Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine587-601

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abuso d'ufficio - Elemento oggettivo - Violazione di legge - Fattispecie

Non integra una violazione di legge rilevante ai fini della configurabilità del reato di abuso d'ufficio l'emanazione del provvedimento sindacale con il quale sia stata pronunciata la decadenza dell'avente titolo di preferenza alla gestione di un dispensario farmaceutico, ai sensi dell'art. 1, comma 4, legge 8 marzo 1968 n. 221, per la mancata adesione alle condizioni richieste dall'autorità amministrativa nel termine di trenta giorni di cui all'art. 9 D.P.R. 21 agosto 1971 n. 1275, e la successiva assegnazione dell'esercizio commerciale a un farmacista legittimato solo in subordine alla rinuncia del primo, poiché la disposizione da ultimo richiamata attribuisce, in via presuntiva, valore di rinuncia al mancato adempimento alle richieste del sindaco entro il termine stabilito. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio, ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p., la sentenza che aveva ritenuto sussistente nel caso di specie il reato di cui all'art. 323 c.p.).

    Cass. pen., sez. VI, 15 gennaio 2001, n. 273 (ud. 24 ottobre 2000), Franzoso P. (C.p., art. 323; L. 8 marzo 1968, n. 221, art. 1; D.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275, art. 9; c.p.p., art. 129). [RV217803]


@Abuso d'ufficio - Estremi - Provvedimenti del sindaco - Fattispecie

Integra il reato di abuso di ufficio di cui all'art. 323 c.p. (nella formulazione introdotta dall'art. 1 della L. 16 luglio 1997, n. 234) la condotta del sindaco che prescriva, con ordinanza (motivata, nella specie, con ragioni di igiene), la costruzione di un manufatto, pertinente ad altro, per il quale non possa essere rilasciata l'autorizzazione edilizia richiesta dall'interessato in quanto non consentita dalle previsioni del piano regolatore.

    Cass. pen., sez. VI, 5 settembre 2000, n. 9422 (ud. 15 giugno 2000), M. Matera. (C.p., art.323; L. 16 luglio 1997, n. 234, art. 1; L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4). [RV217751]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Da depuratore

In materia di tutela delle acque dall'inquinamento lo scarico da depuratore non ha una propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati; ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti a natura mista, ed i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane, per cui agli stessi si applicano le disposizioni previste dall'art. 54, commi 1 e 2, del D.L.vo n. 252 del 1999 (che contemplano illeciti amministrativi) e non le disposizioni penali di cui all'art. 59, commi 1 e 5 dello stesso decreto.

    Cass. pen., sez. III, 12 ottobre 2000, n. 2884 (c.c. 21 settembre 2000), Dallo G. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 54; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59). [RV217776]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Reflui provenienti da allevamento zootecnico

In tema di inquinamento idrico, i reflui provenienti da un'azienda di allevamento zootecnico sono da classificare come «acque reflue industriali», alla luce sia dell'articolo 2, lettera h), della legge n. 152 del 1999 che del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, sicché alla richiesta di utilizzazione agronomica dell'allevamento si accompagna l'obbligo - penalmente sanzionato - di munirsi dell'autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali provenienti dall'installazione produttiva dell'allevamento.

    Cass. pen., sez. III, 13 novembre 2000, n. 11538 (ud. 25 settembre 2000), Vecchiolini. (L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21; D.L.vo 18 agosto 2000, n. 258; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152). [RV217761]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Tensioattivi

Lo scarico in pubblica fognatura di tensioattivi provenienti dall'esercizio di un autolavaggio, costituente reato ai sensi dell'art. 21, comma 3, della legge 5 ottobre, n. 319 del 1976, non è più considerato tale dalla jus superveniens costituito dal D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, il cui art. 59 prevede come reato lo scarico di acque reflue industriali e l'immissione occasionale che superi i valori-limite indicati nella tabella 3 dell'allegato n. 5, in relazione alle sostanze indicate nella tabella n. 5, nell'elenco della quale non figurano i tensioattivi.

    Cass. pen., sez. III, 30 ottobre 2000, n. 11104 (ud. 21 settembre 2000), Nella V. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59; L. 10 maggio 1976, n. 319, art. 21). [RV217758]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reato colposo - Indagine sulla condotta del coimputato assolto in primo grado

Nel procedimento per reato colposo, la sentenza che assolve uno o più coimputati non ha autorità di cosa giudicata nei confronti degli altri; pertanto, nella fase di appello, instaurata a seguito di impugnazione dell'imputato condannato, non è preclusa al giudice l'indagine sulla condotta del soggetto assolto, sia ai fini dell'accertamento della responsabilità esclusiva o del concorso di colpa, sia ai fini della determinazione della pena, restando, comunque, improduttiva di effetti giuridici la decisione di secondo grado nei confronti degli imputati irrevocabilmente assolti.

    Cass. pen., sez. IV, 1 dicembre 2000, n. 12472 (ud. 15 giugno 2000), Pellegrini G. (C.p., art. 43; c.p., art. 590; c.p.p., art. 515). [RV217946]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Reformatio in peius - Condotta punita alternativamente a titolo di dolo o colpa

In tema di impugnazioni, non costituisce reformatio in pejus, la sentenza del giudice di appello che, pur in presenza di gravame prodotto dal solo imputato, lo ritenga responsabile a titolo di dolo e non - come in primo grado - di colpa, senza per questo aggravare il trattamento sanzionatorio, atteso che, per espressa indicazione dell'art. 597 comma 3 c.p.p., il giudice di secondo grado può dare al fatto, nei limiti del devoluto e senza incidere sulla pena, una definizione giuridica più grave, purché, in tal modo, non superi la competenza del giudice di primo grado. (Fattispecie in tema di bancarotta semplice documentale).

    Cass. pen., sez. V, 8 agosto 2000, n. 8932 (ud. 9 giugno 2000), Disnan G.F. (C.p.p., art. 597). [RV217726]


@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Prove documentali

Il principio dell'identità del giudice che ha disposto l'acquisizione della prova con quello che ha proceduto all'assunzione della stessa - il quale costituisce specificazione del più generale principio dell'immutabilità del giudice sancito dall'art. 525 c.p.p. - non è violato nel caso in cui il giudice di appello acquisisca e valuti prove documentali di cui sia stata disposta l'acquisizione in precedenza del medesimo organo collegiale diversamente composto. E ciò in quanto le prove documentali, quali prove precostituite, possono essere acquisite indipendentemente dalla preventiva adozione di un formale provvedimento di rinnovazione parziale del dibattimento e di acquisizione delle stesse sicché deve considerarsi irrilevante il provvedimento di acquisizione in precedenza disposto dallo stesso organo giudicante diversamente composto.

    Cass. pen., sez. VI, 5 settembre 2000, n. 9446 (ud. 10 luglio 2000), D'Ambrosio e altro. (C.p.p., art. 495; c.p.p., art. 525; c.p.p., art. 603). [RV217933]


@Appello penale - Incidentale - Del pubblico ministero - Nei confronti di coimputati non appellanti

L'art. 595 c.p.p. deve essere interpretato nel senso che l'appello incidentale del P.M. presuppone l'appello principale di uno degli imputati e può essere rivolto anche nei confronti dei coimputati non appellanti, ma produce effetti sfavorevoli solo nei confronti di quelli che partecipino al giudizio. Al contrario, gli eventuali effetti favorevoli si applicano, comunque, agli altri imputati ai sensi dell'art. 587 c.p.p.

    Cass. pen., sez. VI, 27 settembre 2000, n. 10259 (ud. 22 maggio 2000), P.G. in proc. Taffo L. e altro. (C.p.p., art. 587; c.p.p., art. 595). [RV217714]


@Appello penale - Nullità (Questioni di) - Rinnovazione di atti nulli - Atti inutilizzabili

Il giudice d'appello, a norma del quinto comma dell'articolo 604 c.p.p., può ordinare la rinnovazione degli atti nulli solo quando la sentenza di primo grado sia fondata su atti affetti da una delle invalidità previste dagli artt. 179 e 180 c.p.p., mentre deve escludersi che possa ricorrervi in presenza di prove inutilizzabili perché illegittimamente acquisite. (Nella specie la Corte ha ritenuto che i giudici d'appello non potessero provvedere alla rinnovazione di una prova testimoniale illegittimamente utilizzata per la decisione dal giudice di primo grado mediante lettura non consentita).

    Cass. pen., sez. III, 3 agosto 2000, n. 8828 (ud. 24 maggio 2000), Iodice. (C.p.p., art. 604; c.p.p., art. 179; c.p.p., art. 180). [RV217800]


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@Appello penale - Provvedimenti appellabili e inappellabili - Pronuncia su impugnazione di sentenza inappellabile - Ricorso per cassazione

Nel caso in cui il giudice di secondo grado si sia erroneamente pronunziato sul gravame proposto avverso sentenza inappellabile e che tale sentenza sia stata poi, a sua volta, impugnata in sede di legittimità, la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata e ritenere il giudizio, qualificando l'originario gravame quale ricorso.

    Cass. pen., sez. V, 10 novembre 2000, n. 4016 (c.c. 19 settembre 2000), P.G. in proc. Contena. (C.p.p., art. 593; c.p.p., art. 569). [RV217738]


@Appello penale - Provvedimenti appellabili e inappellabili - Sentenze di condanna a sola pena pecuniaria - Inappellabilità

La norma di cui all'art. 593, terzo comma, c.p.p., secondo la quale sono inappellabili le sentenze di...

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