Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine519-530

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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione: I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Appello civile - Citazione di appello - Specificità dei motivi - Inosservanza

Il requisito della specificità dei motivi dell'appello postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono. È quindi indispensabile che l'atto di appello contenga sempre tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione senza la possibilità di rinviare l'esposizione delle argomentazioni ad un momento successivo del giudizio o addirittura alla comparsa conclusionale, essendo l'atto di appello quello che fissa i limiti della controversia in sede di gravame ed esaurisce il diritto potestativo di impugnazione. La violazione di tale principio comporta la inammissibilità del gravame rilevabile anche d'ufficio e non sanabile per effetto dell'attività difensiva della controparte.

    Cass. civ., sez. II, 30 luglio 2001, n. 10401, Ciriotto c. Stefanutti. (C.p.c., art. 342). [RV548625]

@Appello civile - Poteri del collegio - Rimessione della causa al giudice di primo grado - Per nullità del giudizio di primo grado

È ammissibile l'impugnazione con la quale l'appellante si limiti a dedurre soltanto i vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.; nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cit., è necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l'appello fondato esclusivamente su vizi di rito, dovrà ritenersi inammissibile, oltre che per difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione.

    Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2001, n. 10288, Dam Milano c. Bar Edicola Cartoleria Di Magro. (C.p.c., art. 353; c.p.c., art. 354). [RV548560]

@Appello penale - Sentenze di condanna alla pena pecuniaria ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile - Provvedimenti appellabili e inappellabiliInappellabilità

Le sentenze con le quali sia stata irrogata la sola pena dell'ammenda sono e restano inappellabili, ai sensi dell'art. 593, comma 3, c.p.p., anche nell'ipotesi in cui contengano anche la condanna dell'imputato o del responsabile civile al risarcimento dei danni in favore della parte civile, senza che ciò dia luogo ad alcun fondato sospetto di illegittimità costituzionale della norma anzidetta, rispetto al principio di uguaglianza ed al diritto di difesa di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

    Cass. pen., sez. III, 6 luglio 2001, n. 27366 (ud. 23 maggio 2001), Feletto ed altro. (C.p.p., art. 593). [RV291985]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Determinazione - Reato continuato

In tema di patteggiamento, qualora la sentenza abbia ad oggetto più reati uniti per continuazione, la riduzione di pena ai sensi dell'art. 444, comma 1, c.p.p. va operata sulla pena complessiva applicata per i detti reati, ivi compreso anche l'aumento previsto dall'art. 81 cpv. c.p., per cui essa deve intendersi ripartita in egual misura percentuale fra tale aumento e la pena stabilita per la violazione più grave. Ne deriva che, in caso di ulteriore applicazione della continuazione in altra sede (nella specie, in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 671 c.p.p.), la pena inflitta per detta violazione, da prendere a base per il nuovo aumento (ove non risulti altra violazione di maggiore gravità), dev'essere individuata non in quella originariamente stabilita ma in quella ridotta nella misura percentualmente corrispondente alla riduzione a suo tempo apportatavi per il rito.

    Cass. pen., sez. I, 24 novembre 2001, n. 42738 (c.c. 6 novembre 2001), Braga. (C.p.p., art. 444; c.p., art. 81; c.p.p., art. 671). [RV220185]

@Assicurazione (Contratto di) - Assicurazione contro i danni - Limiti del risarcimento - Massimale

In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, l'obbligazione diretta dell'assicuratore (o dell'impresa designata alla liquidazione dei danni a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada) nei confronti del danneggiato trova un limite nel massimale di polizza (contrattuale o di legge), massimale superabile, peraltro, limitatamente alla rivalutazione ed agli interessi, tutte le volte in cui l'assicuratore colpevolmente adotti un comportamento ingiustificatamente dilatorio, poiché, in tal caso, il fatto costitutivo della pretesa del danneggiato alla corresponsione di una somma superiore al massimale stesso è rappresentato (per la parte ad esso eccedente) non già dal fatto illecito del responsabile del sinistro, bensì da quello dell'assicuratore stesso.

    Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2001, n. 9208, Durante ed altro c. Soc. Cattolica di Assicurazioni. (C.c., art. 1218; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22). [RV547983]

@Assicurazione obbligatoria - Assicuratore - Infrazione amministrativa ex art. 3 D.L. n. 857/1976 - Tardivo pagamento o tardiva offerta, da parte della compagnia assicurativa, del risarcimento

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli e natanti, l'ammontare della sanzione amministrativa, disposta dall'art. 3 D.L. n. 857 del 1976 convertito con modificazioni in legge n. 39 del 1977 per il caso in cui l'assicuratore provveda oltre il termine prescritto all'offerta o al pagamento (sia o meno in precedenza intervenuta sul punto una promessa al danneggiato), è previsto in misura pari all'ammontare della somma tardivamente versata, atteso che, dimostrando il pagamento tardivo la possibilità di una definizione stragiudiziale, si è inteso colpire il ritardo con una sanzione tale da renderlo non remunerativo, mentre il diverso ammontare della sanzione prevista nell'ipotesi in cui l'assicuratore non effettui alcuna offerta o pagamento trova giustificazione nel fatto che, ove si ritenga non dovuto il risarcimento, il vaglio della pretesa del danneggiato spetta al giudice che potrà, eventualmente, provvedere ai sensi del comma nono del citato art. 3 in caso di dolo o colpa grave dell'assicuratore, il cui silenzio, perciò, inteso come espressione di un ragionato rifiuto della pretesa risarcitoria, viene colpito da sanzione solo per la mancata enunciazione delle relative ragioni, che, ove palesate, avrebbero potuto impedire l'instaurarsi di una lite; nonPage 520 sussiste pertanto alcuna contraddizione nel diverso regime sanzionatorio previsto per le due infrazioni sopra considerate, né è configurabile l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 D.L. n. 852 citato, così come interpretato.

    Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2001, n. 9423, Soc. RAS c. Upica. (D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3). [RV548103]

@Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - Azione diretta nei confronti dell'assicuratore

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, ed in forza del combinato disposto degli artt. 19-29 della legge 24 dicembre 1969, n. 990; 9 e 13 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, (convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1977, n. 39), l'impresa designata, ex art. 20 della legge predetta, anticipa le somme necessarie per il ristoro dei danni nei limiti dei massimali obbligatori per legge (art. 21, ultimo comma, stessa legge) e, dopo aver effettuato il pagamento, ha diritto, in via di surroga (art. 29 cpv.), di inserire il relativo credito nella liquidazione coatta amministrativa dell'impresa obbligata in origine al risarcimento, e di ottenere altresì il rimborso, dal Fondo di garanzia, per il residuo non recuperato (art. 20, ultimo comma), dopo aver insinuato al passivo della procedura concorsuale la somma effettivamente versata al danneggiato (in caso di pagamento effettuato in ottemperanza di titolo giudiziale). Ne consegue che, prevedendo la legge, all'art. 25, l'opponibilità della sentenza all'impresa designata da parte del terzo danneggiato nei limiti del massimale, l'eventuale condanna a somme superiori, ed il conseguente pagamento di queste ultime da parte dell'impresa stessa, comportandone la facoltà di insinuazione al passivo della liquidazione coatta per dette somme, legittima l'impresa in liquidazione coatta all'impugnazione della sentenza che, nel pronunciare condanna in favore del danneggiato, abbia, in violazione di legge, dichiarato la sentenza stessa opponibile all'impresa designata oltre i limiti del massimale di legge.

    Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2001, n. 10394, Compagnia Tirrena di Assicurazioni in l.c.a c. Guattari ed altri. (L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 25; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 29). [RV548612]

@Atti e provvedimenti del giudice penale - Atti abnormi - Richiesta di archiviazione - Provvedimento del Gip che fissa l'udienza camerale

Non costituisce atto abnorme perché anticipatorio della decisione il decreto con cui il Gip, nel fissare, ai sensi dell'art. 409, comma 2, c.p.p., l'udienza camerale a seguito di richiesta di archiviazione del pubblico ministero, prospetta eventuali atti di indagine. (Nell'affermare tale principio la Corte ha osservato che non sussistono né pregiudizio né violazione della pienezza del contraddittorio allorché il Gip, con evidente eccesso di zelo motivazionale, indichi eventuali atti d'indagine «fatta salva ogni...

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