Le maggioranze assembleari

AutoreVincenzo Nasini
Pagine438-439
438
dott
4/2013 Arch. loc. e cond.
RIFORMA DEL CONDOMINIO
LE MAGGIORANZE
ASSEMBLEARI
di Vincenzo Nasini
L’argomento delle maggioranze assembleari è assai
complesso e talvolta risulta di diff‌icile comprensione.
Vediamo quindi di fornire una esposizione il più possi-
bile chiara ed esaustiva.
In primo luogo bisogna distinguere tra maggioranze ne-
cessarie per la valida costituzione dell’assemblea e mag-
gioranze necessarie per la validità delle deliberazioni.
Infatti, prima che l’assemblea inizi a discutere sugli
argomenti all’ordine del giorno, è necessario verif‌icare
(a cura del presidente e del segretario) se essa possa
considerarsi validamente costituita: se non lo fosse non si
potrebbe neppure procedere alla discussione e si dovrebbe
sciogliere anzitempo la riunione.
Perciò, accertato preliminarmente che tutti i condomi-
ni siano stati regolarmente convocati nel rispetto del ter-
mine di preavviso e delle altre formalità richieste dall’art
66 disp. att. c.c., si dovrà verif‌icare:
a) in prima convocazione: se siano intervenuti (personal-
mente o per delega, non fa differenza) tanti condòmini che
rappresentino i due terzi del valore dell’intero edif‌icio e la
maggioranza (metà più uno) dei partecipanti al condominio.
b) in seconda convocazione:se siano intervenuti tanti
condòmini che rappresentino almeno un terzo del valore e
un terzo dei partecipanti al condominio.
Accertato che l’assemblea è regolarmente costituita si
procede alla discussione e quindi alla deliberazione sui
singoli punti all’ordine del giorno.
A questo punto è necessario focalizzare un altro
concetto fondamentale : le deliberazioni dell’assemblea
devono essere adottate secondo il criterio della doppia
maggioranza : quella del numero (“teste”) e quella del
valore (millesimi).
Si tratta di un criterio previsto dal legislatore del
1942 f‌inalizzato ad assicurare che la volontà dell’assem-
blea, organo sovrano del condominio, si manifesti in modo
democratico, impedendo che pochi condomini possessori
di molti millesimi possano imporre la loro volontà a una
maggioranza numerica portatrice di pochi millesimi, ma,
al tempo stesso, che una maggioranza numerica possa si-
stematicamente imporre le sue decisioni a una minoranza
che, in quanto titolare di molti millesimi, sarebbe chiamata
poi a sostenere in misura rilevante spese particolarmente
elevate deliberate dagli altri.
Le (doppie) maggioranze richieste sono diverse a se-
conda della materia e del fatto che si tratti di materie di
ordinaria o straordinaria amministrazione o di innovazioni
o a seconda che si tratti di assemblea di prima o seconda
convocazione.
In linea generale, nell’assemblea in prima convocazione
sono valide le deliberazioni approvate con la maggioranza
degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edif‌icio.
TERMINI PER LA
COMUNICAZIONE DELL’AVVISO
DI CONVOCAZIONE
DELL’ASSEMBLEA
di Antonio Nucera
Ai sensi dell’art. 66, terzo comma, primo periodo, disp.
att. c.c. “l’avviso di convocazione, contenente specif‌ica indi-
cazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato alme-
no cinque giorni prima della data f‌issata per l’adunanza in
prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta
elettronica certif‌icata, fax o tramite consegna a mano, e deve
contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione”.
Ciò posto, interessa, in questa sede, soffermarsi sul fatto
se i “cinque giorni” di cui sopra debbano intendersi liberi
o meno: se, cioè, dal calcolo vadano o no espunti il giorno
della convocazione e quello della ricezione dell’avviso.
Premesso che si tratta di un argomento sul quale si
discute da tempo, dato che anche il testo previgente del
citato art. 66 nulla diceva in proposito, si segnala – a livel-
lo di giurisprudenza di legittimità – una lontana sentenza
della Cassazione, la n. 955 del 27 marzo 1969, nella quale
si afferma che il giorno di recezione dell’avviso, ai f‌ini del
computo del termine di cui trattasi, deve essere calcolato
e che, pertanto, si tratta di giorni “non liberi”. In dottrina,
al contrario, è stato sostenuto che si tratta di “giorni liberi”
(cfr. fra gli altri, F. TAMBORRINO, Come si amministra un
condominio, ed. Il Sole 24 Ore, 216, 2004).
Essendo, all’evidenza, la situazione incerta e dibattuta
(con alterne vicende a livello di giurisprudenza di merito),
si comprende bene perché i maggiori testi di commento, sia
alla nuova sia alla vecchia disciplina, si incentrino nel dire
che debbano essere giorni liberi: si evita, così, di coinvolge-
re gli amministratori in situazioni che potrebbero sfociare,
sul piano pratico, in diatribe giudiziarie dall’esito incerto.
In conclusione, per tranquillità, e in attesa che si
pronunci nuovamente la Cassazione, appare consigliabile
considerare senz’altro “liberi” i cinque giorni in parola.

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