecie di usucapione di una grotta, cfr. Cass. 15 novembre 2006, n. 24302, in Giust. civ. mass., 2006, 11.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con rituale citazione del 6 maggio 1994 la D.M.C. s.r.l. conveniva W. s.s., K. s.s., P. s.p.a. ed il Consorzio per l’Impianto di esercizio di Ascensore in località K. di Portofino avanti il Tribunale di Chiavari esponendo di essere proprietaria di un compendio immobiliare sito nel comune di Portofino ricomprendente tra l’altro la proprietà denominata Villa Altachiara, che da un lato confinava con terreno di proprietà della W., qual usufruttuaria e K. quale nuda proprietaria, a loro volta confinanti con un altro fondo, costituito da terreni e fabbricati di proprietà della P. s.p.a.

Il collegamento di dette proprietà con il centro di Portofino è assicurato da una strada comunale con inizio da piazza della Libertà ed in ripida salita conducente alle citate proprietà, nonché da una galleria ad uso esclusivo dei convenuti, facenti parte del consorzio Impianto Ascensore con ingresso in Portofino, piazza della Libertà, al cui interno era stato realizzato un ascensore che conduceva alla proprietà dei convenuti.

Esisteva altresì un viottolo che attraversava la proprietà dell’attrice e conduceva anch’esso alle proprietà dei convenuti.

L’attrice esponeva altresì di avere solo recentemente appreso che all’interno della sua proprietà erano stati realizzati tre garages di notevoli dimensioni, con capacità di rimessaggio per tre o quattro veicoli ciascuno.

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In conseguenza di ciò essa richiedeva l’accertamento della titolarità dei boxes realizzati ed il riconoscimento di un diritto di passaggio pedonale carrabile nella parte di tunnel di proprietà dei convenuti per poter accedere alle autorimesse; in via subordinata chiedeva l’interramento dei boxes e del tratto di tunnel eseguito nella sua proprietà; deduceva inoltre la necessità di individuare un nuovo tracciato della strada che attraversava il proprio fondo, in sostituzione del viottolo citato, perché eccessivamente penalizzante per l’estrema vicinanza di parte del tracciato a Villa Altachiara, e divenuto particolarmente gravoso ai sensi dell’articolo 1068 c.c.

Si costituivano i convenuti eccependo l’assenza di interesse dell’attrice ad opporsi alle opere realizzate nel sottosuolo, perché poste a profondità tale da non potersi considerare rilevanti ai fini della lesione del suo diritto dominicale.

Eccepivano comunque l’intervenuta usucapione delle opere, realizzate da oltre un ventennio.

Relativamente alla modifica del tracciato della servitù di passo, i convenuti contestavano la ricorrenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda.

Con sentenza del 27 luglio 2005 il Tribunale di Chiavari respingeva le domande proposte dall’attrice ed, in accoglimento della riconvenzionale proposta dai convenuti, dichiarava che gli stessi erano diventati proprietari per usucapione del tratto di sottosuolo ovvero di galleria e delle autorimesse sottostanti il fondo di proprietà dell’attrice.

Condannava la medesima attrice alla rifusione alle controparti delle spese di lite.

Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente adducendo diversi motivi di gravame.

Si costituivano gli appellati chiedendo a loro volta il rigetto del gravame e proponendo appello incidentale.

Indi, a seguito di sostituzione del giudice relatore, la causa veniva assegnata in decisione sulle conclusioni prese all’udienza del 16 giugno 2009.

Riteneva il giudice di primo grado che la voluta circostanza per cui l’attrice aveva ignorato, sia all’inizio, sia successivamente, l’esatta collocazione delle opere realizzate dai convenuti, ed in particolare il fatto...

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