Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine399-419

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI BOLOGNA sez. agr., 9 novembre 2009, n. 1321. Pres. Ranieri – Est. De Meo – Ric. Gilli E. ed altra (Avv.ti Burzacchi e Parizzi) c. Gilli R. (Avv.ti Linguerri e Russo)

Appello civile – Citazione di appello – Specificità dei motivi – Sentenza fondata su una pluralità di autonome ragioni – Mancata contestazione di una di queste – Conseguenze – Conferma della sentenza impugnata – Ragioni

Laddove la parte appellante non contestati una delle autonome ragioni della decisione di primo grado, la stessa resta idonea a sorreggere la pronunzia impugnata, non potendo il giudice d’appello estendere il suo esame a punti non compresi – neppure per implicito – nei termini prospettati dal gravame, senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (Fattispecie in tema di violazione dell’art. 45 L. n. 203/1982). (c.p.c., art. 112; c.p.c., art. 342) (1)

    (1) La sentenza conferma quella – condivisibile – del Trib. Ferrara, sez. agr., 21 aprile 2009, n. 197 (pubblicata in questa Rivista 2009, 576 in riferimento all’indiretto interesse che può avere per i patti in deroga locatizi) che aveva dichiarato la nullità di una clausola pattizia relativa alla durata del contratto d’affitto (da conseguentemente ricondursi a quella di cui alla normativa imperativamente prevista dalla legge n. 203/82), nel quale la clausola in questione era stata inserita in un contratto che non risultava concluso con l’assistenza di distinte organizzazioni rappresentative degli interessi contrapposti delle parti, essendo state entrambe difese da esponenti della medesima organizzazione professionale e cioè – nel caso di specie – della Federazione provinciale coltivatori diretti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Renzo Gilli conveniva avanti al Tribunale di Ferrara, sezione agraria, Adelino Gilli e Enea Gilli; esponeva che il 3 maggio 2000 Adelino Gilli gli aveva affittato un fondo rustico che poi, alla scadenza contrattuale del 10 novembre 2005, era stato concesso ad altro affittuario (Enea Gilli) in violazione del diritto di prelazione spettante al ricorrente.

Deduceva in particolare la violazione dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982.

Costituitisi, resistendo, sia Enea Gilli che Luisa Gilli (questa in luogo di Adelino Gilli, nel frattempo deceduto), all’udienza del 10 febbraio 2009 il Tribunale dichiarava che il contratto di affitto era stato concluso in violazione dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982 e, pertanto, sarebbe scaduto il 10 novembre 2015. Poneva le spese di lite a carico dei resistenti.

Con sentenza depositata il 21 aprile 2009 il Tribunale, affermata la propria competenza, rigettata l’eccezione di improcedibilità della domanda per difetto del preventivo tentativo di conciliazione, osservava il contratto era stato stipulato in violazione dell’art. 45 sia perché non era stato concluso con l’assistenza di distinte organizzazioni sindacali rappresentative degli interessi contrapposti delle parti, sia perché le organizzazioni professionali indicate in contratto erano prive di valenza nazionale e non potevano definirsi maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Avverso tale decisione, notificata l’8 maggio 2009, Enea Gilli e Luisa Gilli proponevano appello, con ricorsi depositati rispettivamente il 4 e il 5 giugno 2009.

Resisteva l’appellato Renzo Gilli, eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione e comunque insistendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 5 novembre 2009 la causa veniva discussa e decisa come da dispositivo, del quale si dava lettura, in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione di inammissibilità delle impugnazioni sollevata dall’appellato è fondata.

Il primo giudice ha ravvisato la violazione della legge n. 203 del 1982 nella circostanza che il contratto non era stato concluso con l’assistenza di distinte organizzazioni sindacali rappresentative degli interessi contrapposti delle parti, in quanto entrambe le parti erano state difese da esponenti della Federazione provinciale Coltivatori diretti di Ferrara.

A questa ragione, già sufficiente a integrare la violazione, ha poi aggiunto la considerazione che difettava anche l’ulteriore indispensabile requisito, in quanto le organizzazioni professionali indicate in contratto “non solo sono prive di valenza nazionale ma neppure possono definirsi maggiormente rappresentative a livello nazionale, così come richiesto dalla legge”.

Dunque la violazione dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982 è stata ravvisata sotto due autonomi profili, ciascuno di per sé sufficiente a giustificare la declaratoria di avvenuta violazione. In questa situazione le parti soccombenti avevano l’onere di censurare con l’atto d’appello ciascuna delle ragioni della decisione, non potendosi, in difetto, trattare della ragione non tempestivamente contestata. Entrambi gli appellanti, invece, si sono limitati a censurare soltanto la prima delle ragioni richiamate dal Tribunale, in particolare ampiamente richiamando l’orientamentoPage 400 giurisprudenziale in tema di pluralità delle organizzazioni sindacali.

All’odierna udienza entrambi gli appellanti hanno obiettato alla eccezione dell’appellato di avere, invece, censurato anche l’ulteriore profilo, ed hanno richiamato i rispettivi atti di impugnazione (in particolare: le pagine 4-5 quanto ad Enea Gilli e le pagine 9-10 quanto a Luisa Gilli). Ma in tali atti si legge solo che “non è necessario che il concedente e l’affittuario siano assistiti dalle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, essendo sufficiente che le parti siano assistite almeno da due rappresentanti dei rispettivi interessi. Tale argomentazione concerne la questione della pluralità delle organizzazioni, e non si traduce in un motivo specifico (art. 342 c.p.c.) avverso la ritenuta carenza del requisito della maggiore rappresentatività delle organizzazioni intervenute alla stipulazione del contratto tra Adelino Gilli e Renzo Gilli.

La non contestata autonoma ragione di decisione resta così idonea a sorreggere la pronunzia impugnata, non potendosi estendere il riesame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal gravame, senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (Cass., 8 giugno 2001, n. 7809; Cass., sez. un., 22 luglio 2002, n. 10691; Cass., 23 luglio 2004, n. 13830; Cass., 26 luglio 2005, n. 15607).

Poiché entrambi gli appellanti si sono limitati a censurare solo una delle autonome ragioni della decisione, le impugnazioni proposte vanno respinte (dalla inammissibilità del riesame della ragione non censurata consegue non l’inammissibilità, ma il rigetto del gravame); consegue la conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. (Omissis).

@TRIBUNALE CIVILE DI SALERNO sez. I, 11 maggio 2010. Pres. Valitutti – Est. Scarpa – Ric. Fallimento Ceramica Vietri Mare dei f.lli Solimene S.n.c. (Avv. Noschese) c. R. Solimene ed altri (Avv. Landi)

Comproprietà indivisa – Amministrazione – Amministratore della comunione – Revoca giudiziale – Ricorso ex art. 1105 c.c. – Ammissibilità – Esclusione – Ragioni

Comproprietà indivisa – Amministrazione – Irregolarità della gestione – Rimedi esperibili – Fattispecie

È inammissibile la revoca da parte dell’Autorità Giudiziaria, adìta su ricorso di un partecipante ex art. 1105 c.c. in sede di volontaria giurisdizione, dell’amministratore di comunione nominato ai sensi dall’art. 1106 c.c., comma 2, non essendo applicabile in materia di comunione lo strumento camerale, eccezionale ed urgente, previsto invece per il condominio negli edifici dall’art. 1129 comma 3°, c.c., né ricorrendo per le regole della comunione un principio analogo ed inverso a quello previsto per il condominio nell’art. 1139 c.c. (c.c., art. 1105; c.c., art. 1106; c.c., art. 1129; c.c., art. 1139) (1)

In caso di irregolarità della gestione della comunione, ciascun partecipante può ricorrere all’assemblea e chiedere la revoca dell’amministratore, divenendo in tal caso ammissibile il ricorso del singolo all’autorità giudiziaria a norma dell’art. 1105 c.c. laddove non si formi al riguardo una maggioranza assembleare. Quando, invece, l’assemblea si tenga e decida di non procedere alla revoca dell’amministratore, il comunista può procedere ad impugnare la delibera ai sensi dell’art. 1109 n. 1 c.c., (nella specie, deducendosi dalla ricorrente curatela fallimentare l’interesse a conoscere l’esatta entità dei beni e delle attività del patrimonio comune, a fronte delle incompletezze del rendiconto predisposto dall’amministratore della comunione, il Tribunale ha indicato la percorribilità delle alternative a cognizione piena consistenti nella impugnazione ex art. 1109 c.c. della delibera di approvazione del rendiconto, ovvero nell’esperimento del procedimento di rendiconto di cui agli art. 263 e ss. c.p.c.). (c.c., art. 1105; c.c., art. 1109; c.p.c., art. 263) (2)

    (1-2) In punto all’inammissibilità della revoca dell’amministratore della comunione da parte dell’Autorità Giudiziaria su ricorso di un comunista si rimanda ad un remoto precedente Trib. Roma, 24 maggio 1960, in Rep. Foro it. 1960, voce Comunione, n. 115. Nel senso che è nell’ambito delle disposizioni sul condominio che ricorre il principio (art. 1139 c.c.) secondo cui occorre fare riferimento alle regole della comunione per quanto non espressamente previsto nello specifico capo, mentre non ricorre un principio analogo e inverso per la comunione, v. Cass. 27 giugno 2007, n. 14826, in Guida al diritto 2007, 39, 65.

MOTIVI DELLA DECISIONE (Omissis)

Il Fallimento Ceramica Vietri Mare dei f.lli Solimene s.n.c., membro di comunione pro indiviso di un complesso costituito da oltre sessanta beni immobili, rientranti nelle eredità di Antonio, Francesco e Vincenzo Solimene, premesso che:

1) in data 6 giugno 1996 era stata nominata amministratrice delle comunione Raffaella...

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