Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine261-280

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abuso d'ufficio - Elemento oggettivo - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Data di decorrenza del termine di prescrizione

Essendo il reato di abuso di ufficio, come novellato dalla L. 16 luglio 1997 n. 234, un reato di evento, esso si consuma con l'avvenuto conseguimento dell'ingiusto vantaggio patrimoniale e da tale data decorre il termine di prescrizione. (Fattispecie in cui la consumazione è stata ravvisata con la dichiarata vittoria del concorso e non già con la rivelazione della traccia dei temi assegnati alla prova scritta).

    Cass. pen., sez. VI, 27 agosto 1999, n. 10230 (ud. 30 aprile 1999), Cianetti A. (C.p., art. 323). [RV214376]


@Abuso d'ufficio - Elemento psicologico - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Reato di evento

In tema di reato di abuso d'ufficio, mentre l'art. 323 c.p. previgente configurava l'abuso d'ufficio come reato a consumazione anticipata, fondamentalmente incentrato sul dolo specifico, sulla finalità di procurare a sè o ad altri un ingiusto vantaggio o di arrecare ad altri un danno ingiusto, il legislatore del 1997 ha configurato l'abuso d'ufficio come reato di danno, richiedendo che venga procurato a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecato un danno ingiusto, così da spostare in avanti la realizzazione della fattispecie. Ne consegue che essendosi arricchita la fattispecie di un elemento ulteriore, costituito dalla effettiva realizzazione di un vantaggio patrimoniale per il pubblico ufficiale ovvero per altri o di un danno altrui, entrambi contra ius, la necessaria presenza dell'evento rende ancor più pertinente il richiamo all'abuso mediante omissione ravvisabile tutte le volte in cui ci si trovi di fronte ad un soggetto sul quale gravi l'obbligo di impedire l'evento.

    Cass. pen., sez. VI, 1 giugno 1999, n. 6839 (ud. 1 marzo 1999), P.G. in proc. Menditto. (C.p., art. 323). [RV214309]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Inosservanza del segreto di ufficio stabilito per i pubblici dipendenti - Sussistenza del reato

In tema di abuso di ufficio, ricorre il requisito della violazione di legge richiesto dal novellato art. 323 c.p.p. allorché venga rivelato il titolo delle tracce delle prove scritte di un concorso pubblico, atteso che il dovere del segreto di ufficio per i dipendenti della Pubblica Amministrazione è sancito dall'art. 28 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

    Cass. pen., sez. VI, 27 agosto 1999, n. 10230 (ud. 30 aprile 1999), Cianetti A. (C.p., art. 323). [RV214378]


@Abuso d'ufficio - Nuova formulazione - Individuazione della norma più favorevole - Successione di leggi penali

In tema di reato di abuso d'ufficio, il problema della successione della legge nel tempo in seguito alla novella dell'art. 323 c.p. introdotta dalla legge n. 234/97, deve essere ricondotto nell'ambito del principio di specialità e risolto attraverso l'accertamento degli elementi che designano la nuova fattispecie; e quindi che la condotta si sia sostanziata nella violazione di legge o di regolamento o nell'inosservanza del dovere di astensione, per di più posta in essere dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle funzioni o del servizio e che sia stato effettivamente procurato un vantaggio patrimoniale per sè o per altri, ovvero che sia stato arrecato ad altri un danno ingiusto. Ne consegue che, dovendosi scegliere l'applicazione della norma più favorevole, in presenza delle dette specificità si deve ritenere l'art. 323 c.p. da ultimo sostituito come l'unica norma applicabile.

    Cass. pen., sez. IV, 1 giugno 1999, n. 6839 (ud. 1 marzo 1999), P.G. in proc. Menditto. (C.p., art. 323; L. 16 luglio 1997, n. 234). [RV214310]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Disciplina applicabile

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, dopo l'entrata in vigore del D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, intendendosi per scarico il riversamento diretto nei corpi recettori, quando il collegamento tra fonte di riversamento e corpo ricettore è interrotto viene meno lo scarico precedentemente qualificato come indiretto, per fare posto alla fase di smaltimento del rifiuto liquido. Conseguentemente in tale ipotesi si rende applicabile la disciplina di cui al D.L.vo n. 22 del 1997 e non quella della legge n. 319 del 1976, come sostituita dal D.L.vo n. 152 del 1999.

    Cass. pen., sez. III, 3 agosto 1999, n. 2358 (c.c. 24 giugno 1999), Belcari. (L. 10 maggio 1976, n. 319; D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152). [RV214268]


@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Cose sottoposte a tutela - Condizioni

In materia di tutela del patrimonio archeologico nazionale, l'art. 1 L. 1 giugno 139 n. 1080 nel definire l'ambito oggettivo di applicazione della disciplina in essa dettata, non ha operato una catalogazione, cioè un'elencazione del genere delle cose da tutelare, sicché la tutela si realizzi senza limiti per il solo fatto dell'appartenenza del reperto a un determinato genere di cose; ma ha graduato, invece, tale tutela in relazione all'interesse che le cose stesse mobili o immobili, presentano sotto il profilo artistico, storico, archeologico o etnografico. L'interesse che sta alla base della tutela è, infatti, variamente considerato anche nelle successive disposizioni degli artt. 2, 3 e 5, nelle quali in relazione alle diverse forme di intervento si parla di interesse particolarmente importante e di eccezionale interesse artistico o storico.

    Cass. pen., sez. III, 23 luglio 1999, n. 9470 (ud. 27 aprile 1999), Cipolla B. (L. 1 giugno 1939, n. 1089). [RV213324]


@Antichità e belle arti - Furto - Presupposto - Interesse semplice della cosa

Per la sussistenza del c.d. furto di cose d'antichità e d'arte di cui all'art. 67 legge 1 giugno 1939, n. 1089 oggetto della tutela penale non è qualsiasi cosa proveniente dall'antichità, essendo necessario che si tratti di cosa che abbia un valore che giustifichi l'interesse collettivo alla protezione e alla conservazione. Peraltro non è richiesto che la cosa presenti un interesse artistico o storico rilevante perché la norma incriminatrice richiede solo un interesse semplice.

    Cass. pen., sez. III, 23 luglio 1999, n. 9470 (ud. 27 aprile 1999), Cipolla B. (L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 1; L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 67). [RV214325]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Carattere generale del principio

Il divieto della reformatio in peius è un principio di portata generale che opera anche nel giudizio di rinvio; qualora la sentenza di appello sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali tale divieto deve essere rispettato solo in relazione alla sentenza di primo grado, non avendo determinato quella di secondo grado il consolidamento di alcuna posizione di carattere sostanziale. (Fattispecie in cui la sentenza di appello, che aveva ridotto la pena inflitta in primo grado, era stata cassata per nullità derivante dalla omessa citazione dell'imputato al dibattimento).

    Cass. pen., sez. VI, 27 agosto 1999, n. 10251 (ud. 25 giugno 1999), Scardamaglia B. (C.p.p., art. 597; c.p.p., art. 627). [RV214386]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Capi della sentenza e punti della decisione - Effetto devolutivo

In tema di giudizio di appello, la preclusione conseguente all'effetto devolutivo della impugnazione inerisce ai punti della sentenza non investiti dai motivi di gravame, ma non riguarda le argomentazioni giuridiche sviluppate a sostegno della decisione. Invero il giudice di secondo grado può, nell'ambito dei punti impugnati, procedere a nuova valutazione del materiale probatorio raccolto, indipendentemente dall'iter logico-argomentativo seguito dal giudice di primo grado. (Fattispecie in tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico in cui il giudice di appello, dissentendo dalla dichiarazione di inutilizzabilità fatta dal pretore in ordine a documentazione acquisita, ha confermato la sentenza di condanna appellata dal solo imputato).

    Cass. pen., sez. V, 1 settembre 1999, n. 10381 (ud. 8 giugno 1999), Sambucci R. (C.p.p., art. 515). [RV214297]


@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Procedimento - Imputato detenuto fuori della circoscrizione del giudice d'appello

Nel giudizio camerale in grado di appello (art. 599 c.p.p.), l'imputato detenuto in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice che procede non ha diritto di essere presente all'udienza ma può soltanto richiedere di essere sentito dal magistrato di sorveglianza della circoscrizione del luogo di detenzione; né, per tale audizione, la normativa vigente prevede - al contrario diPage 262 quanto accade nel procedimento camerale de libertate - che sia dato avviso al difensore: il magistrato di sorveglianza, infatti, si limita a raccogliere le dichiarazioni dell'imputato destinate ad essere successivamente valutate nel giudizio, ed in tale sede il difensore può svolgere eventuali osservazioni e difese. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale l'imputato aveva dedotto la nullità per non essere stato tradotto in udienza nonostante l'espressa richiesta di presenziarvi e per essere stato sentito dal magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione in assenza del difensore, non avvisato).

    Cass. pen., sez. II, 24 luglio 1999, n. 9563 (ud. 5 luglio 1999), Pedrini. (C.p.p., art. 599). [RV214262]


@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Condizioni

Il giudice d'appello ha l'obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconducibile alla violazione del diritto alla prova, non esercitato non per inerzia colpevole, ma per forza maggiore o per la...

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