Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine505-522

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI ROMA sez. IV, 21 aprile 2010, n. 1688. Pres. Caliento – Est. De Santis – Ric. PR.IM. Promozioni Immobiliari Generali s.p.a. (Avv.ti Petillo e De Martinis) c. de micheli ed altri (Avv. cirotti)

Parti comuni dell’edificio – Muro perimetrale – Apertura – Collegamento di locali di proprietà esclusiva – Uso più intenso della cosa comune ex art. 1102 c.c. – Presupposti – Stesso stabile condominiale – Locali ricompresi in diversi condominii – Apertura di un varco – Condizioni di legittimità – Consenso unanime dei condòmini – Necessità.

L’apertura di un varco nel muro perimetrale per le esigenze del singolo condòmino, può ritenersi in linea generale consentita quale uso più intenso del bene comune ex art. 1102 c.c. (sempre che sussistano i presupposti di legittimità previsti dalla citata norma), salvo allorché il varco consenta la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, pur se di proprietà del medesimo condòmino, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale. Poiché, in tal caso, il collegamento tra due unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture del fabbricato e anche di passaggio a carico di un eventuale ingresso condominiale su via pubblica, tale modifica non può legittimamente avvenire per iniziativa unilaterale del singolo condòmino, ma richiede il consenso unanime di tutti. (c.c., art. 1102) (1)

    (1) Analogamente, nel senso che è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale dal comproprietario per mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva ubicato nel medesimo fabbricato con altro immobile pure di sua proprietà estraneo al condominio; infatti, tale utilizzazione, comportando la cessione a favore di soggetti estranei al condominio del godimento di un bene comune, ne altera la destinazione, giacché in tal modo viene imposto un peso sul muro perimetrale che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio, v. Cass. 19 aprile 2006, n. 9036, in Ius&Lex dvd n. 4/10, ed. La Tribuna, e Cass. 18 febbraio 1998, n. 1708, in questa Rivista 1998, 375.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza di cui sopra veniva accolta la domanda degli attuati appellati e dichiarata la illegittimità dei varchi aperti dalla società convenuta PR.IM. Promozioni Immobiliari Generali S.p.a. tra i fabbricati di via Arcione 73 e via delle Scuderie 3a, con condanna al ripristino dello stato dei luoghi come da c.t.u. e al risarcimento del danno da accertarsi e liquidarsi in separato giudizio in favore degli attori e spese di lite in favore degli attori.

Detta sentenza viene appellata dalla PR.IM. Promozioni Immobiliari Generali S.p.a. (d’ora in poi solo Pr. Im.) che ne chiede l’integrale riforma, con il rigetto dell’avversa domanda, previo accertamento della avvenuta costituzione, per usucapione, in favore della Pri. Im. della servitù determinatasi a seguito dell’apertura del varco nel muro perimetrale tra le unità immobiliari ubicate in Roma via dell’Arcione 73 e via delle Scuderie 3a, con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Gli appellati indicati in epigrafe, costituitisi in proprio o in qualità di successore, contestano la fondatezza del gravame, del quale chiedono il rigetto con ogni conseguente statuizione.

Acquisito il fascicolo d’ufficio di primo grado, all’udienza in data 14 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione con l’assegnazione dei termini per il deposito degli scritti conclusionali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il giudice di primo grado ha accolto la domanda ritenendo che l’apertura di varchi nei muri perimetrali per mettere in collegamento due unità immobiliari appartenenti a stabili diversi, quale risulta esistente tra le proprietà immobiliari della Pr. Im. ricadenti negli edifici contigui di via dell’Arcione 73 e di via delle Scuderie 3a, non potesse effettuarsi:

  1. in quanto da luogo a servitù di passaggio a carico del muro adiacente;

  2. rappresenta una violazione dell’art. 5 del regolamento condominiale che pone l’espresso divieto di realizzazione di qualsiasi opera che pregiudichi la struttura portante dell’edificio;

  3. costituisce un uso indebito della cosa comune alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1112 c.c..

    L’atto d’appello della Pr. Im. investe tutti e tre i profili per i quali è stata dichiarata l’illegittimità dei varchi, opponendo la società appellante, innanzitutto, l’avvenuta costituzione della rilevata servitù per usucapione e deducendo in proposito quanto segue.

    L’apertura dei varchi era preesistente all’avvenuto acquisto delle proprie unità immobiliari ed anche di quelle di proprietà degli appellati, come si deduce dai relativi atti di acquisto, in cui la società venditrice produceva la domanda in sanatoria avanzata dal dante causa delle società IF.FIN. al Comune di Roma ex legge 47/1985 relativamente alle opere effettuate in assenza della concessione negliPage 506 appartamenti interni 1 e 5 dell’edificio in Roma alla via Arcione 73.

    Dall’esame di tale domanda (Mod. 47/85-D) presentata al Comune di Roma in data 28 giugno 1986 dal dante causa della società IF.FIN. S.r.l. - avente ad oggetto, tra altro, l’accorpamento e cambio di destinazione d’uso ad albergo di due unità immobiliari poste al piano terzo ed al piano primo - si rileva che l’apertura del varco nel muro perimetrale dell’appartamento interno 5 dell’immobile in Roma via Arcione 73 è stata ultimata nell’anno 1975.

    Secondo l’appellante, quindi, ove gli attori avessero voluto impedire la costituzione per usucapione della servitù avrebbero dovuto proporre la domanda di negatoria servitutis non oltre il termine di vent’anni dalla realizzazione del varco; termine che invece era già maturato, considerata la data di cui sopra, quando il presente giudizio è iniziato nel 1999.

    In secondo luogo, non era ravvisabile alcuna violazione alle disposizioni del regolamento condominiale contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, che aveva individuata, come sopra riportato, una violazione dell’art. 5, laddove vieta opere che rechino pregiudizio alla struttura portante dello stabile.

    Gli accertamenti espletati nel corso del giudizio di primo grado, mediante consulenza tecnica d’ufficio, hanno infatti escluso per insufficiente correlazione spaziale e/o temporale una diretta connessione tra le aperture dei varchi nel muro perimetrale e la presenza di disagio statico riscontrato nel fabbricato di via Arcione 73, essendo al riguardo pertanto censurabile il capo della sentenza che disattende in maniera palese le risultanze probatorie. Inoltre anche l’alterazione dell’aspetto architettonico dell’edificio lamentata dagli attori era insussistente, in quanto l’apertura era ubicata all’interno delle unita immobiliari e non visibili dall’esterno.

    Infine, l’appellante - a fronte della sentenza della S.C. menzionata dal Tribunale che considera illegittime le aperture praticate nei muri perimetrali (Cass., 18 febbraio 1998, n. 1708) - evidenzia come successivamente ad essa siano intervenuti altri pronunciamenti di segno opposto da parte della Corte di Cassazione. In particolare, si è statuito che “negli edifici in condominio i proprietari esclusivi delle singole unità immobiliari possono utilizzare i muri comuni, e le parti ad esse corrispondenti, sempre che l’esercizio di tale facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122 c.c. non pregiudichi la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato” (Cass., 26 marzo 2002, n. 4314 in Mass. Giur. It. 2002). Ed ancora “in applicazione del principio secondo il quale in tema di comunione, ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un’utilità maggiore e più intensa di quella tratta eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso - e senza che tale uso più intenso sconfini nell’esercizio di una vera e propria servitù - deve ritenersi che l’apertura di due porte su muri comuni per mettere in comunicazione l’unità immobiliare in proprietà esclusiva di un condòmino con il garage comune rientra pur sempre nell’ambito del concetto di uso del bene comune, e non esige, per l’effetto, l’approvazione della assemblea dei condòmini con la maggioranza qualificata, senza determinare, a più forte ragione, alcuna costituzione di servitù” (Cass., 3 giugno 2003, n. 8830).

    Dovendo pertanto escludersi nel caso di specie, alla stregua degli accertamenti tecnici, alcun pregiudizio al godimento delle parti comuni del fabbricato la domanda degli attori andava rigettata.

    1. Va premesso che l’apertura di un varco nel muro perimetrale per le esigenze del singolo condòmino può ritenersi in linea generale consentita, per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, quale uso più intenso del bene comune ex art. 1102 c.c. (sempre che ricorrano i presupposti di legittimità previsti dalla citata norma), salvo allorché il varco consenta la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, se pur di proprietà del medesimo condòmino, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale.

    Ciò perché, in tal caso, il collegamento tra tali unità abitative determina, inevitabilmente, la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture del fabbricato e può, in ipotesi, creare una eventuale servitù di passaggio a carico di un eventuale ingresso condominiale su via pubblica (cfr. Cass., 18 febbraio 1998, n. 1708; 19 aprile 2006, n. 9036; 26 settembre 2008, n. 24243).

    Nella specie, essendo pacifico che il varco aperto nel muro perimetrale pone in comunicazione due ambienti appartenenti ad edifici separati e costituenti autonomi condominii, il fatto va qualificato come illecito, indipendentemente dalla circostanza che dia luogo anche ad una violazione del regolamento...

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