Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1189-1205

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abuso d'ufficio - Elemento oggettivo - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Fattispecie

Ricorrono gli estremi del reato di abuso di ufficio nel comportamento del vigile urbano che elevi contravvenzione a un soggetto e non a un altro se si siano resi entrambi autori della medesima infrazione al codice della strada (divieto di sosta). L'abuso di ufficio nella formulazione della norma dell'art. 323 c.p. conseguente alla entrata in vigore dell'art. 1 della L. 16 luglio 1997, n. 234, può, infatti, realizzarsi anche con un comportamento omissivo. D'altra parte, la violazione di legge va ravvisata nella inosservanza dell'art. 11, comma primo, lett. a) del codice della strada, che fa obbligo ai soggetti indicati nell'art. 12 dello stesso codice (tra i quali gli appartenenti alla polizia municipale) di procedere alla prevenzione e all'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e di contestare la violazione; mentre l'ingiusto vantaggio patrimoniale a favore del soggetto al quale non è stata elevata la contravvenzione è ravvisabile nella esenzione illegittima dal pagamento della somma portata dalla violazione amministrativa. (Nel confermare la decisione dei giudici di merito, la Corte ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza impugnata anche nel punto in cui ha desunto il dolo intenzionale dal fatto che il soggetto al quale non era stata elevata la contravvenzione era il proprietario del locale antistante il luogo ove era posto il divieto).

    Cass. pen., sez. VI, 23 dicembre 1999, n. 14641 (ud. 22 novembre 1999), Battista P.A. e altro. (C.p., art. 323; nuovo c.s., art. 11). [RV216325]


@Abuso d'ufficio - Elemento psicologico - Ingiusto vantaggio patrimoniale - Fattispecie

In tema di abuso di ufficio, il vantaggio patrimoniale considerato dall'art. 323 c.p. tra gli elementi essenziali della fattispecie va inteso avendo riguardo al complesso dei rapporti giuridici a carattere patrimoniale a cui si dà vita per effetto dell'atto antidoveroso dell'agente. (Fattispecie in cui si è ritenuto integrato il vantaggio patrimoniale a seguito dell'abusivo rilascio di una autorizzazione all'esercizio di un'attività commerciale).

    Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 1999, n. 12944 (ud. 5 ottobre 1999), Antonini ed altri. (C.p., art. 323). [RV216396]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Concessione edilizia rilasciata in violazione del piano comprensoriale urbanistico - Configurabilità del reato

Il rilascio della concessione edilizia in violazione dello strumento urbanistico generale (che subordinava l'utilizzazione delle aree di causa alla previa formazione dello strumento attuativo) lede il combinato disposto degli artt. 1 e 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e 331 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che prescrive la conformità della stessa concessione alle previsioni dello strumento urbanistico in vigore nel territorio comunale. Sicché la condotta illecita del sindaco che violi dette disposizioni si configura, senza che si possa ritenere violato il principio di stretta legalità vigente in materia penale, come violazione di legge in quanto le prescrizioni di piano alle quali detta legge si richiama rappresentano solo dei presupposti di fatto della violazione della legislazione surrichiamata in materia di concessione edilizia, violazione che integra un elemento costitutivo della fattispecie di cui all'art. 323 c.p.

    Cass. pen., sez. VI, 1 dicembre 1999, n. 13794 (ud. 6 ottobre 1999), Callaci P. ed altro. (C.p., art. 323; L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31; L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4; L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 1). [RV216375]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Omessa valutazione dei titoli presentati dal candidato ad un concorso - Configurabilità del reato

In tema di abuso d'ufficio, la violazione di norme di leggi o di regolamento contemplata dalla fattispecie di cui all'art. 323 c.p. non può essere integrata dall'inosservanza delle disposizioni inserite nel bando di concorso il quale è atto amministrativo e, quindi, fonte normativa non riconducibile a quelle tassativamente indicate dal successivo art. 323 ("id est" legge o regolamento). Sicché nel caso di mancata valutazione obiettiva dei candidati, la norma, penalmente rilevante risiede nella legge 29 marzo 1983, n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego) che si applica a tutte le pubbliche amministrazioni (Art. 1), che all'art. 20 stabilisce che il reclutamento dei pubblici dipendenti avviene mediante concorso e che questo consiste nella valutazione obiettiva del merito dei candidati, accertato mediante l'esame dei titoli e/o delle prove selettive. (Fattispecie in cui la Suprema Corte - in applicazione del principio di cui in massima - ha ritenuto la sussistenza del reato di cui all'art. 323 c.p. nella condotta del commissario di esame di un pubblico concorso che, a fronte del risultato sostanzialmente equivalente della prova orale sostenuta da due candidati assegnò due al primo e otto al secondo e che al momento della valutazione dei titoli, rilevato che il primo vantava una copiosa produzione mentre il secondo ne era completamente privo, rifiutò di prendere in esame i medesimi titoli).

    Cass. pen., sez. III, 1 dicembre 1999, n. 13795 (ud. 19 ottobre 1999), Petrignano F. (C.p., art. 323; L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 1). [RV216376]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Superamento dei limiti di accettabilità

In tema di reato di scarico oltre i limiti tabellari, la circostanza che il legale rappresentante dell'azienda non si sia mai occupato delle questioni tecniche inerenti ad essa, non determina esonero da responsabilità ma costituisce omissione censurabile sotto il profilo della responsabilità per colpa. Ciò anche alla luce della nuova normativa introdotta con il D.L.vo n. 152 del 1999 la quale, introducendo criteri complessivamente piseveri rispetto a quella precedente (art. 21, comma 3, L. 319 del 1976), con riguardo al profilo soggettivo fa riferimento a "chiunque" si renda responsabile dello scarico irregolare, rivestendo un ruolo nell'azienda, ed estende anche al gestore dei depuratori la responsabilità per colpa. Sicché la "grave negligenza" del gestore dell'impianto di depurazione non attiene al profilo della consapevolezza e volontarietà del comportamento (già coperto dal termine dolo) ma a quei comportamenti che positivamente si richiedono a soggetti qualificati che gestiscono strutture complesse e che violano in modo grave il dovere di diligenza ove non adottino tutte le misure tecniche idonee ad evitare il superamento dei limiti tabellari.

    Cass. pen., sez. III, 3 dicembre 1999, n. 13867 (ud. 8 novembre 1999), Finocchi A. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59). [RV216379]


@Amnistia, indulto e grazia - Amnistia - Determinazione della pena - Minore degli anni diciotto

Nel computo della pena detentiva stabilita per ciascun reato ai fini dell'applicazione dell'amnistia elargita con D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, anche la diminuente prevista dall'art. 98, comma primo, c.p. va calcolata nella sua estensione minima di un giorno. (Fattispecie nella quale è stata esclusa, "in executivis", l'applicabilità dell'amnistia al reato di cui all'art. 71, comma quarto, della legge n. 685 del 1975, commesso da minore).

    Cass. pen., sez. I, 26 giugno 2000, n. 2112 (c.c. 21 marzo 2000), Lombardi. (C.p., art. 98; D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75). [RV216276]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Benefici - Richiesta di revoca

È illegittima la sentenza di appello che disattenda la censura proposta dall'imputato, concernente la richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, applicata di ufficio dal giudice di primo grado, motivata con il rilievo della riferibilità del beneficio a pena pecuniaria derivante dalla sostituzione di corrispondente pena detentiva, sussistendo l'interesse alla sua eliminazione.

    Cass. pen., sez. I, 23 giugno 2000, n. 7379 (ud. 11 maggio 2000), Terra. (C.p., art. 163; c.p.p., art. 568; c.p.p., art. 593). [RV216274]


@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Procedimento - Accordo sulla misura della pena

Allorché l'appellante concorda con il procuratore generale la misura della pena, ai sensi dell'articolo 599, comma quarto, c.p.p., rinunciando a tutti gli altri motivi di impugnazione, non può poi dolersi della omessa o illogica motivazione in ordine ai motivi oggetto della rinuncia. Ed invero, la rinuncia ad alcuni dei motivi d'appello ha per effetto di ridurre l'effetto devolutivo dell'appello ai motivi residui non rinunciati, con l'ulteriore conseguenza di precludere, ai sensi del terzo comma dell'articolo 606 c.p.p., la deduzione in sede di legittimità dei motivi rinunciati, a meno che non riguardino questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo ex articolo 609, comma secondo, c.p.p.

    Cass. pen., sez. V, 16 febbraio 2000, n. 5893 (c.c. 6 dicembre 1999), Agrimi. (C.p.p., art. 599; c.p.p., art. 606; c.p.p., art. 609). [RV216266]


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@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Rinuncia ai motivi d'appello - Inammissibilità del ricorso per cassazione

Alla rinuncia ai motivi di appello ai sensi dell'art. 599 c.p.p. consegue la inammissibilità del ricorso per cassazione fondato sulla riproposizione degli stessi motivi che sono stati oggetto del patteggiamento in appello. (Nella specie la Corte ha dichiarato inammissibile l'impugnazione relativa alla violazione dell'art. 178 c.p.p. per non avere il difensore ricevuto notifica in merito alla trattazione del processo di primo grado, già dedotta come motivo di appello).

    Cass. pen., sez. III, 21 aprile 2000, n. 4946 (ud. 16 dicembre 1999), Taullaj K. (C.p.p., art. 599). [RV216347]


@Appello penale -...

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