Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine761-782

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Abusivo esercizio di una professione - Elemento oggettivo - Attività di redazione di denunce a fini fiscali - Esclusione

Non integra l'elemento oggettivo del reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 c.p.), la compilazione delle denunce dei redditi e dell'Iva, atteso che queste attività non rientrano tra quelle riservate ai dottori commercialisti, e ai ragionieri, ai sensi dell'art. 1, lett. a), legge 28 dicembre 1952, n. 3060 e dell'art. 1 D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, dovendo considerarsi vietate solo quelle che, in deroga al principio costituzionale della libera esplicazione del lavoro, sono riservate - da un'apposita norma - alla professione considerata.

    Cass. pen., sez. VI, 2 aprile 2001, n. 13124 (ud. 14 febbraio 2001), Meloni A. (C.p., art. 348; L. 28 dicembre 1952, n. 3060, art. 1; D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, art. 1). [RV218306]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Autorizzazione

Lo scarico di acque reflue industriali effettuato senza autorizzazione integra il reato di cui all'art. 59, comma 1, del D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152, anche nel caso in cui venga effettuato in fognatura, atteso che la nuova normativa è finalizzata a conseguire obiettivi di qualità ambientale che presuppongono un controllo preventivo formale da parte della P.A., quale che sia la destinazione finale dello scarico.

    Cass. pen., sez. III, 1 febbraio 2001, n. 4021 (ud. 1 dicembre 2000), Arnaud J. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59). [RV218322]


@Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Scarico discontinuo

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento anche dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, permane la rilevanza penale dello scarico discontinuo di reflui, che sia pure qualificato dai requisiti della irregolarità, dell'intermittenza e della saltuarietà, risulti collegato ad un determinato ciclo produttivo industriale.

    Cass. pen., sez. III, 14 dicembre 2000, n. 12974 (ud. 7 novembre 2000), Lotti E. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152; D.L.vo 18 agosto 2000, n. 258). [RV218320]


@Antichità e belle arti - Cose di interesse artistico e storico - Reperti archeologici - Reato di impossessamento

La legge 1 giugno 1939 n. 1089 non esclude, ed anzi espressamente prevede e consente che i beni culturali possano essere posseduti sia dai così detti soggetti di collaborazione (regioni, province, comuni, enti riconosciuti), sia da privati, nei cui confronti l'autorità statale può emettere provvedimento di notifica, ovvero di esproprio, né porre, a carico dei privati stessi l'onere della dichiarazione di possesso o alcun altra incombenza; ne consegue che è illegittimo il provvedimento con il quale il giudice, assolvendo l'imputato dal reato di impossessamento di oggetti di interesse archeologico rinvenuti a seguito di ricerche, ordini la restituzione degli oggetti stessi alla Soprintendenza dei beni culturali, pur in assenza di qualsiasi manifestazione di volontà da parte del competente organo statale.

    Cass. pen., sez. V, 20 febbraio 2001, n. 6915 (ud. 19 dicembre 2000), Carotti P. (L. 1 giugno 1939, n. 1089). [RV218276]


@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Circostanze - Riconoscimento di una circostanza aggravante al fine di farne derivare la procedibilità di ufficio

La disposizione di cui al comma terzo dell'art. 597 c.p.p., che consente al giudice di appello, anche in presenza della sola impugnazione dell'imputato, e ferma restando la pena irrogata, di dare al fatto una qualificazione giuridica più grave, non consente tuttavia di riconoscere la esistenza di una circostanza aggravante, non ritenuta in primo grado, al fine di farne derivare la procedibilità del reato stesso; una tale eventualità, infatti, costituirebbe ipotesi di reformatio in peius, non consentita dalla mancata impugnazione del P.M.

    Cass. pen., sez. V, 15 marzo 2001, n. 10543 (ud. 24 gennaio 2001), P.G. in proc. Altomare N. (C.p.p., art. 597). [RV218328]


@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Sentenza di proscioglimento - Pericolosità sociale dell'imputato

Il giudizio di cognizione di appello del tribunale di sorveglianza in ordine alla pericolosità sociale dell'imputato, ritenuta dal giudice di primo grado con applicazione di misure di sicurezza personale contestuale al suo proscioglimento per incapacità di intendere e di volere, è limitato alla rivalutazione e al riesame degli stessi elementi di fatto acquisiti nel processo di primo grado, senza che rilevi l'eventuale mancanza di attualità della pericolosità sociale, che è presa in considerazione nella successiva fase esecutiva e non incide sulle sorti della provvisoria applicazione della misura di sicurezza frattanto disposta, suscettibile di revisione nel procedimento ex artt. 679 e 680 c.p.p.

    Cass. pen., sez. I, 5 marzo 2001, n. 8892 (c.c. 8 novembre 2000), Di Paolo. (C.p.p., art. 679; c.p.p., art. 680). [RV218288]


@Appello penale - Provvedimenti appellabili e inappellabili - Sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda - Questione di legittimità costituzionale

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma 3, c.p.p., per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dedotta nella parte in cui dispone l'inappellabilità delle sentenze di condanna per le contravvenzioni per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda nelle fattispecie in cui è prevista la pena alternativa, atteso che il diritto all'appello non è stato costituzionalizzato, sicché esso non può ritenersi imposto dall'art. 24 Cost., né la suddetta limitazione confligge con il principio di ragionevolezza desunto dall'art. 3 Cost., in quanto il legislatore può ragionevolmente escludere l'appello per il caso in cui il giudice abbia condannato il contravventore alla sola pena dell'ammenda e conservarlo per il caso in cui il giudice abbia irrogato la pena dell'arresto: la diversità di trattamento è giustificata dalla diversa valutazione giudiziaria della gravità del reato.

    Cass. pen., sez. III, 28 febbraio 2001, n. 8340 (ud. 18 dicembre 2000), Trapletti S. (C.p.p., art. 593). [RV218194]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Confisca - Esclusione

In caso di applicazione di pena concordata a norma dell'art. 444 c.p.p., la somma costituente il ricavato della cessione di sostanza stupefacente non è suscettibile di confisca, non essendo configurabile una delle ipotesi di cui all'art. 240 n. 2 c.p., né può costituire oggetto di restituzione in favore di chi ne è stato l'autore, in quanto costui è privo di un interesse giuridicamente tutelato a conseguirla, data la nullità, per contrarietà a norme imperative, dell'atto negoziale dal quale esso trae fondamento.

    Cass. pen., sez. I, 15 febbraio 2001, n. 6240 (c.c. 23 ottobre 2000), Paglionico e altro. (C.p., art. 240; c.p.p., art. 444). [RV218287]


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@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Richiesta - Per alcuni degli imputati - Processo cumulativo

In tema di patteggiamento, non viola gli artt. 444 e 445 c.p.p. la sentenza del pretore che, sulla richiesta di applicazione della pena formulata solo da alcuni degli imputati, esaurisca il dibattimento e pronunci, con un'unica decisione, la condanna di uno di essi e l'applicazione della pena, per gli altri, atteso che - i riferimenti contenuti nella sentenza di condanna in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, anche per coloro i quali avevano chiesto e ottenuto la pena concordata, non possono avere alcuna efficacia nei giudizi extrapenali, ai sensi dell'art. 654 c.p.p., in considerazione del fatto che coloro che hanno patteggiato la pena non rivestivano la qualità di imputato nel giudizio ordinario.

    Cass. pen., sez. IV, 12 marzo 2001, n. 9981 (ud. 29 novembre 2000), Leone L. (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 445; c.p.p., art. 654). [RV218196]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Aggravanti - Disponibilità di armi

In tema di aggravanti del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, perché ricorra quella di cui al quarto comma dell'art. 416 bis sotto il profilo del reinvestimento dei profitti in imprese non è sufficiente la mera dimostrazione dell'affiliazione del gruppo locale a «Cosa nostra» (nella sentenza di merito si affermava l'autonomia organizzativa e funzionale del clan rispetto alla più ampia organizzazione), mentre per la configurabilità di quella di cui al sesto comma non è sufficiente che uno degli associati disponga di un'arma, perché le armi devono essere a disposizione dei compartecipi del gruppo.

    Cass. pen., sez. VI, 20 ottobre 2000, n. 10800 (ud. 21 settembre 2000), Gattuso V. (C.p., art. 416 bis). [RV218408]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Aggravanti - Sussistenza

La circostanza aggravante, prevista dall'art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991 n. 203, nelle due differenti forme dell'impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati e della finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l'attività dell'associazione per delinquere di stampo mafioso, è configurabile anche con riferimento ai reati-fine commessi dagli appartenenti al sodalizio criminoso.

    Cass. pen., sez. un., 27 aprile 2001, n. 10 (ud. 28 marzo 2001), Cinalli e altri. (C.p., art. 416 bis; D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7). [RV218377]


@Associazione per delinquere - Associazione di tipo mafioso - Autonomia del reato associativo dai reati-fine - Prova dell'esistenza del reato associativo

In tema di associazione per delinquere (nella specie, di stampo mafioso) è consentito al giudice, pur...

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