Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine335-340

Page 335

@TRIBUNALE PENALE DI NAPOLI uff. Gup, ord. 14 dicembre 2009. Est. Campoli – Imp. X

Misure cautelari personali – Custodia cautelare in carcere – Collaboratori di giustizia – Revoca o sostituzione della misura cautelare – Parere consultivo della procura antimafia – Oggetto

Misure cautelari personali – Custodia cautelare in carcere – Collaboratori di giustizia – Revoca o sostituzione della misura cautelare – Parere consultivo della procura antimafia – Oggetto

Misure cautelari personali – Custodia cautelare in carcere – Collaboratori di giustizia – Revoca o sostituzione della misura cautelare – Valutazione delle attenuanti – Limiti

Misure cautelari personali – Custodia cautelare in carcere – Collaboratori di giustizia – Revoca o sostituzione della misura cautelare – Valutazione della pericolosità – Criteri

Il parere consultivo della Procura nazionale antimafia di cui all’art. 16 octies della L. n. 82/1991 (come modificata dalla L. n. 45/2001) va chiesto dal giudice che procede solo, ed esclusivamente, per i reati di cui all’art. 51, terzo comma bis, c.p.p. imputati al collaboratore di giustizia, stante la legge istitutiva di tale organo ed il disposto di cui agli artt. 51, comma secondo e 371 bis c.p.p.. (c.p.p., art. 51; c.p.p., art. 273; c.p.p., art. 274; d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 octies) (1)

Il parere consultivo della Procura nazionale antimafia di cui all’art. 16 octies della L. n. 82/1991 (come modificata dalla L. n. 45/2001), avente ad oggetto “la permanenza e l’attualità delle esigenze cautelari”, dev’essere incentrato sugli eventuali collegamenti ancora sussistenti tra il collaboratore ed il proprio ambiente (mafioso) di provenienza e sul rispetto (anche processuale) degli impegni assunti. (c.p.p., art. 273; c.p.p., art. 274; d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 octies) (2)

In tema di collaboratori di giustizia, il giudice che procede non può ritenere sufficiente, ai fini della revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, né il riconoscimento, in sede di merito, delle attenuanti sostanziali né di quella speciale ex art. 8 L. 203/91. (c.p.p., art. 273; c.p.p., art. 274; d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 octies; d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 8; l. 12 luglio 1991, n. 203, art. 8) (3)

Il giudice che procede può sostituire la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari applicata al collaboratore di giustizia, in relazione ai reati ex art. 51, terzo comma bis, c.p.p., così superando la presunzione di pericolosità sociale di cui all’art. 275, terzo comma, c.p.p., solo valutando, caso per caso, ed in concreto, la sussistenza di tutti i presupposti normativi dettati dall’art. 16 octies della L. n. 82/1991 (come modificata dalla L. n. 45/2001). (c.p.p., art. 273; c.p.p., art. 274; d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 octies) (4)

    (1-2) Sul punto si registrano pochi precedenti giurisprudenziali. Si veda Trib. pen. sorv. di Firenze, 18 settembre 2001, De Natale, in Foro it. 2002, II, 137, secondo cui, ai fini dell’ammissione ai benefici penitenziari del condannato collaboratore di giustizia per delitti preclusivi della concessione, la prova del contributo prestato, dell’assenza di elementi indicanti la persistenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del ravvedimento del soggetto può desumersi dal parere espresso dal procuratore nazionale antimafia, anche in assenza del “verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione” previsto dall’art. 16 quater del D.L. n. 8 del 1991, quando la collaborazione si sia estrinsecata in numerosi interrogatori e si sia consolidata con esami resi in dibattimento e in incidente probatorio e detti interrogatori ed esami si siano svolti in epoca antecedente all’entrata in vigore della norma introduttiva del verbale illustrativo”.

    (3) In generale si veda Cass. pen., sez. I, 31 maggio 1997, Maiale, in Riv. pen. 1997, 963, secondo cui la sottoposizione dell’imputato o dell’indagato allo speciale programma di protezione per i collaboratori di giustizia, ovvero la concessione della speciale attenuante collaborativa, a norma dell’art. 8 della legge n. 203 del 1991, nel medesimo processo ovvero in altri procedimenti o processi, sono compatibili con la persistente pericolosità dello stesso correlata allo specifico reato per il quale gli è stata applicata la misura custodiale.

    (4) La giurisprudenza è concorde nel ritenere che la possibilità di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con altra meno gravosa nei confronti di soggetti che abbiano attuato condotte di collaborazione giudiziaria, solo se non siano stati acquisiti elementi dai quali sia desumibile l’attualità del collegamento con la criminalità organizzata di tipo mafioso, non contiene alcun automatismo. A tal proposito si vedano Cass. pen., sez. II, 17 maggio 2006, Cerfeda, in Cass. pen. 2007, 3408, Cass. pen., sez. V, 3 maggio 2006, R., in D&G 2006, 40, 69 e Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2003, Seidita, in questa Rivista 2005, 256

RITENUTO IN FATTO

- che nei confronti del suddetto imputato l’estensore, - in data 25 novembre 2009 -, all’esito del giudizio abbreviato, pronunciava sentenza di condanna in relazione ai delitti di cui agli artt. 110 - 629 cpv. e 7 L. n. 203/91;

- che nella sede da ultimo menzionata venivano riconosciute all’imputato, - in adesione alle richieste della Pub-Page 336blica Accusa -, sia le circostanze attenuanti generiche che l’attenuante speciale di cui all’art. 8 della L. 203/91;

- che la Difesa Privata, - e così adesivamente la Procura DDA sede -, chiedeva la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari ritenendo non più sussistente la presunzione di pericolosità sociale di cui all’art. 275, terzo comma, c.p.p., applicata nella fase genetica della coercizione, alla luce della nuove evenienze processuali consistenti nell’ammissione dell’imputato allo speciale programma di protezione, nella confessione intervenuta, nell’ottenuto riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 8 cit., nella recente partecipazione dibattimentale, - ex art. 210 c.p.p. -, al procedimento avente ad oggetto l’organizzazione camorristica di appartenenza e negli interrogatori su plurime vicende tuttora al vaglio delle indagini;

- che il Procuratore nazionale antimafia nel motivare il proprio parere contrario, (in aperto contrasto, quindi, con quello della DDA sede) evidenziava:

  1. l’inammissibilità dell’istanza “alla stregua di una rigorosa interpretazione della norma di cui all’art. 16 octies … in correlazione con il disposto delle norme processuali di cui agli artt. 275, comma 3, e 299, comma 2, riferite al procedimento cautelare applicabile nei confronti dei soggetti gravemente indiziati dei delitti di cui all’art. 416 bis c.p. ovvero di quelli commessi per agevolare le finalità di associazioni criminose del genere anzidetto ovvero avvalendosi delle condizioni di cui al medesimo art. 416 bis c.p.(quale appunto, nel caso di specie, l’imputato in oggetto)”;

  2. la operatività della presunzione di pericolosità sociale, di...

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