Massimario di legittimità

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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Abuso d'ufficio - Elemento oggettivo - Violazione di norme procedurali - Inconfigurabilità del reato.

In tema di abuso di ufficio, vengono in rilievo solo le violazioni di norme che si trovino in diretto rapporto causale con il vantaggio o il danno previsti dall'art. 323 c.p., norme che, essendo, specificamente orientate a vietare il comportamento sostanziale del soggetto pubblico, dispiegano i loro effetti su posizioni soggettive. Non integrano pertanto l'elemento materiale del delitto sopra indicato quei comportamenti che si sostanziano nella inosservanza di norme procedurali, destinate a svolgere la loro funzione solo all'interno del procedimento, senza incidere sulla fase declaratoria di composizione del conflitto di interessi materiali, oggetto della valutazione amministrativa. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto non integrare il reato di abuso di ufficio il comportamento di un soggetto, componente di una commissione esaminatrice, che aveva immotivatamente e reiteratamente fatto rinviare lo svolgimento di prova di esami, allo scopo di favorire un determinato candidato).

    Cass. pen., sez. VI, 5 agosto 1999, n. 9961 (ud. 28 aprile 1999), Nacci A. ed altri. (C.p.p., art. 323). [RV214180]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Capi della sentenza e punti della decisione - Effetto devolutivo.

In tema di giudizio di appello, la preclusione conseguente all'effetto devolutivo della impugnazione inerisce ai punti della sentenza non investiti dai motivi di gravame, ma non riguarda le argomentazioni giuridiche sviluppate a sostegno della decisione. Invero il giudice di secondo grado può, nell'ambito dei punti impugnati, procedere a nuova valutazione del materiale probatorio raccolto, indipendentemente dall'iter logico-argomentativo seguito dal giu- dice di primo grado. (Fattispecie in tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico in cui il giudice di appello, dissentendo dalla dichiarazione di inutilizzabilità fatta dal pretore in ordine a documentazione acquisita, ha confermato la sentenza di condanna appellata dal solo imputato).

    Cass. pen., sez. V, 1 settembre 1999, n. 10381 (ud. 8 giugno 1999), Sambucci R. (C.p.p., art. 515). [RV214297]

@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Punto della decisione - Nozione.

Ai fini dell'individuazione dell'ambito di cognizione attribuito al giudice di secondo grado dall'art. 597, primo comma, c.p.p., per punto della decisione deve ritenersi quella statuizione della sentenza che può essere considerata in modo autonomo, non anche le argomentazioni esposte in motivazione, che riguardano il momento logico e non già quello decisionale del procedimento. Ne deriva che, in ordine alla parte della sentenza suscettibile di autonoma valutazione che riguarda una specifica questione decisa in primo grado, il giudice dell'impugnazione può pervenire allo stesso risultato cui è pervenuto il primo giudice anche sulla base di considerazioni e argomenti diversi da quelli considerati dal primo giudice o alla luce di dati di fatto non valutati in primo grado, senza, con ciò, violare il principio dell'effetto parzialmente devolutivo dell'impugnazione.

    Cass. pen., sez. I, 22 settembre 1999, n. 10795 (ud. 25 giugno 1999), Gusinu ed altri. (C.p.p., art. 597). [RV214111]

@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Carattere generale del principio.

Il divieto della reformatio in peius è un principio di portata generale che opera anche nel giudizio di rinvio; qualora la sentenza di appello sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali tale divieto deve essere rispettato solo in relazione alla sentenza di primo grado, non avendo determinato quella di secondo grado il consolidamento di alcuna posizione di carattere sostanziale. (Fatti- specie in cui la sentenza di appello, che aveva ridotto la pena inflitta in primo grado, era stata cassata per nullità derivante dalla omessa citazione dell'imputato al dibattimento).

    Cass. pen., sez. VI, 27 agosto 1999, n. 10251 (ud. 25 giugno 1999), Scardamaglia B. (C.p.p., art. 597; c.p.p., art. 627). [RV214386]

@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Procedimento - Imputato detenuto fuori della circoscrizione del giudice d'appello.

Nel giudizio camerale in grado di appello (art. 599 c.p.p.), l'imputato detenuto in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice che procede non ha diritto di essere presente all'udienza ma può soltanto richiedere di essere sentito dal magistrato di sorveglianza della circoscrizione del luogo di detenzione; né, per tale audizione, la normativa vigente prevede - al contrario di quanto accade nel procedimento camerale de libertate - che sia dato avviso al difensore: il magistrato di sorveglianza, infatti, si limita a raccogliere le dichiarazioni dell'imputato destinate ad essere successivamente valutate nel giudizio, ed in tale sede il difensore può svolgere eventuali osservazioni e difese. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale l'imputato aveva dedotto la nullità per non essere stato tradotto in udienza nonostante l'espressa richiesta di presenziarvi e per essere stato sentito dal magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione in assenza del difen- sore, non avvisato).

    Cass. pen., sez. II, 24 luglio 1999, n. 9563 (ud. 5 luglio 1999), Pedrini. (C.p.p., art. 599). [RV214262]

@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Condizioni.

Il giudice d'appello ha l'obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconduci- bile alla violazione del diritto alla prova, non esercitato non per inerzia colpevole, ma per forza maggiore o per la sopravvenienza della prova dopo il giudizio, e quando infine la sua ammissione sia stata irragionevolmente negata dal giudice di primo grado; in tutti gli altri casi la rinnovazione del dibattimento è rimessa al potere del giudice, la cui discrezionalità è vincolata dalla impossibilità di una decisione allo stato degli atti, ma che è tenuto a dar conto delle ragioni del rifiuto quanto meno in modo indiretto, dimostrando in positivo la sufficiente consistenza e la assorbente concludenza delle prove già acquisite.

    Cass. pen., sez. VI, 28 settembre 1999, n. 11082 (ud. 27 maggio 1999), Gerina e altri. (C.p.p.,art. 603). [RV214334]

@Appello penale - Incidentale - Della parte civile contro il capo della sentenza che riguarda l'azione civile - Ammissibilità.

Poiché l'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale, giusta la precisazione delimitativa dell'art. 574, comma 4, c.p.p., estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se quest'ultima dipende dal capo o dal punto gravato, impedendone la parziale irrevocabilità, è legittimamente proponibile dalla persona offesa costituita parte civile l'appello incidentale contro il capo della senten- Page 198 za di condanna che riguarda l'azione civile e l'entità del danno risarcibile; la parte della sentenza investita dell'appello incidentale risulta infatti logicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell'impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa.

    Cass. pen., sez. III, 31 agosto 1999, n. 10308 (ud. 3 agosto 1999), Protti. (C.p.p., art. 574). [RV214271]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Presupposti - Unicità di processo per distinti reati non unificati - Possibilità di separati patteggiamenti.

In tema di patteggiamento, laddove più reati non siano unificati sotto il vincolo della continuazione e vengano giudicati distintamente, in processi separati o nello stesso processo, l'imputato ha la possibilità di accedere a distinti patteggiamenti, sempre che per ciascuno di essi sia rispettato il tetto dei due anni di pena detentiva a norma dell'art. 444 c.p.p., e conseguentemente di subordinare alla concessione del beneficio della sospensione della pena uno solo di essi al fine di non superare il tetto massimo stabilito dall'art. 163 c.p. in caso di cumulo con analogo precedente beneficio. (Nella specie con la stessa sentenza erano state applicate su richiesta delle parti due pene distinte per il delitto di omicidio colposo e per le contravvenzioni alle norme sulla prevenzione degli infortuni, con sospensione solo della pena per il delitto).

    Cass. pen., sez. IV, 21 luglio 1999, n. 2275 (c.c. 30 giugno 1999), Morganella. (C.p., art. 163; c.p.p., art. 444). [RV214253]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Richiesta - Nel corso del giudizio di legittimità - Ammissibilità.

Nel giudizio di legittimità è consentito all'imputato ed al pubblico ministero formulare davanti al collegio, nei preliminari dell'udienza, una richiesta di applicazione della pena concordata ancorché sulla precedente diversa proposta del medesimo imputato non sia intervenuto il consenso della parte pubblica; e ciò in quanto la nuova richiesta deve considerarsi ammissibile ed efficace essendo decaduta, per il mancato assenso dell'ufficio requirente, solo la precedente prospettazione come tale e non già la manifestazione di volontà di esercitare la facoltà accordata dall'art. 3 della legge 19 gennaio 1999 n. 14.

    Cass. pen., sez. II, 28 settembre 1999, n. 2241 (c.c. 11 maggio 1999), Pulci. (C.p.p., art. 599; L. 19 gennaio 1999, n. 14, art. 3). [RV214364]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Impugnazioni - Ricorso per cassazione.

L'annullamento in sede di legittimità della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, implicando l'esclusione della validità dell'accordo...

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