Maltrattamenti in famiglia: è configurabile il reato mediante omissione
Autore | Vito Michele Donofrio |
Pagine | 1210-1213 |
1210
dott
12/2013 Rivista penale
DOTTRINA
MALTRATTAMENTI
IN FAMIGLIA:
È CONFIGURABILE IL REATO
MEDIANTE OMISSIONE
di Vito Michele Donofrio
SOMMARIO
1. I termini della questione. 2. La configurabilità della fatti-
specie di cui all’art. 572 c.p. come reato abituale e riflessi
pratici. 3. Le perplessità legate alla reviviscenza della tesi del
cd. aliud facere. 4. Le riserve critiche legate alla configura-
bilità del reato in epigrafe mediante omissioni causali. 5. I
rapporti tra reato di maltrattamenti e condotte omissive tout
court: riflessioni finali alla luce della L. n. 119/2013.
1. I termini della questione
La possibilità di ritenere integrato il reato di mal-
trattamenti ex art. 572 c.p. mediante condotte omissive,
sebbene prima facie non sembra presentare profili di
particolare complessità, rappresenta, viceversa, una delle
tematiche del diritto penale destinate ad offrire spunti di
rimarchevole interesse giuridico.
Più nel dettaglio, si tratta di questione da tempo al cen-
tro di un annoso contrasto interpretativo, per vero in via
di superamento in virtù di una serie di recenti pronunce
della Suprema Corte di Cassazione.
In particolare, da ultimo la Sesta Sezione Penale, con
sentenza 28 febbraio 2013, n. 9724, confermando l’indirizzo
ad oggi invalso nella giurisprudenza di Piazza Cavour, ha
sostenuto a chiare lettere che “il reato di maltrattamenti
è integrato non soltanto da specifici fatti commissivi di-
rettamente opprimenti la persona fisica, sì da imporle un
inaccettabile e penoso sistema di vita, ma altresì da fatti
omissivi di deliberata indifferenza verso elementari biso-
gni assistenziali e affettivi di una persona disabile” (1).
Come in precedenza anticipato, se ci si limita all’ana-
lisi del dato letterale la questione oggetto di indagine non
sembra destare alcuna incertezza ermeneutica.
Infatti, la rubrica dell’art. 572 c.p., nel fare espresso
riferimento ai maltrattamenti, sembra implicare necessa-
riamente una azione, ovverosia una condotta positiva.
Questa considerazione reca con sé, quale logico preci-
pitato, una contraddizione in termini qualorasia un non
facere ad integrare la condotta dei maltrattamenti;ad in-
tegrare, cioè, l’elemento materiale in presenza del quale,
soltanto, può essere correttamente contestata la fattispe-
cie di reato di cui all’art. 572 c.p.
In realtà, a dispetto di quanto possa apparire alla luce
di questa prima ed elementare constatazione, la questione
è molto più complessa.
Alcune riflessioni, dunque, sono d’obbligo.
2. La configurabilità della fattispecie di cui all’art. 572
c.p. come reato abituale e riflessi pratici
In apice ad ogni ulteriore osservazione, ragioni logico -
giuridiche impongono una puntualizzazione.
È opportuno evidenziare, infatti, che la risposta che si
ritiene di dare al quesito iniziale (se il reato di maltrat-
tamenti è configurabile mediante omissione) non rappre-
senta una disquisizione puramente teorica, ma è foriera
di implicazioni pratiche di non poco momento destinate a
riflettersi su una serie di ulteriori questioni.
Anticipando quanto si avrà modo di osservare nei para-
grafi successivi, se si ritenesse il reato di maltrattamenti
una fattispecie configurabile solo in presenza di condotte
attive, l’interprete sarebbe chiamato ad un notevole sforzo
ermeneutico volto a giustificare l’esclusione della rilevanza
penale di alcune condotte omissive che, se portate alle estre-
me conseguenze, possono anche provocare la morte - ossia
l’evento lesivo massimo - del soggetto passivo del reato.
A ben vedere, ritenendo, come fanno dottrina e giuri-
sprudenza maggioritarie, che il reato ex art. 572 c.p. possa
configurarsi anche mediante omissione, sorgerebbero
ulteriori nodi da sciogliere.
Infatti, oltre a dar conto di come mediante un non
facere si possa maltrattare una persona, gli operatori
del diritto vedrebbero aprirsi una ulteriore finestra pro-
blematica, riguardante l’ambito di applicazione dell’art.
40, comma 2, c.p.; pietra miliare, questa, in tema di reati
omissivi impropri.
Pertanto, si tratta di affrontare il tema guardando non
soltanto dal buco della serratura rappresentato dalla nor-
ma generale di cui all’art. 40 c.p. e valutando se il reato de
quo possa configurarsi anche mediante condotte omissive,
bensì occorre volgere lo sguardo anche alle possibili limi-
tazioni applicative della cd. regola di equivalenza fissata
dall’art. 40 c.p.
Come noto, non tutti i reati previsti dall’ordinamento
possono essere integrati mediante omissione.
Infatti, se per un verso vi sono alcune tipologie di fatti-
specie che, per pacifico e costante insegnamento, non
possono essere realizzate mediante un non facere(si pensi
all’incesto, tipico esempio di cd. reato di mano propria),
su altro fronte l’ordinamento nostrano conosce categorie
di reati la cui configurabilità mediante omissione è ogget-
to di disputa.
È proprio il caso dei cd. reati abituali, dei quali quello
di maltrattamenti ex art. 572 c.p. ne costituisce la princi-
pale espressione.
Per definizione si ha reato abituale ogniqualvolta il
soggetto agente reitera nel tempo più condotte identiche
od omogenee.
Orbene, in merito alla soggezione della summenzionata
categoria di reati alla regola dell’equivalenza, si sono con-
frontati due differenti filoni interpretativi.
Per un primo e minoritario orientamento, la struttura
dei reati abituali impedisce una loro integrazione median-
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