Massimario di legittimità

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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Abuso d'ufficio - Elemento psicologico - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Sufficienza.

Il dolo del reato di abuso di ufficio è integrato da un comportamento intenzionale del pubblico ufficiale che procuri a sè o ad altri un ingiusto vantaggio, senza che sia necessario il perseguimento in via esclusiva del fine privato, requisito non richiesto dalla precedente formulazione dell'art. 323 c.p. né dal testo della norma risultante a seguito delle modificazioni introdotte con l'entrata in vigore della legge 16 luglio 1997, n. 234.

    Cass. pen., sez. VI, 24 giugno 1998, n. 7487 (ud. 2 aprile 1998), Sanguedolce C. (C.p., art. 323). [RV211245]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Questione di legittimità costituzionale.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 21 L. 10 maggio 1976 n. 319 (come modificato dalle leggi 24 dicembre 1979 n. 650, 24 novembre 1981 n. 689 e 17 maggio 1995 n. 172), che punisce lo scarico senza autorizzazione, prospettata con riferimento all'art. 3 Cost. sul rilievo che detta norma non prevede una pena più lieve rispetto a quelle contemplate dal successivo terzo comma per le più gravi fattispecie di scarico superiore ai limiti tabellari; ed invero non è dato ravvisare, nella scelta del legislatore, alcuna violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità delle pene, allorché si consideri che la condotta sanzionata del primo comma del predetto art. 21 L. n. 319/76 non può concorrere con quelle previste nei successivi terzo e quarto comma; che l'effettuazione di uno scarico senza autorizzazione non può essere ritenuta, con valutazione generalizzata, fatto meno grave della violazione dei parametri tabellari di natura non tossica nell'esecuzione di uno scarico non autorizzato; che le pene edittali rispettivamente previste consentono al giudice una razionale ed opportuna graduazione che tenga conto della concreta entità della violazione accertata.

    Cass. pen., sez. un., 22 ottobre 1998, n. 11021 (ud. 13 luglio 1998), Montanari. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV211386]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Autorizzazione.

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento quando risulti accertato in modo irrefutabile che lo scarico senza autorizzazione termina in uno dei corpi recettori, in modo diretto o indiretto, è possibile configurare la contravvenzione di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976 n. 319. Ciò anche quando il refluo, dopo essere stato conferito in una vasca o pozzo a tenuta stagna, si immetta in uno dei corpi recettori vietati.

    Cass. pen., sez. III, 17 giugno 1998, n. 7221 (ud. 18 maggio 1998), Daniele A. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV211201]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Scarico episodico ed occasionale.

In tema di inquinamento delle acque, anche uno scarico singolo ed episodico, realizzatosi quindi uno actu, può integrare la violazione dell'art. 21 L. 10 maggio 1976 n. 319, avendo la piena attitudine a ledere il bene protetto dalla norma.

    Cass. pen., sez. un., 22 ottobre 1998, n. 11021 (ud. 13 luglio 1998), Montanari. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV211387]

@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Danneggiamento - Natura.

La contravvenzione di cui agli artt. 11 o 12 e 59 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 configura un reato di condotta, giacché l'attività di demolire, rimuovere, modificare o restaurare cose di interesse storico-artistico, senza l'autorizzazione del ministero competente, perfeziona il reato anche ove non produca concretamente una lesione del patrimonio storico-artistico della nazione. Al contrario la contravvenzione di cui all'art. 733 c.p. configura un reato di evento, e più esattamente un reato di danno, giacché si perfeziona solo quando la condotta dell'agente provochi la distruzione, il deterioramento o, il danneggiamento di monumenti o di altre cose di pregio rilevante, se dal fatto derivi un nocumento al patrimonio artistico nazionale. Il che vuol dire che quando una condotta concreta violi entrambe le disposizioni si configura un concorso formale.

    Cass. pen., sez. III, 15 giugno 1998, n. 7129 (ud. 29 aprile 1998), Salogni L. (C.p., art. 733; L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 11; L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 12). [RV211207]

@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Danneggiamento - Soggetto attivo.

Soggetto attivo del reato di cui all'art. 733 c.p., come si desume dal tenore letterale della norma, è solo il proprietario della cosa, non il possessore in quanto tale e tanto meno il semplice detentore. Terzi estranei alla proprietà possono solo concorrere col proprietario alla commissione della contravvenzione. Questa interpretazione letterale risponde anche alla ratio implicita della norma che, nell'interesse pubblico alla salvaguardia del patrimonio artistico, storico e archeologico della nazione, ha voluto costituire un vincolo giuridico a carico dei proprietari privati di cose aventi pregio artistico, storico o archeologico, impedendo loro di danneggiarle o deteriorarle.

    Cass. pen., sez. III, 15 giugno 1998, n. 7129 (ud. 29 aprile 1998), Salogni L. (C.p., art. 733). [RV211208]

@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Circostanze - Attenuanti.

Il potere del giudice di appello di applicare, anche d'ufficio, circostanze attenuanti si pone come eccezionale e discrezionale rispetto al principio generale, dettato dal primo comma dell'art. 597 c.p.p., secondo il quale l'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione cui si riferiscono i motivi proposti. Ne consegue che il mancato esercizio di detto potere non è censurabile in cassazione, né è configurabile un obbligo di motivazione in assenza di una specifica richiesta, oltre che nei motivi di appello, nel corso del giudizio di secondo grado. (Fattispecie in tema di applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 5 della legge n. 895 del 1967, in relazione alla quale, pur non essendo essa stata richiesta in appello, era stato proposto apposito motivo di censura in cassazione)

    Cass. pen., sez. I, 11 settembre 1998, n. 9731 (ud. 12 maggio 1998), Totaro. (C.p.p., art. 597). [RV211325]

@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Potere discrezionale del giudice.

L'ipotesi di rinnovazione del dibattimento di cui all'art. 603, comma primo, c.p.p., che riguarda prove preesistenti o prove già note alla parte, è subordinata alla condizione che il giudice d'appello ritenga, secondo la sua valutazione discrezionale, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti.

    Cass. pen., sez. VI, 2 luglio 1998, n. 7809 (ud. 26 maggio 1998), Renzi R. (C.p.p., art. 603). [RV211262]

@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Potere discrezionale del giudice.

Nel giudizio di appello, il giudice può - d'ufficio - disporre discrezionalmente la rinnovazione del dibattimento quando questa sia «assolutamente necessaria», ossia nel caso in cui si trovi nell'impossibilità di decidere allo stato degli atti. Tale discrezionalità, tuttavia, non è sottratta a controllo, ma è sindacabile, e, per verificare l'esattezza della decisione sul punto, occorre vagliare la motivazione, accertando se, all'interno del quadro probatorio emergente dalla decisione stessa, le argomentazioni adottate risultino mancanti o apodittiche ovvero risultino manifeste contraddizioni, lacune o aporie, o, al contrario, se il giudice di appello era nella oggettiva condizione di decidere allo stato degli atti, dimodoché la rinnovazione non si palesava affatto necessaria. (Nella specie la Corte di cassazione ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva valutato come non necessaria la rinnovazione del dibattimento, ai fini delle indagini in ordine agli estremi dell'attenuante della speciale collaborazione prevista dall'art. 73, comma settimo, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, perché il ricorrente non aveva proposto appello sulla mancata concessione di tale attenuante nel giudizio di primo grado).

    Cass. pen., sez. VI, 24 giugno 1998, n. 7519 (ud. 5 giugno 1998), Zietek D. (C.p.p., art. 603). [RV211265]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Richiesta - Riproposizione - Possibilità. Page 110

La richiesta di patteggiamento è ripetibile sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dato che da nessuna norma di legge può desumersi la non riproponibilità di detta richiesta, dovendosi, al contrario, ricavare la possibilità di riproporla dal disposto dell'art. 446, comma quarto, c.p.p., che consente la prestazione del consenso alla parte che in precedenza lo aveva negato. (Nella specie, una prima richiesta di patteggiamento era stata respinta nella considerazione della erroneità della qualificazione giuridica del fatto; successivamente le parti l'avevano riproposta con una diversa qualificazione e il tribunale l'aveva accolta).

    Cass. pen., sez. VI, 24 giugno 1998, n. 7483 (ud. 4 marzo 1998), P.G. in proc. Balestri ed altro. (C.p.p., art. 446). [RV211242]

@Armi e munizioni - Artistiche o storiche - Armi proprie e improprie - Collezione.

Allo stato della vigente normativa, devono ritenersi consentiti due tipi di collezione di armi, e cioè quella delle armi comuni da sparo, disciplinata dal comma sesto dell'art. 10 legge n. 110 del 1975 e quella di armi artistiche, rare o antiche, disciplinata dal comma settimo dello stesso art. 10, nonché dall'art. 32, comma terzo, del R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (cd. testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). Per quest'ultima la licenza ha carattere permanente, in forza della deroga...

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