Massimario di legittimitá
Autore | Casa Editrice La Tribuna |
Pagine | 569- |
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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.
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@Appello civile - Domande nuove - Modifica della causa petendi - Canoni maturati in corso di causa
La diversa quantificazione della pretesa, fermi i fatti costitutivi di essa, non comporta prospettazione di una nuova causa petendi in aggiunta a quella dedotta in primo grado e, pertanto non dà luogo ad una domanda nuova, inammissibile in appello ai sensi degli artt. 345 e 437 c.p.c. Ne consegue che, in materia di locazione, è ammissibile la domanda di pagamento dei canoni e degli oneri accessori maturati in corso di causa, formulata in sede di precisazione delle conclusioni, risolvendosi essa in un ampliamento quantitativo della somma originariamente richiesta che, mantenendo inalterati i termini della contestazione, incide solo sul petitum mediato, relativo alla entità del bene da attribuire, e determina, quindi, soltanto una modifica (piuttosto che il mutamento) della originaria domanda, ammessa ai sensi del combinato disposto degli artt. 420 e 414 c.p.c.
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Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2853, Violetti c. Magno ed altro. (C.p.c., art. 345; c.p.c., art. 414; c.p.c., art. 420; c.p.c., art. 437). [RV580181]
@Appello civile - Domande nuove - Modifica della causa petendi - Presupposti
Si ha domanda nuova, inammissibile in appello, quando gli elementi dedotti in secondo grado comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, integrando una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado. Ne consegue che tale non può ritenersi la domanda avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di locazione per cessazione del contratto nel corso del giudizio e formulata all'esito della conversione del rito da sommario in ordinario ai sensi dell'art. 667 c.p.c., trattandosi in tal caso di mera specificazione dell'originaria domanda di condanna in futuro azionata con il procedimento sommario per convalida di licenza per finita locazione.
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Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2005, n. 674, Trofa c. De Riso. (C.p.c., art. 345; c.p.c., art. 657; c.p.c., art. 663; c.p.c., art. 667). [RV580069]
@Appello civile - Poteri dell'istruttore - Sentenza di primo grado - Provvisoria esecuzione
La sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado che il giudice d'appello, ai sensi dell'art. 283 c.p.c., nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990 può disporre in presenza di «gravi motivi» è rimessa ad una valutazione globale d'opportunità, poiché tali motivi consistono per un verso nella delibazione sommaria della fondatezza dell'impugnazione e per altro verso nella valutazione del pregiudizio patrimoniale che il soccombente può subire (anche in relazione alla difficoltà di ottenere eventualmente la restituzione di quanto pagato) dall'esecuzione della sentenza, che può essere inibita anche parzialmente se i capi della sentenza sono separati. Ne consegue che il potere discrezionale riconosciuto al giudice d'appello dagli articoli 283 e 351 c.p.c. dopo la suddetta novella è più ampio di quello riconosciuto al medesimo giudice con riferimento alla sentenza impugnata con ricorso per cassazione ovvero alla sentenza di primo grado favorevole al lavoratore o a quella di condanna relativa a rapporti di locazione, comodato e affitto d'immobili, per la sospensione dell'esecutività delle quali è rispettivamente richiesta l'esistenza di un «grave e irreparabile danno» ovvero di un «gravissimo danno».
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Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2005, n. 4060, CIC Cinema International Communications c. Argento. (C.p.c., art. 283; c.p.c., art. 351). [RV579733]
@Assemblea dei condomini - Convocazione - Destinatari - Condomino apparente
In tema d'assemblea condominiale, deve essere convocato il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini; d'altra parte, non è in contrasto, ma anzi in armonia con tale principio, la norma del regolamento condominiale che, imponendo ai condomini di comunicare all'amministratore i trasferimenti degli immobili di proprietà esclusiva, ha lo scopo di consentire la corretta convocazione dei soggetti legittimati a partecipare all'assemblea condominiale. (Nella specie è stata dichiarata illegittima la delibera approvata dall'assemblea alla quale non aveva partecipato la proprietaria di un'unità immobiliare, essendo stata la relativa convocazione inviata al marito il cui nominativo era indicato nell'elenco dei condomini).
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Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616, Cond. Valletera Palazzina c. Zanni. (C.c., art. 1136). [RV579545]
@Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Individuazione nominatim dei singoli condomini - Mancata indicazione nel verbale
In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri già stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall'art. 1137, ultimo comma, c.c.
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Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806, Cirelli ed altro c. Cond. Via Tor De' Schiavi 389 Roma. (C.c., art. 1136; c.c., art. 1137). [RV579440]
@Avviamento commerciale - Indennità - Rinuncia - Successiva alla cessazione del rapporto
L'art. 79 legge 27 luglio 1973 n. 392, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone mag-Page 570giore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, mira ad evitare che al momento della stipula del contratto le parti eludano in qualsiasi modo le norme imperative poste dalla legge sul cosiddetto equo canone, aggravando in particolare la posizione del conduttore, ma non impedisce che al momento della cessazione del rapporto le parti addivengano ad una transazione in ordine ai rispettivi diritti ed in particolare alla rinunzia da parte del conduttore, dopo la cessazione del rapporto, all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'articolo 34 della stessa legge, e, a fortiori, ad avvalersi della facoltà di impedire che l'esecuzione si compia senza la corresponsione (o l'offerta nella misura dovuta) della detta indennità.
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Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2005, n. 675, Merluzzi c. Ranchi. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 34; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79). [RV579765]
@Canone - Aggiornamento - Operatività automatica - Nullità della clausola
Con riferimento ai contratti di locazione di immobili abitativi stipulati a norma dell'art. 11 del D.L. n. 333/92, convertito in legge n. 359 del 1992 (cosiddetti patti in deroga), la clausola contrattuale che preveda l'aggiornamento automatico del canone su base annuale senza necessità di richiesta espressa del locatore è affetta da nullità, in base al combinato disposto degli artt. 24 e 79 della legge sull'equo canone, perché il suddetto art. 11, al comma secondo ultima parte stabilisce che per detti contratti «resta ferma l'applicazione degli articoli 24 e 30 della legge n. 392 del 1978».
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Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2005, n. 2884, Penelope c. Velardi. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 24; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79). [RV579847]
@Competenza civile - Competenza per materia - Servizi del condominio - Misura e modalità d'uso
Per «cause relative alle modalità di uso dei servizi di condominio di case» (già di competenza del conciliatore) devono intendersi quelle concernenti i limiti qualitativi di esercizio di facoltà contenute nel diritto di comunione, nelle quali, cioè, si controverte sul modo più conveniente ed opportuno in cui tali facoltà devono essere esercitate, mentre le cause relative alla misura di detti servizi (già di competenza del pretore) s'identificano con quelle riguardanti una limitazione o riduzione quantitativa del diritto dei singoli condomini. Da queste cause, ora attribuite entrambe alla competenza per materia del giudice di pace a norma dell'art. 7 c.p.c., come sostituito dall'art. 17 della legge 21 novembre 1991 n. 374, vanno tenute distinte, però, le controversie che vedono messo in discussione il diritto stesso del condomino ad un determinato uso della cosa comune e che, quindi, rimangono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore. (In applicazione del suindicato principio la Corte Cass. ha rigettato il ricorso con cui l'impugnante si doleva che l'adito tribunale avesse dichiarato - asseritamente «in modo tautologico, richiamando la norma e la correlativa esegesi giurisprudenziale» - la propria incompetenza in favore del giudice di pace in ordine all'impugnazione della delibera di condominio nella parte in cui stabiliva di mantenere il distacco dell'apertura della porta d'ingresso dello stabile dai singoli citofoni anche durante le ore di chiusura del portierato, deducendo che solo apparentemente tale delibera concerneva le modalità e la misura d'uso dei beni comuni, di fatto, viceversa risolvendosi in una limitazione delle dotazioni dei singoli appartamenti privati e ai diritti del singolo condomino, rimanendo a tale stregua...
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