Maltrattamenti familiari denunziati dal coniuge responsabile del fallimento del vincolo matrimoniale
Autore | Giancarlo Savi |
Pagine | 1046-1054 |
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giur
11/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
maltrattamenti che la donna avrebbe subito nel corso di
un incontro avvenuto con il B. presso la sua azienda di
lavorazione marmi corrente in località (omissis).
Il primo dei due episodi di violenza fisica aveva luogo
nel 2010, quando anche la madre della L. aveva assistito
personalmente al pugno sferrato dal B. al figlio, provocan-
dogli un vistoso ematoma; il secondo episodio appare più
circostanziato, poichè attestato anche da referto medico
e da testimonianza di persona estranea al contesto fami-
liare, riguardando la brutale aggressione dell’indagato al
figlio, tale da provocargli tumefazione e sanguinamento
del labbro, mobilità di due denti e dolore alla mandibola,
accaduta nel dicembre 2012.
Temporalmente nel mezzo e segnatamente nel settembre
2011 si colloca l’episodio dell’incontro avvenuto tra i coniugi
L. - B. presso il luogo di lavoro di quest’ultimo e durante il
quale, secondo la prospettazione d’accusa, la denunziante
sarebbe stata aggredita sia verbalmente che fisicamente, pur
non essendovi al riguardo alcuna certificazione medica.
Ciò premesso, sembra di poter agevolmente desumere
come i comportamenti prevaricatori e/o violenti ascritti
all’indagato si riducono a tre nell’arco di un triennio, in un
contesto familiare e coniugale in costante deterioramento
per via sia dei rapporti di segno negativo tra padre e figlio,
sia dell’allentamento del vincolo coniugale determinante l’in-
staurazione di due relazioni extraconiugali da parte della L..
Così fissati i termini fattuali della vicenda e ferma restan-
do la sussistenza di un sufficiente quadro di gravità indiziaria
ad essi riferita, non sembra però possibile poterli comples-
sivamente ricomprendere in un contesto unitario, normati-
vamente connotato dalla figura di reato di maltrattamenti
contro familiari e conviventi delineata dall’art. 572 c.p..
Il reato de quo richiede, infatti, per la sua configurazio-
ne, una serie abituale di condotte che possono estrinse-
carsi in atti lesivi dell’integrità psico-fisica, dell’onore, del
decoro o di mero disprezzo e prevaricazione del soggetto
passivo, attuati anche in un arco temporale ampio, ma en-
tro il quale possono agevolmente essere individuati come
espressione di un costante atteggiamento dell’agente di
maltrattare o denigrare il soggetto passivo.
Secondo la giurisprudenza elaborata da questa Sezio-
ne, invece, fatti occasionali ed episodici, pur penalmente
rilevanti in relazione ad altre figure di reato (ingiurie,
minacce, lesioni) determinati da situazioni contingenti
(ad es. rapporti interpersonali connotati da permanente
conflittualità) e come tali insuscettibili di essere inqua-
drati in una cornice unitaria, non possono assurgere alla
definizione normativa di cui all’art. 572 c.p. (Cass. pen.
sez. VI n. 37019 del 27 maggio 2003, Caruso, Rv. 226794;
sez. VI n. 45037 del 2 dicembre 2010, Dibra Rv. 249036).
Nell’indicare ed apprezzare i fatti costitutivi del reato
provvisoriamente contestato al ricorrente ed alla base
della misura coercitiva di cui all’art. 282 bis c.p.p. impo-
stagli, i giudici del riesame non hanno, dunque, assolto in
maniera adeguata all’onere di definire in concreto i termi-
ni della ritenuta sussistenza dell’ipotesi accusatoria, in-
correndo nella violazione di legge determinata da una non
corretta interpretazione dell’ambito applicativo dell’art.
572 c.p., specie in un contesto familiare, emergente anche
dalle prospettazioni probatorie difensive, caratterizzato
dal progressivo indebolimento dei rapporti coniugali (de-
nunziante e indagato essendo oggi separati per iniziativa
del ricorrente) pur inframmezzato da tentativi più o meno
concreti di riavvicinamento affettivo degli interessati (v.
l’aspetto delle conversazioni telematiche intercorse su
Facebook in un arco temporale piuttosto ampio e la cui
valenza è stata del tutto negletta in sede di riesame).
L’ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata,
spettando al Tribunale competente argomentare in maniera
più esauriente circa la possibilità di ravvisare nei fatti e ne-
gli episodi prospettati dall’accusa pubblica e privata il reato
di maltrattamenti oggetto di provvisoria contestazione.
4. All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento
dell’impugnata ordinanza ed il rinvio ai sensi dell’art. 623
c.p.p., comma 1, lett. a) al Tribunale di Roma per nuovo
esame. (Omissis)
maltrattamenti familiari
denunziati dal coniuge
resPonsabile
del fallimento del vincolo
matrimoniale
di Giancarlo Savi
SOMMARIO
1. Premessa. 2. La norma incriminatrice ed il rapporto rela-
zionale. 3. L’elemento obiettivo. 4. L’elemento subiettivo. 5.
Attenuanti e scriminanti. 6. I rapporti con le fattispecie au-
tonome, concorrenti e costitutive. 7. Il rapporto con la tutela
civilistica contro gli abusi familiari. 8. Conclusioni.
1. Premessa
L’individuazione del confine e del rapporto che corre
tra singole azioni delittuose, quali le percosse, la minac-
cia, l’ingiuria, le molestie, la violenza privata, etc., e l’ipo-
tesi criminosa più grave sanzionata dall’art. 572 c.p., che
con elevata frequenza si presenta nelle aule di Giustizia,
costituisce attività ermeneutica e di giudizio complessa
quanto delicata.
Rilevante l’interesse che suscita, nell’ambito di un tale
percorso, l’arresto di legittimità in disamina ed in partico-
lare l’analisi condotta a riguardo del rapporto di coniugio
presupposto, siccome l’azione delittuosa posta in essere
dal coniuge che patisce condotte che violano gli essenziali
doveri coniugali.
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