Le macchie sulla Toga

AutoreStefano Vinci
Pagine49-95

Page 49

@1. La "fascistizzazione" della professione forense

L'avvento del fascismo segnò un duro colpo all'avvocatura libera, attraverso numerosi tentativi diretti a regolamentare le c.d. "libere professioni" che dovevano essere poste sotto il vincolo statuale nel modo più completo1.

Tra il 1926 e il 1933 si assistette infatti - scrive Turi - ad «uno dei più cospicui tentativi di disciplinamento sociale, di neutralizzazione politica e di inquadramento istituzionale attivati (dal regime fascista) nell'area delle professioni intellettuali»2.

La legge nr. 453 del 25.3.1926 previde una nuova disciplina per gli esami di Stato per diventare avvocato3; l'introduzione del nuovo requisito della «condotta specchiatissima ed illibata» ai finiPage 50dell'iscrizione agli albi4; l'istituzione del Consiglio Superiore Forense5; la piena autonomia degli Ordini in materia di tenuta degli albi e in campo disciplinare6.

All'approvazione della legge seguirono tre regolamenti che precisarono e definirono meglio la svolta che il regime voleva imporre alla professione forense7. Il primo sancì la cancellazione dagli albi di tutti gli avvocati e procuratori che avessero svolto una pubblica attività in contrasto con gli interessi della nazione e lo scioglimento di tutti i Consigli dell'Ordine, accompagnato dalla contestuale nomina di commissioni che dovevano provvederePage 51alla revisione straordinaria degli albi8; il secondo riconobbe il Sindacato Fascista come unico rappresentante legale della classe forense9 e il terzo stabilì il regolamento di attuazione della legge 453/1926, definendo minuziosamente gli aspetti relativi agli esami di Stato per divenire avvocato, nonché le modalità di elezione e di funzionamento del Consiglio Superiore e il ruolo dei Sindacati nei procedimenti disciplinari10.

Nel novembre del 1933 gli Ordini e le Commissioni reali furono formalmente soppressi, con l'attribuzione ai Sindacati della competenza disciplinare e la custodia degli albi11. Ai Sindacati venne altresì attribuito il compito di fissare i criteri di massima per laPage 52determinazione degli onorari e delle indennità. Ormai il Sindacato aveva conquistato di fatto vere e proprie funzioni di ordine pubblico, che gli permettevano di vigilare e tutelare la classe forense «a quel modo istesso che gli organi amministrativi dello Stato vigilavano e tutelavano la categoria di funzionari dipendenti e cen-suravano e reprimevano le loro infrazioni»12.

Accanto a tali riforme, il regime mise in atto il tentativo di disciplinare anche il lavoro dell'avvocato in senso stretto, attraverso l'imposizione di regole a cui uniformare l'eloquenza forense, di limitare la durata delle arringhe e di controllare il merito delle argomentazioni, nell'intento di eliminare una scomoda «tribuna» dalla quale si poteva parlare all'opinione pubblica, anche alla più minuta e incolta13.

L'avvocato fascista doveva cambiare stile eloquente, comportarsi in modo più adeguato ai ritmi pulsanti dei tempi nuovi, lasciandosi dietro le spalle il barocchismo inutile della tradizionePage 53retorico-forense del passato14. Lo stesso Mussolini era intervenuto sull'argomento rivolgendosi agli avvocati d'Italia: «Ormai l'eloquenza è diritta, lineare, tendente alle cose concrete e alle concezioni precise. Voi dovete servirvi di questa eloquenza che non esclude la forma e la grazia, per i fini educativi che il Regime si propone, attraverso tutte le istituzioni di cultura che il Regime sta promuovendo»15.

Bentini testimonia, già nel 1927, il mutamento di stile che veniva richiesto agli avvocati:

L'eloquenza, la parola che dice un uomo per conto di un altro, il mandato di un interesse, di una ragione, di un sentimento, pesano oramai come un indugio o un perditempo. Si vuole che la parola corra dietro ai fatti, per la via più corta. Avvocato, la prego!... dice il Presidente. Di che cosa? Di essere chiaro, esatto, riguardoso? No, di essere breve. La parola ha da avere il singhiozzo della fretta, il palpito nervoso dell'affaccendamento che tutti afferra e travolge. Preparatevi a fare un esordio o una perorazione dinanzi al tribunale di una grande città. Voi leggerete negli occhi dei giudici un supplice grido: Deh! Non lo fate! E l'eloquenza ripiega l'ala e si trascina. Perché è una forma d'arte, che ha bisogno del suo tempo per la elaborazione e la estrinsecazione, che ha le sue leggi e i suoi precetti, le sue foggie e i suoi modelli. Più della sintesi non può dare ai tempi e alla loro costrizione, perché oltre la sintesi c'è il balbettamento16.

Page 54

Gli impulsi dati all'avvocatura per costringere l'eloquenza sfociarono nella proposta del codice di procedura penale avanzata nel 1930 dal ministro Rocco17: l'art. 441, nella sua stesura iniziale, stabiliva un limite temporale alla durata degli interventi dei difensori di quaranta minuti sulle questioni incidentali e di tre ore per la discussione finale (art. 472), mentre per il pubblico ministero non era stabilito alcun limite.

Quale ulteriore elemento di controllo, il progetto prevedeva il potere del giudice di togliere la parola all'avvocato o al pubblico ministero che avessero abusato della facoltà di parlare, ovvero che si fossero abbandonati a dire «cose inutili o fatue» e a «divagazioni incongruenti»18. La proposta di Rocco non fu accolta entusiasticamente dagli avvocati: l'avvocatura, rappresentata nel 1930 dalle Commissioni Reali e dal Sindacato Fascista, si trovò ovviamente in prima linea, se pur tra mille cautele, nel non condividere l'impostazione ministeriale. Rocco accolse le critiche degli avvocati eliminando, nella versione definitiva del codice tutti i limiti temporali posti agli interventi dei difensori19 e affidando le decisioni in merito ai magistrati che presiedevano i dibattimenti: al giudice era riconosciuto il potere di togliere la parola alle parti, sia difensori che pubblico ministero, qualora ne avessero abusato20.

Page 55

Di fronte alle briglie imposte dal regime alla professione forense, gli avvocati furono costretti ad «alzare la testa dai libri e ad affacciarsi alle finestre»21 : se molti di loro scelsero di adeguarsi al fascismo per le ragioni più diverse, quali condivisione di interessi, «per opportunismo e per amore di pace»22, una larga percentuale preferì invece l’afascismo o l´antifascismo23 che gli costò violenze ed epurazioni24.

Page 56

Il rimpianto della libertà di cui avevano goduto gli avvocati in passato, spinse gli stessi a volersi autoregolamentare attraverso la formulazione di regole deontologiche per una professione che viveva tempi difficili. Questa situazione di profonda crisi viene riassunta dal Bentini nell'incipit de Le macchie sulla toga: «Forse una parola che rievocasse voci e figure d'altri tempi, remote o vicine, non sarebbe superflua in quest'ora di scadimento. C'è la tendenza a costringere e a respingere l'avvocatura, una specie di condanna, di espiazione dei suoi orgogli, delle sue arroganze. Nella legge non c'è posto per lei, e in Tribunale non c'è tempo per gli uomini che parlano in suo nome»25.

Nell'ottica di voler diffondere regole e modelli comportamentali che potessero supplire alla mancanza di un codice deontologico26 ed esempi di eloquenza che il regime avrebbe voluto privare della retorica, fiorirono nel ventennio fascista libelli e riviste che si proponevano il doveroso compito di educare le nuove generazioni di avvocati27.

Le arringhe costituirono un vero e proprio nuovo genere letterario e trovarono spazio nel giornale «La toga», nella rivista «L'eloquenza» o furono pubblicate in edizioni a se stanti28.

Page 57

Si assistette anche alla ristampa dei principali galatei professionali ottocenteschi29: nel 1925 l'avvocato Ernesto Brangi diede alle stampe la Fisiologia dell'avvocato del Fiorentino del 184230; nell'anno successivo furono tradotti L'anima della toga dell'avvocato madrileno Angel Ossorio31 - deputato liberale al Parlamento spagnolo «prima che la dittatura militare facesse il silenzio sui Partiti»32- e L'avvocato dell'ex presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati parigini Henry Robert33; nel 1930 Giovanni Giuriati fece ristampare il fortunato manuale Come si fa l'avvocato del padre Domenico Giuriati del 189734, che il Cucari riprese, nello stesso anno, quale parametro di confronto fra «l'avvocato ideale» e quello «reale»35; nel 1938 Domenico Galdi curò la ristampa del Galateo degli avvocati di Vincenzio Moreno del 184336.

Accanto a queste ristampe, comparivano Sotto la toga di Mattia Limoncelli37; Le macchie sulla toga di Genuzio Bentini nel 192738; Arte e Pratica forense di Carlo Alberto Capobianchi nel 192939, in cui oltre alle regole di condotta, professionali e morali, si trovano indicate norme pratiche, ritenute particolarmente necessarie vistoPage 58che la legge professionale dell'anno precedente aveva equiparato alla pratica post-laurea la frequenza di appositi seminari presso le Università40; l´Almanacco dell'avvocato di Domenico Galdi nel 193041, che offriva una «documentazione suggestiva che ricordi ai vecchi, che dica ai giovani che la tradizione della nobiltà dell'avvocheria italica non si spegne e non si affievolisce»42; i Consigli ad un giovane avvocato di Bentini nel 1935, definito da Botteri «il galateo più divertente e agile di quegli anni»43; un manuale deontologico dal titolo Introduzione allo studio della deontologia forense di Attilio Gaglio nel 193944.

In questa vasta produzione letteraria di ispirazione deontologica, Bentini si ritagliò il proprio spazio: sentì suo il compito di definire il modello di avvocato penalista, «la specie che simboleggia tutto il genere» ovvero «l'avvocato per eccellenza, [...] figura che il nome ridesta nella visione dei più, dell'uomo in piedi che si fa vedere, dell'uomo che parla, che si fa sentire»45, élite cui sentiva profondamente di appartenere.

Secondo Bentini, infatti, il penalista «si logora al contatto della poveraglia lamentosa o tempestosa» mentre il consulente o il civilista sono...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT