La mediazione penale e la giurisdizione del giudice di pace nella nuova normativa penale: aspetti sostanziali e processuali

AutoreRomina Cauteruccio
Pagine1005-1012

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@1. Premessa.

La giurisdizione penale del Giudice di pace, introdotta dal D.L.vo 28 febbraio 2000, n. 274 1, costituisce il punto d'arrivo del percorso di progressiva introduzione, in ambito penale, dei meccanismi di mediazione penale.

Già dal nome si vedono le novità di fondo verso un nuovo modello di giustizia, che, superando antichi formalismi, si sforza di bilanciare la tutela della vittima del reato e dell'autore dell'illecito; lo testimonia, tra l'altro la scelta di elevare le condotte riparatorie a causa di non punibilità (art. 35, D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274). Nella prassi, occorrerà che prima dell'udienza di comparizione, il reo dimostri di aver provveduto alla riparazione del danno (restituzione o risarcimento). In questi casi il giudice, a norma dell'art. 35, comma 3, può quindi, sospendere il processo per un periodo non superiore a tre mesi per consentire al reo di provvedere alla riparazione del danno. In tal senso, è chiara anche la direttiva programmatica prevista nell'art. 2, secondo comma, D.L.vo 28 agosto 2000, laddove precisa che «... nel corso del procedimento, il Giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti». Il concetto è poi ribadito nella relazione al decreto: «la competenza penale del giudice di pace reca con sè la nascita di un diritto penale più leggero, dal volto mite, e che punta dichiaratamente a valorizzare la conciliazione tra le parti come strumento privilegiato di risoluzione dei conflitti» 2, autorizzando in tal modo direttamente il ricorso alla mediazione.

Inoltre, la mediazione penale può essere realizzata in fase di esecuzione penale, nell'ambito della misura alternativa alla detenzione riferita all'art. 47 della L. 354/75, in relazione all'opportunità che: «... l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato...». Sempre in fase di esecuzione della pena e, in particolare di quella pecuniaria, spazi per la mediazione sono ravvisabili nel caso in cui detta pena debba essere convertita dal giudice per insolvenza del condannato (artt. 101 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689). Il concetto di riparazione comincia così a farsi spazio, e viene introdotto nel recente Regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario e delle misure privative della libertà personale (D.P.R. n. 230 del 2000).

Il Giudice di pace succede al Giudice conciliatore che per decenni ha svolto in ogni Comune d'Italia opera preziosa di interposizione nelle private controversie di valore pecuniario modesto.

Ma, la vera novità, che si presentò evidente, è costituita dall'attribuzione di funzioni penali, accompagnata all'inizio con una diffusa sfiducia soprattutto dell'Avvocatura, verso il nuovo organo giudicante, di cui si temevano l'improvvisazione e la mancanza di sufficiente imparzialità. Il Giudice di pace è oggi un giudice professionale, resta magistrato onorario per le modalità attraverso le quali viene selezionato e nominato all'ufficio, diverse dal pubblico concorso, e che, pertanto, gli precludono l'assunzione all'impiego 3.

In questa cornice di valorizzazione delle funzioni conciliative per la composizione dei conflitti e alla rivalutazione del ruolo della persona offesa si colloca la competenza in materia penale devoluta al Giudice di pace attraverso le previsioni contenute nel D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274.

In tal modo muta radicalmente l'immagine del magistrato onorario, che diviene un giudice con una competenza piena, propria, non delegata dalla magistratura ordinaria, con spiccate finalità conciliative, che dovrebbe gestire un procedimento semplificato e informale, con poteri sanzionatori di tipo non carcerario. Anche la politica criminale che muove la Relazione al D.L.vo n. 274/2000 «Disposizioni in materia di competenza penale del giudice di pace», si esprime in questi termini: la giurisdizione del giudice di pace è prevalentemente costituita da reati espressivi di microconflittualità privata, che ove non «contenuti», possono non di rado sfociare in comportamenti illeciti più gravi, con un allargamento a categorie di reati contro il patrimonio di particolare tenuità o di facile riscontro probatorio 4. L'art. 2, secondo comma del D.L.vo n. 274 prevede chiaramente che «nel corso del procedimento il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti».

In tal modo, appare rilevante la considerazione di questi due fattori, ovvero il quadro normativo di riferimento e i processi di comunicazione con i centri di mediazione penale.

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Tra le fonti normative assumono una certa rilevanza le linee di indirizzo e raccomandazioni europee, che peraltro hanno dato impulso in questo senso, prima nel sistema di giustizia minorile e di recente anche nella giustizia ordinaria, all'introduzione della mediazione penale quale strumento di risoluzione dei conflitti, con l'obiettivo di promuoverla e di fornire gli orientamenti condivisi e unitari in merito alle modalità di attuazione.

In particolare si segnalano la Raccomandazione n. 19 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa su «La Mediazione in materia penale»; le Regole minime delle Nazioni Unite per l'amministrazione della giustizia minorile (art. 2); la Racc. su «Le reazioni sociali alla delinquenza minorile»; la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. A queste si aggiunga, non da ultima, la decisione quadro adottata dal Consiglio dell'Unione Europea il 15 marzo 2001 su «La posizione delle vittime nel processo penale» che, auspicando il più ampio ricorso alla mediazione in materia penale (art. 10) fissa il termine del mese di marzo 2006 per l'adeguamento normativo necessario, in ciascuno Stato membro, all'attuazione della direttiva predetta (art. 17).

In Francia è proprio la diffusione di un documento raccomandante la partecipazione del tribunale alle iniziative di mediazione secondo modelli di convenzione definiti che aprirà la strada nell'ottobre del 1992 alla nota di orientamento sulla mediazione penale, distribuita dal Ministère de la Justice, Direction des affaires criminelles et des graces.

L'istituzionalizzazione del nuovo istituto vedrà la luce con l'articolo 6 della legge che nel gennaio 1993 riforma il codice di procedura penale. In questo senso un certo merito è da riconoscere anche all'esperienza di mediazione che si è sviluppata a Parigi in collaborazione con la Procura della Repubblica già dal lontano 1984. Nell'ambito di questa esperienza pilota, un merito propulsivo è da riconoscere alla fondatrice del metodo formativo, Jaqueline Morineau 5, esportato in vari Paesi del mondo: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Kosovo, Macedonia e Nuova Caledonia.

Successivamente, infatti, la mediazione è entrata ufficialmente nelle Procure francesi, dal momento che il Ministero della Giustizia e il Centre de Médiation et de Formation à la Médiation hanno firmato un protocollo d'intesa (CMFM 24, rue Tournefort 75005, Paris).

@2. Gli ambiti di applicazione della mediazione nelle nuove competenze del Giudice di pace penale.

La novità più importante del nuovo sistema punitivo riguarda le competenze penali affidate al giudice di pace penale. Il D.L.vo n. 274 del 2000 gli riconosce, infatti, poteri penali soprattutto in relazione a reati che sono espressione della microconflittualità, in grado di suscitare minore allarme sociale, quali i reati di ingiurie, diffamazione, danneggiamenti, minacce, lesioni personali.

Le nuove competenze del Giudice di pace rientrano a pieno titolo nelle attuali tendenze riformatrici dell'ordinamento giudiziario, che sembrano orientate verso un doppio binario della giustizia, rispetto a una giustizia «maggiore» più garantista e una «minore» caratterizzata da procedimenti informali e da un sistema sanzionatorio totalmente rinnovato, nell'ambito degli stessi circuiti penali.

Sul piano sostanziale occorrerà «rivisitare» le competenze del nuovo giudice di pace penale.

In tal guisa, la nuova legislazione introduce in modo organico un sistema di giustizia riparatoria anche in Italia, nel quale trova spazio un sistema sanzionatorio articolato su tre tipi di pene: le prestazioni di attività non retribuite a favore della collettività, l'obbligo della permanenza a casa, e misure prescrittive specifiche. Una delle novità più calzanti è il potere riconosciuto alla parte offesa di citare direttamente in giudizio l'autore del reato per ottenere la punizione del colpevole, esercitabile solo nei reati perseguibili a querela di parte. Al Giudice di pace è poi attribuito il compito di procedere al tentativo di conciliazione sulla base della volontà manifestata dalle parti e delle condotte riparatorie e risarcitorie conseguenti al reato, messe in atto nei confronti della parte lesa.

Le indicazioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468, sono le seguenti:

a) al giudice di pace è devoluta la competenza per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: 581 (percosse); 582, secondo comma (lesione personale punibile a querela della persona offesa); 590 (lesioni personali colpose) limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni; 594 (ingiuria), 595, primo e secondo comma (diffamazione), 612, primo comma (minaccia); 626 (furti punibili a querela dell'offeso); 627 (sottrazione di cose comuni); 631 (usurpazione); 632 (deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi), 636 (introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo); 638, primo comma (uccisione o danneggiamento di animali altrui); 639 (deturpamento e imbrattamento di cose altrui) e...

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