Massimario di legittimitá

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine903-914

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abusivo esercizio di una professione - Ambito di applicazione - Consenso del destinatario - Sussistenza

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 348 c.p., non ha rilievo scriminante la circostanza di un presunto consenso della clientela, destinataria della prestazione abusiva, in quanto titolare dell'interesse protetto dalla norma in questione è solo lo Stato, con la conseguenza che l'eventuale consenso del privato è del tutto irrilevante ex art. 50 c.p.

    Cass. pen., sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 49 (ud. 8 ottobre 2002), Notaristefano. (C.p., art. 348). [RV223216]


@Abusivo esercizio di una professione - Ambito di applicazione - Ragioniere commercialista - Limitazione alle sole attività tipiche o riservate

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 348 c.p. (abusivo esercizio di una professione), sono atti rilevanti non solo quelli riservati, in via esclusiva, a soggetti dotati di speciale abilitazione, c.d. atti tipici della professione, ma anche quelli c.d. caratteristici, strumentalmente connessi ai primi, a condizione che vengano compiuti in modo continuativo e professionale, in quanto, anche in questa seconda ipotesi, si ha esercizio della professione per il quale è richiesta l'iscrizione nel relativo albo. Ne consegue che le attività contenute nella seconda parte della previsione di cui all'art. 1 del D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (che disciplina l'ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale) che sono tipiche, e cioè riservate solo ai ragionieri e periti commerciali, non sono le sole rilevanti ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 348 c.p., in quanto esse comprendono anche quelle «relativamente libere», previste nella parte prima del succitato art. 1 D.P.R. n. 1068 del 1953, le quali integrano, comunque, l'esercizio della professione se poste in essere in modo continuativo, sistematico, organizzato e presentate all'esterno come provenienti da professionista, qualificato tecnicamente e moralmente, e richiedono pertanto l'iscrizione nell'albo professionale.

    Cass. pen., sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 49 (ud. 8 ottobre 2002), Notaristefano. (C.p., art. 348; D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 1). [RV223215]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Requisito della doppia ingiustizia - Necessità

Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) è necessario che sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta.

    Cass. pen., sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 62 (ud. 26 novembre 2002), De Lucia e altro. (C.p., art. 323). [RV223194]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Responsabilità penale - Amministratore di società

In tema di individuazione dei destinatari della normativa sulla tutela delle acque dall'inquinamento, la legge n. 319 del 1976 identifica i titolari degli stabilimenti industriali, e qualora si tratti di persone giuridiche i legali rappresentanti dell'ente imprenditore. La responsabilità penale discende dalla legge e non richiede un espresso conferimento, mentre è consentito delegare formalmente ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti imposti dalla legge ai soggetti suindicati. Pertanto, in mancanza di formale e valida delega, non può essere esclusa la responsabilità penale dell'amministratore anche se privo di competenza tecnica. (Fattispecie nella quale l'amministratore di una società in nome collettivo, qualificatosi mero socio finanziatore, adduceva per escludere la sua responsabilità di non avere competenza tecnica e di operare nella sede della società posta lontano dal cantiere di lavoro, condizioni che avrebbero dovuto indurlo a non assumere incarichi dirigenziali ma che non valgono ad escludere la sua responsabilità).

    Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2003, n. 3077 (ud. 17 dicembre 2002), Zanotti. (C.p., art. 40; L. 10 maggio 1976, n. 319). [RV223219]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - In conseguenza del guasto improvviso dell'impianto

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, non integra l'ipotesi del caso fortuito il guasto meccanico dell'impianto, che è correttamente ascrivibile ad una condotta negligente dell'imputato, atteso che questi era obbligato a mantenere l'impianto in condizioni di sicuro funzionamento ed a controllare costantemente l'efficacia dello stesso, non potendo annoverarsi nella categoria dei fattori inevitabili ed imprevedibili il guasto cd. improvviso di un meccanismo il cui funzionamento dipende dall'attività di manutenzione dello stesso.

    Cass. pen., sez. III, 14 gennaio 2003, n. 1054 (ud. 15 novembre 2002), Branchesi A. (C.p., art. 40; L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV223289]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Erronea applicazione della sola pena pecuniaria per un reato punito con pena congiunta - Qualificazione del ricorso per cassazione come appello

Deve essere qualificato come appello - con conseguente trasmissione degli atti, ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.p., alla competente Corte di merito - il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di primo grado con la quale sia stata erroneamente irrogata la sola pena pecuniaria per un reato per il quale sia prevista congiuntamente anche quella detentiva, e ciò in quanto un errore del giudice non può mutare il regime delle impugnazioni che, per i reati sanzionati con pena congiunta, prescrive il doppio grado di giudizio di merito (art. 593, comma 3, c.p.p.).

    Cass. pen., sez. VI, 15 gennaio 2003, n. 1644 (ud. 2 dicembre 2002), Errica FL. (C.p.p., art. 593; c.p.p., art. 569). [RV223280]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Sentenza di condanna per delitto alla sola multa - Ripristino dell'appellabilità

In seguito alla modifica dell'art. 593, comma 3, c.p.p. ad opera dell'art. 13 della legge 26 marzo 2001, n. 128 - che ha ripristinato l'appellabilità delle sentenze di condanna per tutti i delitti - nell'ipotesi in cui sia stato presentato ricorso per cassazione, prima dell'entrata in vigore della legge n. 128 del 2001, contro una sentenza di condanna per delitto per il quale è stata applicata la solaPage 904 pena della multa, il ricorso per cassazione si converte in appello, ai sensi dell'art. 580 c.p.p., su richiesta della parte che lo ha presentato, in applicazione della legge 19 aprile 2002, n. 72, con l'avvertenza ulteriore che detta richiesta deve ritenersi implicita nel caso in cui l'impugnazione sia stata originariamente proposta come appello.

    Cass. pen., sez. V, 4 dicembre 2002, n. 4074 (ud. 5 novembre 2002), Marcenaro e altro. (C.p.p., art. 593; c.p.p., art. 580). [RV223191]


@Atti e provvedimenti del giudice penale - Provvedimenti in camera di consiglio - Udienza - Dieci giorni liberi

Nel procedimento d'appello avverso le ordinanze emesse dal Gip in materia di misure cautelari personali, il termine per l'avviso alle parti e ai difensori del giorno dell'udienza è quello generale di dieci giorni stabilito dall'art. 127 c.p.p. per il procedimento in camera di consiglio - alle cui forme fa rinvio l'art. 310, comma 2, c.p.p. - e non già quello di tre giorni, specificamente ed eccezionalmente previsto, per la sola udienza di riesame, dall'art. 309, comma 8, c.p.p., peraltro non richiamato dall'art. 310, comma 2, c.p.p.: l'inosservanza di detto termine comporta la nullità dell'udienza ex artt. 127 comma 5 e 179 comma 1 c.p.p.

    Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2003, n. 1806 (c.c. 9 dicembre 2002), Marino G. (C.p.p., art. 127; c.p.p., art. 310). [RV223232]


@Atti e provvedimenti del giudice penale - Provvedimenti in camera di consiglio - Udienza - Principio della immutabilità del giudice

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, secondo comma c.p.p., pur essendo espressamente riferito alla sentenza pronunciata a seguito di dibattimento, è applicabile anche all'ordinanza emessa all'esito della procedura svolta in camera di consiglio ai sensi dell'art. 127 c.p.p., con conseguente nullità del provvedimento pronunziato da un collegio non composto dalle medesime persone fisiche che hanno partecipato alla trattazione dell'udienza.

    Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2003, n. 1713 (c.c. 14 novembre 2002), Trinca. (C.p.p., art. 525; c.p.p., art. 127). [RV223276]


@Atti processuali penali - Lingua italiana - Interprete - Nomina

In materia di diritto di difesa, l'interpretazione dell'art. 143 c.p.p., conforme alla lettura fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 1993, impone che nei confronti dell'imputato alloglotta si proceda alla traduzione, in lingua a lui nota, di tutti gli atti del processo che lo riguardano, compreso l'ordine di esecuzione della pena, la cui traduzione è necessaria per consentire al condannato di provocare un controllo giurisdizionale sulla legittimità del titolo esecutivo e per esperire la procedura prevista dall'art. 175 c.p.p.

    Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2003, n. 1715 (c.c. 15 novembre 2002), Suman G. (C.p.p., art. 143; c.p.p., art. 656). [RV223278]


@Atti processuali penali - Lingua italiana - Ufficio giudiziario bilinguistico - Imputato straniero che conosce la lingua tedesca

Negli uffici giudiziari in cui vige il regime bilinguista, il giudice ha la possibilità di utilizzare la lingua tedesca anche a tutela dell'imputato straniero che dichiari di non...

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