Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine837-848

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Illegittimi in fognatura

Nel caso di scarico illegittimo in fognatura, il luogo di consumazione del reato è costituito da quello dell'innesto in fognatura, perché in esso si realizza l'azione criminosa e dal punto di vista civilistico comincia il fenomeno di produzione e diffusione del danno ambientale. Pertanto non occorre un rigoroso accertamento del luogo di sbocco dello scarico finale della fognatura per ritenere sussistente il danno e per poterlo riferire al Comune, titolare della fognatura.

    Cass. pen., sez. III, 21 febbraio 2000, n. 1928 (ud. 22 dicembre 1999), Manzoni M. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 17 maggio 1999, n. 152, art. 51). [RV215757]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Illegittimi nelle pubbliche fognature

Lo scarico nella pubblica fognatura (sistema di condotte per la raccolta ed il convogliamento delle acque reflue urbane) se illegittimo, è di per sé idoneo a cagionare danno ad un bene del comune ed a rendere più difficile la depurazione finale. Tale scarico si ripercuote, infatti, comunque sul territorio interessato dalla fognatura, e si determina un danno ingiusto di natura civile, come tale risarcibile.

    Cass. pen., sez. III, 21 febbraio 2000, n. 1928 (ud. 22 dicembre 1999), Manzoni M. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 17 maggio 1999, n. 152). [RV215755]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Superamento dei limiti di accettabilità

Il reato di cui all'art. 21, 3 comma, legge 10 maggio 1976, n. 319, ed ora quello equivalente di cui all'art. 51 del D.L.vo 17 maggio 1999, n. 152, costituisce reato di pericolo, che prescinde dalla prova concreta di un danno. L'inquinamento è considerato presunto dal legislatore allorché siano stati superati determinati valori limite di emissione: al di sotto dei limiti l'inquinamento è ritenuto accettabile dal sistema legale, mentre quando sia superata la soglia di accettabilità viene commesso il reato.

    Cass. pen., sez. III, 21 febbraio 2000, n. 1928 (ud. 22 dicembre 1999), Manzoni M. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 17 maggio 1999, n. 152, art. 51). [RV215756]


@Animali - Importazione ed esportazione - Detenzione di animali appartenenti a specie protette - Importazione irregolare

L'art. 1 della legge n. 150 del 1992, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 59 del 1993, nel punire chi, in violazione di quanto disposto dal D.M. 31 dicembre 1983, detiene animali di specie protetta, non richiede affatto che la detenzione sia finalizzata alla vendita, essendo sufficiente che la detenzione di tali animali sia frutto di una importazione illegittima.

    Cass. pen., sez. III, 1 marzo 2000, n. 2598 (ud. 14 gennaio 2000), Caccavari A. (L. 7 febbraio 1992, n. 150, art. 1; L. 13 marzo 1993, n. 59, art. 1). [RV215711]


@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Prove preesistenti o concomitanti al giudizio di primo grado

In tema di rinnovazione della istruzione dibattimentale in sede di appello, l'art. 603 c.p.p. reca diversità di previsione, a seconda che si tratti di prove preesistenti o concomitanti al giudizio di primo grado, emerse in un diverso contesto temporale o fenomenico, ovvero di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio. Nel primo caso, il giudice di appello deve disporre la rinnovazione della istruzione dibattimentale solo se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti; nel secondo, deve rinnovare l'istruzione, osservando i soli limiti del diritto alla prova e dei requisiti della stessa. (Nella fattispecie, l'imputato aveva, in grado di appello, chiesto la assunzione di testimonianza di persona, la quale aveva, dopo il giudizio di primo grado, riferito di essere a conoscenza di circostanze dalle quali poteva desumersi la falsità della deposizione resa in giudizio dalla P.O. La Corte di appello aveva rigettato la richiesta, assumendo che essa era relativa a circostanza di fatto del tutto nuova e contrastante con elementi di prova già acquisiti in primo grado. La Suprema Corte, enunciando il principio sopra riportato, ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado).

    Cass. pen., sez. V, 1 febbraio 2000, n. 1075 (ud. 17 dicembre 1999), Lavista M. (C.p.p., art. 190; c.p.p., art. 190 bis; c.p.p., art. 495; c.p.p., art. 603). [RV215772]


@Appello penale - Nullità (Questioni di) - Difetto della motivazione - Potere del giudice d'appello

Il potere di annullamento del provvedimento gravato, tipico della giurisdizione di legittimità, è esercitato in appello nei soli casi previsti dall'art. 604 c.p.p., ed al di fuori di queste ipotesi tassative, in cui non trova collocazione quella della carenza, sia pur totale, della motivazione, si applicano i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, in forza dei quali è riconosciuto al giudice di secondo grado il potere di sostituirsi, nella valutazione del fatto, al giudice di primo grado, mediante la correzione, la integrazione e persino la integrale redazione della motivazione.

    Cass. pen., sez. V, 29 marzo 2000, n. 727 (c.c. 9 febbraio 2000), Gemignani. (C.p.p., art. 597; c.p.p., art. 604). [RV215726]


@Appello penale - Sentenza - Motivazione per relationem - Ammissibilità

È legittima la motivazione della sentenza di secondo grado che, disattendendo le censure dell'appellante, si uniformi, sia per la "ratio decidendi", sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal primo giudice, soprattutto se la consistenza probatoria di essi è così prevalente e assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione. Nell'ipotesi in cui siano dedotte questioni già esaminate e risolte, oppure questioni generiche, superflue o palesemente inconsistenti, il giudice dell'impugnazione può motivare "per relationem" e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati.

    Cass. pen., sez. V, 23 marzo 2000, n. 3751 (ud. 15 febbraio 2000), Re Carlo. (C.p.p., art. 546; c.p.p., art. 605). [RV215722]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Determinazione - Errore nel calcolo

In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si ha un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del P.M., non può porre riparo, né con le formalità di cui agli artt. 130, 619 c.p.p., perché si versa in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena; né inPage 838 osservanza all'art. 1 c.p. ed in forza del compito istituzionale proprio della Corte di cassazione di correggere le deviazioni da tale disposizione: ciò in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità la illegalità della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno e non in vantaggio dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della "reformatio in peius" (enunciato per il giudizio di appello, ma espressione di un principio generale, valevole anche per il giudizio di cassazione).

    Cass. pen., sez. V, 29 marzo 2000, n. 771 (c.c. 15 febbraio 2000), P.M. in proc. Bosco. (C.p.p., art. 130; c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 619). [RV215727]


@Atti e provvedimenti del giudice penale - Correzione di errori materiali - Sentenza della Cassazione - Fattispecie

In tema di correzione di errore materiale, la regola generale in base alla quale non è consentita tale correzione quando essa si risolverebbe nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta, non può ritenersi operante, in sede di legittimità, nel caso in cui la Cassazione abbia emanato un provvedimento che, senza l'errore materiale in cui essa è stata indotta, non avrebbe potuto essere emesso, per difetto dei poteri di cognizione o decisione. È pertanto emendabile con la procedura ex art. 130 c.p.p. l'errore materiale o l'omissione della Corte di cassazione determinati dal mancato inserimento nel fascicolo processuale (da parte della cancelleria del giudice "a quo" o "ad quem") di atti ritualmente presentati dalle parti, atti incidenti sui predetti poteri di cognizione e decisione. (Nella fattispecie, la Corte ha proceduto alla correzione di sua precedente sentenza, pronunciata a seguito di impugnazione, a suo tempo, proposta dal Procuratore generale presso una Corte di appello, il quale aveva poi, tempestivamente, rinunciato al ricorso, con apposita dichiarazione, che, tuttavia, non era stata inserita nel fascicolo inviato alla Suprema Corte. La Cassazione, nell'enunciare il principio sopra riportato, ha corretto la propria precedente pronunzia, dichiarando inammissibile il predetto ricorso del Procuratore generale).

    Cass. pen., sez. V, 24 febbraio 2000, n. 6093 (c.c. 15 dicembre 1999), P.G. in proc. Cervetti R. (C.p.p., art. 130; c.p.p., art. 606; c.p.p., art. 615). [RV215775]


@Cassazione penale - Motivi di ricorso - Mancata assunzione di prova decisiva - Decisività della prova

L'assunzione di una prova può ritenersi decisiva, e quindi la mancata acquisizione di essa integra violazione rilevante sotto il profilo dell'art. 606, comma 1, lett. d), c.p.p., solo se abbia, in una valutazione "ex ante" che il giudice di merito deve necessariamente operare, la potenzialità di sovvertire il valore degli altri elementi probatori utilizzati o ancora utilizzabili, nel senso che, ove l'assunzione sia richiesta dall'imputato, la stessa abbia l'attitudine ad infirmare i dati favorevoli all'accusa, convalidando, ad esempio, l'alibi difensivo.

    Cass. pen., sez. II, 3 marzo 2000, n. 2689...

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