Libertà di manifestazione del pensiero e reati di opinione

AutoreElettra Stradella
Pagine183-196

Page 183

@1. Repressione penale dell'espressione e limiti (non costituzionali) alla libertà di manifestazione del pensiero

La scelta di affrontare, nell'ambito di una riflessione sul livello primario e superprimario di attuazione del dettato costituzionale, il rapporto tra l'art. 21, Cost. e la presenza all'interno dell'ordinamento di fattispecie incriminatrici della manifestazione del pensiero, scaturisce certamente dalla recente approvazione (il 25 gennaio 2006) della l. 85/2006, recante Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione. D'altra parte, come risulterà evidente dalle considerazioni di seguito riportate, l'intera storia repubblicana risulta in più fasi segnata dalla tensione tra libertà di manifestazione del pensiero, diritto fondamentale sancito dalla Costituzione repubblicana - oltre che pilastro essenziale e irrinunciabile di qualsivoglia ordinamento democratico - e condanna di "comportamenti espressivi" che si pongano in contrasto con il potere costituito, ovvero con l'assetto dei valori da cui questo trae forza e legittimazione.

Per quanto attiene alla libertà di espressione, la Costituzione viene approvata e si colloca in un contesto segnato dalla presenza-fardello di un apparato normativo in materia penale elaborato durante il regime fascista, quindi caratterizzato da una evidente missione repressiva, e da una serie di norme tendenti a limitare, attraverso la previsione di aspre conseguenze sanzionatorie, l'espressione del dissenso politico attuata mediante forme di propaganda manifestamente sovversive o atteggiamenti verbali irriverenti e dissacranti.

Il codice penale c.d. Rocco, infatti, conteneva un'ampia congerie di disposizioni chiaramente volte a garantire, anche a livello giuridico, la conservazione e l'intangibilità dello Stato autoritario, la sua preservazione da critiche che potessero anche soltanto scalfirne l'apparente autorevolezza, nonché la creazione di un'aura quasi mistica di reverenza e idolatrante rispetto nei confronti delle istituzioni politiche e religiose. Si pensi ad esempio all'attività antinazionale del cittadino all'estero, alla propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale, concretizzantesi anche nella mera propaganda volta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale, alle forme di offesa alla religione dello Stato o di disfattismo, e infine all'istigazione a disobbedire alle leggi o all'incitamento all'odio di classe.

L'avvento della Carta costituzionale solleva, o meglio, avrebbe dovuto certamente sollevare, l'esigenza di un generale ripensamento del sistema repressivo disegnato dal Page 184 codice. È di tutta evidenza la discrasia tra questo e le disposizioni costituzionali in tema di libertà di espressione: l'art. 21, Cost. stabilisce che ciascuno può manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo e forma di diffusione, e prevede quale unico limite espresso quello del buon costume, i cui contorni, pure a geometria variabile e inevitabilmente connessi all'evoluzione dei tempi nella percezione ed elaborazione della moralità e del pudore, sicuramente non si intersecano con quelli dell'espressione politica, e delle eventuali sue limitazioni.

D'altra parte, la tentazione del "controllo delle menti" sembra inscindibilmente connessa alla natura stessa del potere, e all'attitudine dei suoi detentori, ragion per cui alla instaurazione dell'ordinamento costituzionale, all'affermazione dei valori della Resistenza e democratici in una Costituzione rigida, non ha corrisposto un contestuale abbandono dello strumentario fascista, bensì, in taluni casi, un suo rinnovato utilizzo, quando non un'integrazione, seppure fondata sulle diverse "esigenze" dello Stato repubblicano.

Se il legislatore si è astenuto dall'abrogazione - per lo meno fino alla riforma del 1999 che, come si dirà, ha solo in parte dato risposta all'imperativo di attuazione dell'art. 21, Cost. - sostanzialmente dimostrando il pregiudizio nei confronti del dissenso, e l'intrinseca paura verso la critica e l'aspirazione al cambiamento, è stato invece importante il ruolo esercitato dal Giudice delle leggi, che ha spesso indicato i confini entro i quali ritenersi ammissibile una limitazione della libertà di manifestazione del pensiero "sovversivo" in relazione all'intensità e gravità del pericolo di effettivo rovesciamento dell'ordine legalmente costituito (si vedano le sentt. n. 74/1958, n. 19/1962, n. 199/1972, n. 15/1973, n. 108/1974 e n. 126/1985).

Nonostante gli interventi della Corte costituzionale però, non sempre il giudice ordinario, dando applicazione a quelli che possiamo definire "reati di opinione", ha dimostrato la necessaria attenzione nel delimitare le condizioni alle quali consentire la limitazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero, e non ha invece mancato di far propria una certa flessibilità nella configurazione dei requisiti oggettivi di pericolosità dell'espressione in rapporto alla probabilità del verificarsi di un evento successivo, a questa correlato, di tipo materiale e non soltanto espressivo. Allo stesso modo, come accennato, il legislatore non si è limitato ad astenersi dal compiere una scelta esplicita e puntuale di rimozione dal codice penale delle fattispecie incriminatici di matrice fascista, ma vedremo in seguito come abbia introdotto limiti ulteriori alla libertà di espressione fondandoli su di una richiesta di fedeltà ai principi ispiratori dell'ordinamento.

In riferimento a quest'ultimo aspetto, si deve ricordare che l'art. 54, c. 1, Cost., stabilisce che "Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi". Senza poter qui ripercorrere il vasto dibattito sul significato da attribuirsi al dovere di fedeltà nei confronti della Repubblica (Lombardi, Ventura), e sul potenziale conflitto rispetto alla libertà di espressione che dalla norma potrebbe aprirsi, vale sottolineare che l'atteggiamento di cui è pervaso il sistema, in merito all'oggetto qui in esame, sembra sviluppare una sorta di iperattuazione del dovere di fedeltà, a fronte della passività nell'effettivo inveramento del diritto di cui all'art. 21, Cost.

Peraltro, l'oggetto della libertà e della fedeltà sembra essere fondamentalmente il medesimo, nel primo caso tutelato al massimo grado dalla Costituzione, nel secondo limitato in funzione della salvaguardia dell'essenza stessa dell'ordinamento: l'opinione politica e la sua diffusione, necessariamente rivolta all'affermazione di una determinata idea di società e di Stato. Al di là della autorevole posizione di chi ha individuato nel Page 185 "pensiero politico" materia soggetta a una posizione di privilegiata protezione (Fois), oggetto di pensiero "più rilevante" rispetto agli altri in quanto direttamente correlato all'esistenza stessa della democrazia, anche rinunciando a stilare gerarchie di importanza tra categorie di pensiero non sfugge il ruolo che la libertà di espressione lato sensu politica riveste al fine di garantire, sul versante individuale, la reale partecipazione dei singoli all'assunzione delle decisioni pubbliche, e su quello collettivo, la più alta legittimazione del potere oltre che la maggiore probabilità di una efficace gestione dello stesso data dal prevalere delle posizioni più convincenti, e quindi migliori, nell'arena politico-istituzionale. È la teorizzazione americana del free marketplace of ideas che, forse segnata da un ottimismo a tratti idilliaco, comunque descrive la libera circolazione delle idee non soltanto come insostituibile antidoto alla tirannide, ma anche come l'arma vincente per realizzare una selezione naturale tra le opinioni politiche, consentendo il prevalere di quelle "migliori".

Anche alla luce di quanto detto, l'analisi della disciplina dei reati di opinione dovrà essere condotta tenendo presente che a) l'unico limite esplicito alla libera manifestazione del proprio pensiero è quello del buon costume; b) una interpretazione in chiave "assolutizzante" del diritto stesso condurrebbe a ritenere inaccettabile l'imposizione di qualsiasi limite ulteriore, in quanto derivante da operazioni di bilanciamento con altri diritti che in tal caso non sarebbero operabili; c) nonostante a) e b), si nota come la rinuncia all'apposizione di qualsivoglia limite alla libertà di espressione possa condurre a conseguenze paradossali, prima tra tutte quella per cui un illimitato riconoscimento di tale libertà a favore di soggetti il cui obiettivo sia esattamente quello di eliminarla, e magari di eliminare insieme ad essa le altre libertà costituzionalmente garantite, provocherebbe la negazione di quello stesso diritto in base al quale si è tutelata la libertà degli oppositori; d) labile è il confine tra la previsione di "clausole di salvezza" di un ordinamento, mediante la fissazione di limiti minimi alla libertà di espressione, e l'innalzamento di steccati a difesa dell'ordine costituito in funzione di neutralizzazione del dissenso.

Una prima distinzione deve intanto essere operata, all'interno di quelle fattispecie incriminatrici aventi ad oggetto condotte che trovano compimento nell'espressione di pensiero, tra i reati di vilipendio e quelli di provocazione.

@2. Il vilipendio

La presenza all'interno del codice penale dei reati di vilipendio può essere letta come finalizzata alla garanzia della "sacralità" dello Stato, inteso nella accezione di Stato-persona, immedesimato nei soggetti che operano per l'esercizio delle funzioni che ne stanno alla base. Tale forma di preservazione viene attuata, nella previsione di reati di vilipendio, mediante l'"immunizzazione" di alcuni soggetti da certi tipi di critica. In particolare, è considerata vilipendio l'espressione particolarmente aspra, o rozza, sprezzante e pervasa di irritata condanna, che venga rivolta a soggetti, siano essi fisici, giuridici o materiali (nel primo caso si tratterà generalmente di istituzioni costituite da organi monocratici, nel secondo caso da organi...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT