Massimario
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giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 4/2018
MERITO
– a titolo di risarcimento del danno derivante dalla
lesione permanente all’integrità psicofisica nella misura
pari ad euro 1.985,765 (2,5%)
– a titolo di I.T.A. euro 468,80 (10 × 46,88),
– a titolo di I.T.P. al 50% euro 703,20 (30 × 23,44) per
un totale di euro 3.200,00 così personalizzata la liquidazio-
ne in relazione agli esiti.
Non documentate spese mediche.
Per quanto riguarda, invece, la quantificazione del
danno materiale nessuna somma può essere riconosciuta
osservandosi quanto segue.
Nella ferma contestazione dell’impresa di assicurazio-
ne in ordine alla misura di danno azionata, (nella ritenuta
congruità dell’importo già corrisposto), in difetto di ulte-
riori elementi che ne confortino la credibilità e l’attendibi-
lità, non possono costituire prova idonea la perizia di parte
per non aver proceduto ad una quantificazione e per non
aver fornito elementi utili in tal senso. La descrizione dei
danni contenuta nella relazione d’incidente stradale poi è
del tutto generica.
Né a tale mancanza avrebbe potuto sopperire una CTU.
Questa, infatti, non è un mezzo di prova, ma uno stru-
mento nella disponibilità del giudice che può diventare
fonte di prova solo quando quest’ultima sia per la parte
impossibile o estremamente difficoltosa mentre non può
essere disposa per sopperire alla inattività delle parti.
Neppure è ipotizzabile il ricorso al potere discreziona-
le di liquidare il danno in via equitativa, ex art. 1226 c.c.
che fa luogo non già ad un giudizio di equità ma ad un
giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità
giudiziale correttiva o integrativa che, pertanto da un lato,
è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente
impossibile o particolarmente difficile per la parte interes-
sata provare il danno nel suo preciso ammontare, dall’al-
tro non comprende anche l’accertamento del pregiudizio
della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto
l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità
materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire
elementi probatori e dati di fatto dei quali possa ragione-
volmente disporre affinché l’apprezzamento equitativo sia,
per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di col-
mare solo alcune lacune insuperabili nell’“iter” della de-
terminazione dell’equivalente pecuniario del danno (cfr.
C. Cass., sez. II, sent. n. 13288 del 7 giugno 2007).
L’attore e la terza chiamata vanno condannati pertanto,
in solido, al pagamento della somma totale pari ad euro
3.200,00 in favore della sig.ra Ilaria Panato.
Sull’importo riconosciuto, quale debito di valore, com-
petono la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul-
la somma non rivalutata dal fatto al saldo.
In ordine al regolamento delle spese processuali, le
stesse, seguono la soccombenza comprese quelle di CTU e
si liquidano d’ufficio come da dispositivo in relazione all’e-
sito della pronuncia, all’attività prestata, alla natura ed al
valore della causa nonché alle questioni trattate alla luce
della Tabella 1 D.M. n. 55 del 2014. (Omissis)
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