La Manualistica, Oggi

AutoreLuciano Piazza
Pagine259-261
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var
VARIE
Arch. loc. cond. e imm. 2/2017
LA MANUALISTICA, OGGI
di Luciano Piazza
1.- La rif‌lessione sull’odierno modo di essere e sull’o-
dierna funzione del Manuale di Diritto Privato fa toccare
con mano a professionisti del diritto che erano studenti
della Facoltà di Giurisprudenza nei primissimi Anni Set-
tanta, quanto il mondo sia cambiato: se oggi si offrisse agli
studenti di preparare il Diritto Privato (le Istituzioni di
Diritto Privato, come ancora oggi si denomina in tutte le
Università italiane il relativo insegnamento) su uno degli
eccellenti Manuali in auge a quel tempo (fondamental-
mente, Andrea Torrente e Alberto Trabucchi, ovviamente
nelle edizioni di allora e non in quelle aggiornate di oggi),
non v’è dubbio che essi riceverebbero ancora quel quadro
chiaro delle nozioni fondamentali e del sistema in cui esse
si collocano che quei testi sapevano egregiamente tra-
smettere, ma è del pari indubitabile che essi verrebbero
così a conoscere solo una parte, addirittura solo una pic-
cola e distorta parte, della realtà.
I cambiamenti sono stati e sono così tanti, così continui
e così impetuosi, da far correre il rischio che un nuovo
Manuale nasca già vecchio!
Ciò che sicuramente è rimasto immutato, e che anzi si
è addirittura accentuato, è la straordinaria diff‌icoltà (ben
nota al Prof. Mazzamuto, come emerge dalla prefazione)
di allestire un buon Manuale. Scriveva Francesco Ferrara
nel 1905, in una recensione alle Istituzioni di diritto civile
di Biagio Brugi: “È una cosa tutt’altro che agevole scrivere
un corso d’istituzioni di diritto civile: poiché esso presenta
tante e così opposte esigenze, richiede tali attitudini scien-
tif‌iche, una così profonda padronanza della materia che
solo un giurista consumato può accingersi all’arduo compi-
to. Infatti, mentre dei rapporti devono darsi nozioni sinteti-
che e precise, si deve evitare d’eccedere negli ampliamenti
dottrinali, mentre l’esposizione deve condensare i principi
sommi del diritto, deve da altra parte mantenersi facile e
chiara, accoppiare una grande precisione di linguaggio ad
una grande semplicità. Occorre tracciare con mano mae-
stra le grandi linee fondamentali degli istituti, cogliere con
brevi tratti la loro essenza e f‌isionomia, dare un quadro lu-
minoso dei principi, che rischiari completamente il campo
giuridico, e ne additi e ne assicuri la via”.
Insomma, un’impresa da far davvero tremare le vene ai
polsi, anche a quelli robusti dell’odierno “Curatore” (Cura-
tore lo dico tra virgolette e poi spiegherò il perché).
All’inizio del 1900, prima della unif‌icazione dei codici
del 1942, il Manuale di Brugi recensito da Ferrara era, a
pieno titolo, un Manuale di Istituzioni di Diritto Civile, che,
in quanto tale, non parlava di impresa, di lavoro nell’impre-
sa, di titoli di credito, di procedure concorsuali, di società:
argomenti allora riservati alla competenza dei giuscom-
mercialisti e allo studio del diritto commerciale, e che in-
vece il Presidente Di Vitale ed io, f‌igli dei Codici da poco
unif‌icati, abbiamo studiato nella preparazione all’esame di
Istituzioni di Diritto Privato, del quale costituivano piena-
mente parte integrante (chi di noi meno giovani non ricor-
da le ricorrenti - e abbiamo capito poi - mirabili domande
del compianto Prof. Salvatore Puleo, tratte anche dalla
parte commercialistica? Ricordiamo altresì che, anche per
questo motivo, agli studenti pluriripetenti che lo pregava-
no perché elargisse loro, inf‌ine, un diciotto, il Prof. Puleo
rispondeva, con voluta enfasi: “non posso, perché da qui
[dalle Istituzioni di Diritto Privato] si passa alla laurea”).
Da questo punto di vista, i Manuali del tempo mio e
del Presidente Di Vitale (come dicevo, fondamentalmen-
te Torrente e Trabucchi) erano indiscutibilmente testi di
Istituzioni del Diritto Privato Unif‌icato, anche se quello
di Trabucchi era intitolato (a differenza di quello di Tor-
rente) Istituzioni di Diritto Civile, non perché monco
(tutt’altro!), ma a testimonianza del convincimento di
quel Maestro circa il primato del diritto civile sul diritto
commerciale, a quel tempo ancora assai radicato nella
stragrande maggioranza dei civilisti.
Solo in seguito, si è di fatto instaurata la prassi di non
pretendere, all’esame di Istituzioni di Diritto Privato, lo
studio della parte più squisitamente commercialistica e
lavoristica (i cui insegnamenti, frattanto, si erano via via
collocati, anche per la ricchezza dei nuovi testi adottati
e per la corrispondente accresciuta diff‌icoltà dei relati-
vi esami di prof‌itto, ad un livello sostanzialmente pari al
diritto privato): parti tuttavia sempre presenti negli ag-
giornamenti dei manuali vecchi e in quelli più nuovi che
frattanto vedevano la luce e che pure il Prof. Mazzamuto
ci ricorda nella sua prefazione (Trimarchi, Rescigno, Gal-
gano, Gazzoni, Bessone).
Ebbene, la scelta didattica del Prof. Mazzamuto (alla
cui base sta il progetto di dare vita ad un Manuale “snel-
lo e compatto”: v. ancora la prefazione. Direi, però, se mi
è permesso, più compatto che snello, trattandosi di 840
pagine f‌itte e dense) di “eliminare le classiche parti di di-
ritto del lavoro e di diritto commerciale” potrebbe indurre
il lettore superf‌iciale a pensare che quello di cui parliamo
sia, ancora una volta, un Manuale di Diritto Civile e non
un Manuale di Diritto Privato. È ovvio che così non è, e
non lo è in ragione del fatto che il “Curatore” e gli altri
Studiosi che hanno formato con lui il gruppo di lavoro,
oltre ad essere per le loro qualità capaci di spaziare in
tutti i rami del diritto privato, sono perfettamente calati
in quella evoluzione del diritto privato, e dei rapporti tra
diritto civile e diritto commerciale, in esito alla quale si è
affermata l’idea (v., precipuamente, G.B. Portale) per cui
nel diritto privato unif‌icato le norme del codice civile, o le
altre norme generali (ad es., in tema di contratti o di re-
sponsabilità civile), possono e devono essere interpretate
in modo differenziato a seconda che esse siano destinate
ad applicarsi alle imprese ovvero ad individui non impren-
ditori (emblematica la disciplina delle immissioni).

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