Massimario di legittimità

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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Abuso d'ufficio - Abuso di poteri non concretanti violazione di leggi - Sussistenza del reato - Esclusione del reato.

A seguito della nuova formulazione della fattispecie di abuso di ufficio ad opera della legge 16 luglio 1997, n. 234, che ha novellato l'art. 323 c.p., il reato in questione non può configurarsi se non in presenza di una «violazione di norma di legge o di regolamento» (ovvero di una omissione del dovere di astenersi ricorrendo un interesse proprio dell'agente o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti). Ne consegue che è stata espunta dall'area della rilevanza penale ogni ipotesi di abuso di poteri o di funzioni non concretantesi nella formale violazione di norme legislative o regolamentari o del dovere di astensione. (Fattispecie in cui un sindaco aveva ingiunto al messo comunale di ritardare la notificazione dell'ordinanza di sospensione di una concessione edilizia in sanatoria al fine, secondo l'accusa, di consentire al concessionario di ultimare le opere abusive. La S.C. ha al riguardo ritenuto corretta la valutazione della corte di appello circa la insussistenza di una disposizione di legge o di regolamento che imponesse l'esecuzione del predetto adempimento entro un termine specifico).

    Cass. pen., sez. VI, 16 aprile 1998, n. 4544 (ud. 28 novembre 1997), Aguzzi ed altro. (C.p., art. 323; L. 16 luglio 1997, n. 234). [RV211951]

@Abuso d'ufficio - Elemento psicologico - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Autorizzazione edilizia.

A differenza dell'art. 323 previgente che configurava l'abuso di ufficio come reato a consumazione anticipata, incentrato sul dolo specifico, sulla finalità di procurare a sè o ad altri un ingiusto vantaggio, o di arrecare ad altri un danno ingiusto, il legislatore del 1997 ha configurato l'abuso di ufficio come reato di danno, richiedendo che venga procurato a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecato un danno ingiusto, così da spostare in avanti la realizzazione della fattispecie. La tipicità del fatto, quindi, con la «novella», non viene più affidata al contenuto di un dolo specifico ma a precise prescrizioni con forme vincolate di condotta. Nella nuova formulazione, della norma che è caratterizzata dalla necessità dell'evento, l'abuso è punito pertanto a titolo di dolo generico, per di più caratterizzato dal requisito della intenzionalità, restringendosi, in tal modo, l'operatività del momento soggettivo al dolo di evento inteso come situazione corrispondente ad un'assoluta omogeneità tra momento rappresentativo e momento volitivo, con esclusione, quindi, della rilevanza del c.d. «dolo eventuale». (Fattispecie in tema di rilascio di autorizzazione da parte dell'assessore alla urbanistica, in violazione della legislazione vigente).

    Cass. pen., sez. V, 16 novembre 1998, n. 11847 (ud. 10 settembre 1998), Panariello ed altro. (C.p., art. 323). [RV211922]

@Abuso d'ufficio - Estremi - Eccesso di potere - Esclusione della rilevanza del vizio dell'atto.

L'art. 323 c.p. nella formulazione introdotta dall'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234 esclude che il reato possa configurarsi con l'emanazione di un atto amministrativo inficiato da vizi di legittimità diversi da quelli tassativamente indicati dalla norma, quale l'eccesso di potere. Pertanto, non integra il reato il cattivo uso dei poteri di valutazione dei candidati in un pubblico concorso da parte dei componenti della commissione, ancorché il giudizio si estrinsechi attraverso la semplice espressione di un voto. (La Corte ha escluso, in particolare, in tale ultima ipotesi, che il giudizio così espresso possa integrare gli estremi della violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, costituendo il voto stesso motivazione del provvedimento).

    Cass. pen., sez. VI, 4 dicembre 1998, n. 12793 (ud. 3 novembre 1998), P.g. in proc. Caldarola e altri e Caldarola e altri. (C.p., art. 323; L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 1; L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3). [RV212016]

@Abuso di mezzi di correzione o di disciplina - Elemento oggettivo - Lievi percosse - Condizione.

In tema di abuso di mezzi di correzione e di disciplina, di cui all'art. 571 c.p., mentre non possono ritenersi preclusi quegli atti, di minima valenza fisica o morale che risultino necessari per rafforzare la proibizione, non arbitraria né ingiusta, di comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi rispecchianti la inconsapevolezza o la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente, integra la fattispecie criminosa in questione l'uso in funzione educativa del mezzo astrattamente lecito, sia esso di natura fisica, psicologica o morale, che trasmodi nell'abuso sia in ragione dell'arbitrarietà o intempestività della sua applicazione sia in ragione dell'eccesso nella misura, senza tuttavia attingere a forme di violenza. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto che integrasse il reato in questione la pratica di lievi percosse e tirate di capelli per l'eccesso di reiterazione rispetto all'ordinario e per l'effetto lesivo punito dal capoverso dell'art. 571 c.p., senza peraltro che tali condotte trasmodassero nell'abitualità di maltrattamenti, inquadrabile nel distinto reato previsto dall'art. 572 c.p.).

    Cass. pen., sez. VI, 26 marzo 1998, n. 3789 (ud. 7 novembre 1997), Paglia ed altro. (C.p., art. 571). [RV211942]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Disciplina di cui all'art. 25 L. n. 319/76 - Non costituisce norma transitoria.

La contravvenzione prevista dall'art. 25 della legge 10 maggio 1976 n. 319 non costituisce norma transitoria valida solo fino al decorso dei termini previsti dalla legge per la sua piena operatività. Il venire meno della natura transitoria di un articolo pensato quale norma rivolta a prescrizioni intermedie deriva dal mutamento del quadro iniziale, ed in particolare della funzione del piano di risanamento delle acque, il quale ha oramai perso il connotato di strumento di adeguamento ed armonizzazione graduale degli scarichi esistenti ai limiti finali della legge 319 del 1976, ed è utilizzato anche per regolamentare in via definitiva alcuni scarichi, come quelli delle pubbliche fognature.

    Cass. pen., sez. III, 21 ottobre 1998, n. 10971 (ud. 25 settembre 1998), P.M. in proc. Sansivero E. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 25). [RV211993]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Fanghi e liquami - Smaltimento.

In materia di smaltimento di rifiuti (nella fattispecie: fanghi dei depuratori comunali), mentre la legge n. 319 del 1976 disciplina il rapporto che insorge tra il refluo e la sua immissione nell'ambiente, e pertanto è finalizzata alla tutela del corpo ricettore, il D.P.R. n. 915 del 1982, invece, conformemente alla disciplina europea, regola tutte le singole operazioni di smaltimento (es.: conferimento, raccolta, trasporto, ammasso, stoccaggio) dei rifiuti prodotti da terzi, siano essi solidi o liquidi, fangosi o sotto forma di liquami, con esclusione di quelle fasi, concernenti i rifiuti liquidi (o assimilabili), attinenti allo scarico e riconducibili alla disciplina stabilita dalla legge n. 319 del 1976, con l'unica eccezione dei fanghi e liquami tossici e nocivi, i quali sono, sempre, regolati dal D.P.R. n. 915 citato.


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Reato di cui all'art. 21 della L. n. 319/76 - Concorso con il reato di getto pericoloso di cose.

L'ipotesi di reato prevista dall'art. 674 c.p. può astrattamente concorrere con quelle previste dalla legge n. 319 del 1976 sull'inquinamento idrico (cd. legge Merli), ma a condizione che sussista l'attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone, costituente elemento essenziale della fattispecie di pericolo delineata dalla norma codicistica in esame.

    Cass. pen., sez. I, 17 dicembre 1998, n. 13278 (ud. 10 novembre 1998), Mangione. (C.p., art. 674; L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV211869]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Responsabilità penale - Legale rappresentante.

In materia di tutela delle acque dall'inquinamento è posto a carico di chi abbia poteri di rappresentanza e gestione dell'impresa un dovere positivo di controllo degli impianti, onde evitare scarichi illegittimi; così che questi risponde penalmente dell'operato dei propri dipendenti a meno che non dimostri di avere scelto personale adeguatamente preparato ed in numero sufficiente. Qualora l'azienda abbia notevoli dimensioni, l'esonero di responsabilità del gestore dello stabilimento ricorre solo in caso di delega a terzi, tecnicamente e professionalmente qualificati, ai quali sia attribuita completa autonomia decisionale e finanziaria per provvedere all'adeguamento delle situazioni produttive ai dettati normativi.

    Cass. pen., sez. III, 5 agosto 1998, n. 9160 (ud. 1 luglio 1998), Botarelli S. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV211814]

@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Autorizzazione.

Nell'ipotesi di scarico di insediamento produttivo in pubblica fognatura, la mancanza dell'autorizzazione (richiesta dall'art. 9 legge 319 del 1976) Page 384 non integra gli estremi del reato di cui all'art. 21 legge citata, poiché, quest'ultima norma concerne soltanto gli scarichi che avvengono in tre dei corpi recettori menzionati nell'art. 1, e cioè acque, suolo e sottosuolo, e non anche nelle fognature, pure tenute presenti ed espressamente disciplinate nei commi successivi della stessa disposizione. Nel rispetto del principio di tassatività delle fattispecie penali la suddetta elencazione, chiara, precisa ed univoca, non può essere integrata attraverso la interpretazione...

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