Massimario
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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione
Rivista penale 4/2014
Massimario
Abuso d`ufcio
■ Estremi – Vantaggio patrimoniale – Nozione.
In tema di abuso d’ufficio, il requisito del vantaggio patrimo-
niale va riferito al complesso dei rapporti giuridici a carattere
patrimoniale e sussiste non solo quando l’abuso sia volto a pro-
curare beni materiali o altro, ma anche quando sia volto a creare
un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore
di colui nel cui interesse l’atto è stato posto in essere. (Fatti-
specie in cui il vantaggio è stato configurato nell’aver garantito
ai soggetti interessati ad una procedura fallimentare, tramite la
nomina di un giudice delegato di comodo, spazi di gestione della
procedura consoni all’interesse della debitrice fallita). F Cass.
pen., sez. VI, 15 marzo 2013, n. 12370 (ud. 30 gennaio 2013), P.C.
e Baccherini (c.p., art. 323). [RV256004]
■ Estremi – Violazione di legge o di regolamento – Limi-
ti.
In tema di abuso di ufficio, il requisito della violazione di legge
o di regolamento può consistere anche nella inosservanza del
principio di imparzialità previsto dall’art. 111 comma secondo
della Costituzione, espressione del più generale principio previ-
sto dall’art. 97 della Costituzione che impone ad ogni pubblico
funzionario, e quindi anche al giudice, nell’esercizio delle sue
funzioni, una vera e propria regola di comportamento quale
quella di non usare il potere che la legge gli conferisce per
compiere deliberati trattamenti di favore. (Fattispecie in tema
di assegnazione di procedimenti fallimentari in violazione delle
disposizioni tabellari, dei criteri di distribuzione automatica
degli affari e delle prassi interne ad un ufficio giudiziario; nel
formulare il principio indicato, la Corte ha affermato che le nor-
me tabellari, come anche le prassi interne di ripartizione degli
affari, costituiscono strumenti di trasparenza nell’assegnazione
degli affari contenziosi inscindibilmente connessi al principio di
imparzialità). F Cass. pen., sez. VI, 15 marzo 2013, n. 12370 (ud.
30 gennaio 2013), P.C. e Baccherini (c.p., art. 323). [RV256003]
Amnistia, indulto e grazia
■ Indulto – Pena inflitta per reato aggravato ostativo al
beneficio – Scissione dell’aumento della pena per aggra-
vante ostativa.
Nell’applicazione dell’indulto, è illegittimo il frazionamento,
all’interno dello stesso reato aggravato, della pena complessiva-
mente inflitta per esso, al fine di scorporarne la parte imputabile
alla circostanza aggravante. (Fattispecie relativa a reato aggra-
vato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991). F Cass. pen., sez. I, 13 maggio
2013, n. 20508 (ud. 18 aprile 2013), Vallelunga (c.p., art. 174;
c.p., art. 629; d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7). [RV255948]
Appello penale
■ Dibattimento – Rinnovazione dell’istruzione – Prova te-
stimoniale di minore vittima di abusi sessuali.
Ai fini della valutazione dell’istanza di rinnovazione dell’istru-
zione dibattimentale, mediante l’assunzione della testimonianza
di un minore vittima d’abusi sessuali già sentito in dibattimento
o in sede di incidente probatorio, è necessario che nell’atto
d’appello siano indicate specificamente le circostanze su cui
dovrebbe vertere l’esame ai sensi dell’art. 190 bis c.p.p., non
essendo sufficiente evidenziare genericamente l’utilità di as-
sumerne la testimonianza. F Cass. pen., sez. III, 6 giugno 2013,
n. 24792 (ud. 29 gennaio 2013), L.G. (c.p., art. 609 bis; c.p., art.
609 quater; c.p.p., art. 190 bis). [RV256371]
Applicazione della pena su richiesta del-
le parti
■ Sentenza – Applicazione di pena detentiva non inferiore
a tre anni – Conseguente interdizione dai pubblici uffici e
condanna al pagamento delle spese processuali.
Deve essere annullata senza rinvio la sentenza di patteggia-
mento ad una pena superiore a due anni di reclusione in cui
sia omessa la condanna al pagamento delle spese processuali e
l’applicazione della pena accessoria obbligatoria per legge della
interdizione dei pubblici uffici per anni cinque. F Cass. pen., sez.
VI, 9 maggio 2013, n. 20108 (ud. 24 gennaio 2013), Pg in proc.
Derjaj (c.p., art. 28; c.p.p., art. 130; c.p.p., art. 444; c.p.p., art.
445). [RV256224]
Appropriazione indebita
■ Elemento oggettivo del reato – Momento consumativo
– Atto di dominio sulla res.
Il delitto di appropriazione indebita si consuma dal momento
in cui il possessore ha compiuto un atto di dominio sulla “res”,
così manifestando l’intenzione di tenerla come propria. (Nella
specie la Corte ha ritenuto consumato il reato, nel caso di man-
cata restituzione della contabilità dal commercialista al cliente,
quando a seguito della prima richiesta di restituzione era stato
opposto un netto rifiuto). F Cass. pen., sez. II, 23 maggio 2013, n.
22127 (ud. 8 febbraio 2013), Colella (c.p., art. 646). [RV256055]
Armi e munizioni
■ Detenzione abusiva – Denuncia all’autorità di pubblica
sicurezza – Termini.
In tema di disciplina delle armi, la previsione dell’art. 3 del d.l.vo
26 ottobre 2010, n. 204 che, modificando l’art. 38 T.U.L.P.S., ha
previsto l’obbligo di denuncia all’autorità di P.S. della deten-
zione di armi entro 72 ore anzichè immediatamente, si applica
anche ai fatti posti in essere anteriormente alla sua entrata in
vigore, trattandosi di norma successiva più favorevole al reo. F
Cass. pen., sez. I, 10 luglio 2013, n. 29487 (ud. 26 giugno 2013),
Mancini (r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38; c.p., art. 2; d.l.vo
26 ottobre 2010, n. 204, art. 3; l. 2 ottobre 1967, n. 895, art.
4). [RV256114]
■ Detenzione abusiva – Detenzione di arma artigianale –
Configurabilità della contravvenzione.
La detenzione di arma costruita artigianalmente non è punibile
ai sensi dell’art. 697 c.p. perché, se essa è idonea allo sparo,
rientra nell’ambito di applicabilità della L. n. 895 del 1967; in
caso contrario, il suo possesso è libero e non richiede nemmeno
la denuncia all’autorità di pubblica sicurezza. F Cass. pen., sez. I,
12 luglio 2013, n. 29956 (ud. 31 maggio 2013), Savio (l. 2 ottobre
1967, n. 895, art. 2; c.p., art. 697). [RV256396]
Associazione per delinquere
■ Associazione di tipo mafioso – Partecipazione a riunio-
ni del clan – Configurabilità.
In tema di associazione di tipo mafioso, va considerato com-
portamento concludente idoneo, sul piano logico, a costituire
indizio di intraneità al sodalizio criminale la partecipazione a
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più riunioni organizzative tenute in un immobile riconosciuto
quale “sede” organizzativa del gruppo criminale, non essendo
ipotizzabile che un estraneo possa essere più volte ammesso a
tali consessi. F Cass. pen., sez. I, 19 giugno 2013, n. 26684 (ud. 12
aprile 2013), De Paola (c.p., art. 416). [RV256045]
■ Associazione di tipo mafioso – Prove dirette e indiret-
te – Rapporti di parentela e semplici frequentazioni dei
componenti l’associazione.
In presenza di rapporti di parentela tra i presunti partecipanti
ad una associazione per delinquere di tipo mafioso, deve esclu-
dersi l’idoneità di semplici relazioni di parentela o di affinità a
costituire, di per sé, prova od anche soltanto indizio dell’appar-
tenenza di taluno all’associazione; tuttavia, ai fini dell’adozione
di misure cautelari, una volta accertata, da un lato, la probabile
esistenza di un’organizzazione delinquenziale a base familiare
e, dall’altro, una non occasionale attività criminosa di singoli
esponenti della stessa famiglia (intesa in senso lato), alla quale
fa capo l’organizzazione stessa, nel medesimo campo nel quale
questa opera, può essere considerato come non privo di valore
indiziante, in ordine alla partecipazione dei suindicati soggetti
al sodalizio criminoso, anche il fatto che vi siano legami di pa-
rentela o affinità fra essi e coloro che in quel sodalizio occupano
posizioni di vertice o, comunque, di rilievo. F Cass. pen., sez. II,
3 maggio 2013, n. 19177 (ud. 15 marzo 2013), Vallelonga (c.p.,
art. 416 bis). [RV255828]
■ Estremi – Assoluta stabilità dell’associazione nel tem-
po – Necessità.
Ai fini della configurabilità del reato di associazione per delin-
quere non è necessario che il vincolo associativo assuma carat-
tere di assoluta stabilità, essendo sufficiente che esso non sia a
priori e programmaticamente circoscritto alla consumazione di
uno o più delitti predeterminati, in quanto l’elemento temporale
insito nella nozione stessa di stabilità del vincolo associativo
non va inteso come necessario protrarsi del legame criminale,
occorrendo soltanto una partecipazione all’associazione pur se
limitata ad un breve periodo. F Cass. pen., sez. II, 9 maggio 2013,
n. 19917 (ud. 15 gennaio 2013), Bevilacqua e altri (c.p., art. 416).
[RV255914]
■ Estremi – Capo dell’organizzazione – Nozione.
Nel di reato di associazione “capo” è non solo il vertice dell’or-
ganizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia
incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e
nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquen-
ziali realizzati. (Nella specie, in relazione ad un’associazione
dedita ai furti di auto, è stata ritenuta sussistente l’aggravante
nei confronti di un imputato che impartiva direttive ai sodali
in ordine alle autovetture da sottrarre ed alle somme da corri-
spondere dalle vittime dei furti, a titolo estorsivo, per ottenerne
la restituzione). F Cass. pen., sez. II, 9 maggio 2013, n. 19917
(ud. 15 gennaio 2013), Bevilacqua e altri (c.p., art. 416; c.p., art.
624; c.p., art. 629). [RV255915]
■ Estremi – Organizzazione creata per scopi leciti – Fatti
penalmente rilevanti commessi da singoli componenti.
Deve escludersi la configurabilità del reato di associazione per
delinquere allorquando i singoli componenti di un ufficio o di
un’organizzazione, con finalità e scopi leciti, pongano in essere
attività illecite e manchi del tutto la prova di un collegamento tra
tali fatti illeciti e le direttive generali impartite dai responsabili
dell’organizzazione stessa. (Fattispecie in cui la Corte ha esclu-
so che la mera comune appartenenza ad un ufficio pubblico di
soggetti che avevano commesso in concorso alcuni reati potes-
se da sola giustificare la configurazione del reato associativo). F
Cass. pen., sez. VI, 8 agosto 2013, n. 34489 (ud. 30 gennaio 2013),
P.G. in proc. Casula e altri (c.p., art. 416). [RV256122]
■ Estremi – Partecipazione non estemporanea ai reati
fine – Indice sintomatico della partecipazione al sodali-
zio.
In tema di reato associativo, la partecipazione non estempora-
nea dell’imputato ai reati fine che connotano il programma cri-
minoso dell’associazione costituisce indice sintomatico dell’in-
traneità dell’agente al sodalizio criminoso. (Fattispecie in tema
di associazione di stampo mafioso). F Cass. pen., sez. I, 12 luglio
2013, n. 29959 (ud. 5 giugno 2013), Amaradio e altri (c.p., art.
416; c.p., art. 416 bis; c.p.p., art. 192). [RV256200]
■ Estremi – Requisito dell’organizzazione – Necessità.
Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per de-
linquere, è necessaria la predisposizione di un’organizzazione
strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla
realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consape-
volezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio
durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’at-
tuazione del programma criminoso comune. F Cass. pen., sez. II,
13 maggio 2013, n. 20451 (ud. 3 aprile 2013), Ciaramitaro e altri
(c.p., art. 110; c.p., art. 416). [RV256054]
Azione penale
■ Querela – Dichiarazione e forma – Volontà di chiedere
la punizione del colpevole.
In tema di querela, la volontà di chiedere la punizione del colpe-
vole, se non deve estrinsecarsi in formule rituali o sacramentali
e se può essere desunta dal complessivo comportamento della
persona offesa, anche successivo al fatto, deve in ogni caso ri-
sultare in modo inequivoco nel suo contenuto sostanziale. (Fat-
tispecie in cui la Corte ha escluso potesse considerarsi querela
una dichiarazione orale della persona offesa di “aver contattato
le forze di Polizia per il più a procedere”). F Cass. pen., sez. II,
17 luglio 2013, n. 30700 (ud. 12 aprile 2013), De Meo (c.p., art.
120). [RV255885]
Calunnia e autocalunnia
■ Calunnia – Elemento oggettivo – False accuse secondo
lo schema tipico di una fattispecie incriminatrice.
Integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente ido-
nea a determinare l’avvio di un procedimento penale nei con-
fronti di una persona che si sa innocente, non essendo neces-
sario che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una
determinata fattispecie delittuosa, né che siano corredati dalla
qualificazione giuridica appropriata. (Fattispecie relativa ad
una denuncia presentata nei confronti di alcuni collaboratori di
giustizia accusati di essersi accordati tra loro per rendere false
dichiarazioni nei confronti di un parlamentare e di altro sogget-
to, in cui la S.C., nonostante il tenore letterale della denuncia
avesse prospettato solo un mero accordo tra i collaboratori, ha
ritenuto sussistente la calunnia, perchè l’agente, al momento
della presentazione della denuncia, era consapevole del fatto
che i collaboratori ingiustamente accusati avevano già reso le
loro dichiarazioni all’A.G.). F Cass. pen., sez. VI, 21 agosto 2012,
n. 32944 (ud. 16 maggio 2012), P.G. in proc. Dell’Utri (c.p., art.
368). [RV256253]
■ Calunnia – Momento consumativo del reato – Post fac-
tum inidoneo ad impedire la consumazione del reato.
La spontanea “ritrattazione” della denuncia non esclude la
punibilità del delitto di calunnia, integrando un “post factum”
irrilevante rispetto all’avvenuto perfezionamento del reato,
eventualmente valutabile quale circostanza attenuante ai sensi
dell’art. 62, n. 6, c.p.. (Fattispecie relativa ad una falsa accusa
di furto di un assegno, ritrattata dall’imputata il giorno succes-
sivo alla presentazione della denuncia). F Cass. pen., sez. VI, 10
luglio 2013, n. 29536 (ud. 2 luglio 2013), Drappa (c.p., art. 62;
c.p., art. 368; c.p., art. 376). [RV256152]
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