La mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali ed il ruolo dell'Avvocatura

AutoreFrancesco Delfini
Pagine131-141

Relazione svolta al convegno sul tema "La mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali", tenutosi in data 13 gennaio 2010, sotto l'egida della Fondazione forense milanese, nell'aula magna del Palazzo di Giustizia di Milano.

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Nell'ottobre 2009 scorso il Consiglio dei ministri ha approvato, secondo quanto comunicato attraverso il sito istituzionale del Governo, il decreto legislativo attuativo dell'art. 60 L. 69/2009, recante delega per il recepimento della direttiva 2008/52/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale1.

Il testo di decreto delegato, qui in esame, è circolato subito dopo l'approvazione, malgrado non sia ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e non siano stati ancora resi i pareri, peraltro non vincolanti, delle competenti Commissioni delle Camere.

Il decreto ha cura di distinguere, all'art. 1, lett. a), la conciliazione dalla mediazione: la prima essendo indicata come l'auspicabile risultato della seconda, definita come "l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa".

Il decreto ha vocazione generalista, nell'ambito dei rapporti patrimoniali contrattuali (non ci si occupa, tra l'altro, del diritto di famiglia, ove pure la mediazione ha dato, seppur con caratteristiche diverse, buona prova) ed è destinato a sostituire2, sul tema, il D. Lg. 5/2003, che reca una disciplina della conciliazione - così viene infatti ivi definita sia l'attività (ora detta mediazione), sia il risultato Page 132 - settoriale, seppur con vocazione espansiva, come testimoniato dal richiamo di essa in norme codicistiche estranee alla materia societaria: per tutte l'art. 768 octies cod. civ., in tema di patto di famiglia, secondo cui «Le controversie derivanti dalle disposizioni di cui al presente capo sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».

La lettura del decreto in esame mostra con evidenza che la mediazione ivi tratteggiata costituisce un ibrido tra la c.d. Mediazione facilitativa (o conciliativa: dall'anglosassone facilitative mediation) e la c.d. Mediazione aggiudicativa (o valutativa: dal termine evaluative mediation)3.

Come è noto, la polisemia del termine mediazione richiede necessariamente un predicato, che vada a connotare le caratteristiche strutturali dell'istituto che si intende volta a volta richiamare.

In semplificazione estrema, ma idonea agli scopi del presente intervento, si può distinguere appunto tra le due mediazioni sopra indicate, che presentano tra di loro tratti strutturali e funzionali affatto divergenti.

La prima, la c.d. mediazione facilitativa, ha lo scopo di agevolare le parti al raggiungimento in via autonoma di una conciliazione (che dal punto di vista contenutistico potrà concretarsi in una transazione, in un riconoscimento, in una rinunzia): il mediatore funge dunque, per usare un lessico tratto in prestito dalla chimica, da semplice "catalizzatore" di tale accordo, ma deve restare spettatore neutrale, senza pronunciarsi in alcun modo sul merito della controversia.

Due aspetti merita qui allora evidenziare in tale tipologia di mediazione.

In primo luogo, la idoneità della medesima a consentire la composizione della controversia anche incidendo su piani e rapporti, pregressi o futuri, estranei, alieni rispetto alla materia del contendere, sicché essa si pone come strumento privilegiato per la soluzione di controversie nascenti dai cosiddetti relational contracts, nei quali la relazione negoziale tra le parti da un lato ha un ruolo centrale e merita principalmente di essere salvaguardata, e dall'altro, si svolge sovente in plurimi rapporti non necessariamente oggetto di controversia.

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In secondo luogo, la conseguente opportunità che il mediatore utilizzi la tecnica del "caucus" e cioè quella di incontri delle parti (e loro difensori) in sessioni separate4, in modo che, come si legge nella relazione al decreto in commento (sub art. 9), possa «assumere informazioni che la parte potrebbe non essere propensa a rivelare davanti alla controparte, ma che sono comunque utili al mediatore per ricercare l'accordo».

Nella seconda, la c.d. mediazione aggiudicativa, al conciliatore è imposto di valutare - seppur allo stato e con delibazione implicita e sommaria - la fondatezza delle rispettive pretese, per prendere posizione sulle stesse, formulando una proposta che gli paia il corretto contemperamento dei contrapposti interessi.5

Se la proposta viene formulata solo su istanza delle parti - come è previsto nell'art. 40 co. 2 del D. Lg. 5/2003 - la mediazione non perde il tratto volontaristico che la contraddistingue, perché il trascorrere dalla fase della mediazione facilitativa a quella della mediazione aggiudicativa è sempre espressione della volontà delle parti e dell'autorevolezza che esse ripongono nel mediatore, quale proprio esclusivo ausiliario.

Se tuttavia, per comprensibili esigenze di politica legislativa finalizzata alla deflazione del contenzioso, la formulazione della proposta è atto dovuto del mediatore per l'ipotesi che la mediazione facilitativa abbia mancato il proprio obiettivo di conciliazione - come è previsto nella versione qui all'esame del decreto, all'articolo 11, co.1, secondo periodo, malgrado un lapsus nella relazione illustrativa, che tradisce una precedente formulazione in cui la proposta era condizionata ad istanza delle parti6 - allora la mediazione perde quel tratto di piena libertà delle parti che dovrebbe agevolare, da un lato, un'ampia disclosure, nel corso delle sessioni separate, nei confronti del mediatore e, dall'altro, costituire premessa per uno spontaneo adempimento della raggiunta conciliazione, in quanto sentita come libera conclusione di un accordo che pone fine alla controversia.

La previsione di un doveroso passaggio dalla mediazione facilitativa a quella aggiudicativa, presente nel decreto in esame, rende dunque il mediatore non solo Page 134 ausiliario alle dipendenze esclusive delle parti, ma altresì ausiliario, seppur in senso atecnico, dell'amministrazione della giustizia, perché questi è obbligato a rendere quella proposta che, come indicato nell'art. 13, potrà avere pesanti conseguenze in punto di spese processuali nell'eventuale futuro giudizio sulla controversia.

Codesta previsione di una mediazione aggiudicativa doverosa per il mediatore pare rispondere a due esigenze: la prima - a beneficio dei contendenti medesimi - è quella di incentivare, per evitare la formulazione della proposta, una fattiva volontà conciliativa per le parti che sono onerate, sub specie di condizioni di procedibilità dell'eventuale futuro giudizio (art.5), dell'esperimento della mediazione (in prima battuta di tipo facilitativo); la seconda - a beneficio dell'interesse generale ad una riduzione del contenzioso giudiziale - è quella di disincentivare, per evitare le pesanti ripercussioni in punto di spese processuali di cui all'art. 13, il rifiuto della proposta formulata dal mediatore come previsto dal secondo comma dell'art. 11.

Nel perseguimento della...

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