Confisca dei beni mafiosi e tutela dei diritti dei terzi: difficili equilibri, controverse soluzioni

AutoreFrancesco Vignoli
Pagine627-635

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@1. Premessa.

Da stime rese note dalla stampa risulterebbe che, al 31 luglio 2004, i beni sottoposti a sequestro o confisca erano più di 23 mila, di cui oltre il 50% beni immobili, 21,9% beni mobili, 23,7% titoli 1. Le cifre esposte sono oltre modo significative ed esprimono la rilevanza, e decisiva incidenza ai fini della lotta alla criminalità, della normativa antimafia nella parte in cui è volta a sottrarre alle organizzazioni malavitose il loro patrimonio.

Devolvere all'erario i beni, per riutilizzarli, costituisce uno dei modi più efficaci per avversare il fenomeno mafioso. Da ciò il ricorso sempre più frequente da parte dello Stato alle «armi economiche antimafia» 2.

Il vantaggio delle misure patrimoniali è duplice. Non solo sodalizi illeciti vengono privati del loro sostentamento, ma altresì il bene confiscato viene escluso da un circolo vizioso per essere destinato a fini pubblici o a una funzione sociale 3.

A fronte dell'esigenza repressiva, sussiste peraltro la legittima aspettativa, vantata dal terzo creditore in buona fede, di non essere pregiudicato dalla spoliazione dei beni dell'indiziato di appartenenza alla mafia.

Assume, dunque, significativo interesse, non soltanto agli occhi del giurista, la disamina della disciplina in materia di beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali con particolare riferimento alla tutela dei terzi creditori.

@2. Il contesto disciplinare delle misure patrimoniali di prevenzione.

La legge 31 maggio 1965, n. 575 in ragione della pericolosità dei soggetti «indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altri sodalizi criminosi, comunque localmente denominati, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso» (art. 1), ha esteso ad essi l'applicabilità del regime delle misure di prevenzione previsto, per le persone per la sicurezza e per la pubblica moralità, dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423.

Le integrazioni apportate dalla legge 13 settembre 1982, n. 646 (cosiddetta legge Rognoni-La Torre), recante «Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale», hanno ulteriormente implementato l'efficacia interdittiva della disciplina normativa de qua 4.

In base al testo odierno della L. n. 575/65, nei confronti delle persone di cui all'art. 1, il Procuratore nazionale antimafia, il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona o il Questore possono proporre la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno (art. 2).

Alle misure personali il legislatore affianca strumenti di carattere patrimoniale tesi a prevenire o, secondo una interpretazione più realistica 5, a reprimere l'appartenenza al sodalizio criminoso 6.

Il procuratore della Repubblica o il Questore territorialmente competente a richiedere l'applicazione della misura personale di prevenzione procedono, anche avvalendosi della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, alle indagini finanziarie nei confronti dei soggetti indiziati di appartenere alle associazioni malavitose (art. 2 bis, primo comma).

Nel corso del procedimento per l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale «ove necessario può procedere ad ulteriori indagini» (art. 2 ter, primo comma). A seguito, e in conseguenza, degli accertamenti volti a verificare il tenore di vita, le disponibilità finanziarie e patrimoniali dell'indiziato, il tribunale, anche d'ufficio, ordina, ai sensi dell'art. 2 ter, secondo comma, con decreto motivato, il sequestro preventivo dei beni dei quali il proposto per la misura «risulta poter disporre, direttamente od indirettamente, quando il valore di tali beni risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base dei sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego» 7.

Nell'ottica della finalità di distogliere i beni dall'utilizzo del «mafioso» e di assicurarli alla fun-Page 628zione pubblica, onde realizzare una concreta lotta contro la criminalità organizzata, il legislatore non prende in considerazione la titolarità piena o limitata da parte del soggetto passivo ovvero il semplice possesso, ma ritiene condizione sufficiente per la misura patrimoniale la disponibilità diretta o indiretta da parte dell'indiziato dei beni frutto di traffici illeciti.

L'art. 2 ter, secondo comma è esplicito nel prevedere che il sequestro grava sui beni di cui l'indiziato «risulta poter disporre direttamente e indirettamente» riprendendo l'inciso normativo del precedente art. 2 bis, terzo comma, nella parte in cui il legislatore sottopone alle indagini finanziarie relative ai traffici dell'indiziato il coniuge, i figli, il convivente nonché le persone fisiche ed enti del cui patrimonio il «mafioso» risulta «poter disporre, in tutto o in parte, direttamente o indirettamente».

Al termine del procedimento con il quale viene applicata la misura di prevenzione personale, il tribunale dispone la confisca dei beni precedentemente sottoposti a sequestro dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza.

Le misure patrimoniali presuppongono un'intima connessione fra il bene di cui non sia provata la legittima provenienza e l'indiziato, «essendo la pericolosità del bene considerata dalla legge derivare dalla pericolosità della persona che ne può disporre» 8.

@3. La natura strumentale alla confisca del sequestro patrimoniale antimafia.

Tra le misure di prevenzione patrimoniale volte a contrastare fenomeni di associazione criminale emerge la figura del sequestro il quale comporta lo spossessamento dei beni di provenienza illecita che rientrino nella disponibilità diretta o indiretta dell'indiziato di appartenere a sodalizi criminosi.

Ai sensi dell'art. 2 quater il sequestro è eseguito sui mobili e sui crediti secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo e sugli immobili o mobili registrati con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici.

Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura ed un amministratore.

Privato della disponibilità dei beni sequestrati, il soggetto indiziato di appartenere alle associazioni di cui all'art. 1 L. cit. non è sottratto della proprietà dei beni giacché il trasferimento è subordinato al successivo, ed eventuale, provvedimento di confisca da emettersi all'esito del procedimento che lo vede coinvolto, salvo che non ricorrano le condizioni di revoca del sequestro «quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o quando risulta che esso ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente» (art. 2 ter, quarto comma).

Nella more del sequestro i beni, sottoposti alla misura cautelare reale, vengono separati dal patrimonio del prevenuto, pur continuando ad appartenergli, per essere soggetti all'amministrazione di un terzo. Sui beni grava un vincolo di indisponibilità non idoneo a estinguere in capo al dominus. Dell'operato dell'amministratore verrà a beneficiare il prevenuto, attuale proprietario, ovvero lo Stato nel caso in cui, all'esito del procedimento, venga disposta la confisca. L'amministratore esercita la gestione di un patrimonio per conto di chi spetterà il bene.

Giova evidenziare il legame che intercorre fra sequestro e confisca insistendo sul nesso di strumentalità che lega il provvedimento cautelare alla misura ablatoria.

È sulla predetta colleganza che occorre insistere per cogliere efficacemente il senso di una misura, di incerta e discussa natura giuridica 9, che ha la sua precipua funzione nell'assicurare la confisca e che consiste, essenzialmente, nell'anticipazione dello spossessamento definitivo attuato con la misura ablatoria, di cui viene a partecipare dei caratteri sanzionatori e di prevenzione criminale 10.

L'indiziato di appartenenza a sodalizi criminosi è temporaneamente privato della disponibilità dei suddetti beni in attesa che il procedimento si concluda con il trasferimento della res dello Stato o, per contro, con la restituzione.

@4. La confisca di prevenzione: misura ablatoria definitiva, fattore riequilibrante dell'economia illegale.

Sul termine «confisca» occorre evitare equivoci. Il paradigma dell'art. 240 c.p. è estraneo alla misura ablativa prevista dalla L. n. 575/65. Quest'ultima non è un'ipotesi speciale rispetto alla misura di sicurezza prevista dal codice ma, più verosimilmente, costituisce qualcosa di assai diverso, innanzitutto per la sua definitività.

È stato osservato che «al termine confisca corrisponde ormai un significato normativo sensibilmente variegato, che investe un fascio di istituti sempre meno riconducibili ad un comune denominatore, specie se si appunta l'attenzione sulla finalità della sanzione» 11.

Con la legge sopra richiamata la confisca entra nelle misure di prevenzione 12 e viene a costituire, «non senza perplessità» 13, un'ipotesi di ablazione definitiva dei beni del prevenuto.

La confisca sanziona l'illegittimità della provenienza del bene e, devolvendolo allo Stato, agisce come fattore riequilibrante dell'economia legale 14.

La ratio sottesa a siffatto provvedimento è quella di colpire con la misura ablativa beni e proventi di natura presuntivamente illecita, onde escluderli dal circuito economico collegato alle organizzazioni criminose, neutralizzando in tal modo la situazione di pericolosità insita nel permanere della ricchezzaPage 629 nelle mani di chi ne preordina l'impiego per ulteriori attività delinquenziali.

In definitiva, la limitazione alla disponibilità della res trae giustificazione dall'esigenza della società di difendere i cittadini da soggetti particolarmente pericolosi.

@5. Il difficile bilanciamento fra la destinazione...

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