Locazione ad uso foresteria

AutoreStefano Giove
Pagine15-16

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    Intervento svolto al XVI Convegno Coordinamento legali Confedilizia tenutosi a Piacenza il 9 settembre 2006.

Già altre volte, anche in occasione dei nostri incontri annuali, si è dovuto riflettere sull'ammissibilità di tipologie ´diverseª; non solo da quelle ormai semi-rigide dettate dalla L. 431/98, ma anche in grado di considerarsi sottratte (vedremo perché) alle regole ancora in vigore della L. 392/78.

Al di là delle esplicite esclusioni di cui all'art. 1 della novella - sulle quali ancora ci soffermeremo per tutta questa sessione - deve infatti considerarsi come sia cambiato il necessario approccio alle problematiche di confine da parte degli interpreti.

Data questa premessa risulterà chiaro a tutti i presenti il perché della scelta odierna di un ´tipoª che tanta fortuna ha avuto nel vigore della legge quadro del 1978.

Proprio le ragioni sottese anni fa alla diffusione delle foresterie consentono oggi di valutare in modo diverso non tanto la singola fattispecie - il che è evidente a quadro normativo mutato - quanto, lo si è appena detto, il metodo che deve guidare l'interprete.

Che degli orientamenti di un recente passato sia difficile liberarsi è dato notorio; che trova conferma - e proprio nella tematica oggetto di queste riflessioni - ove si consideri che è stato (tra gli altri) proprio il richiamo all'utilizzo ´improprioª della locazione ad uso foresteria uno degli argomenti usati 1 per negare cittadinanza autonoma (anche) dopo la novella.

Della irrilevanza, ai nostri fini, di tale rinvio a passate esperienze la dottrina si è già occupata 2; in questa sede sarà sufficiente ricordare che anche le odierne riflessioni sono dirette ad inquadrare la destinazione a foresteria effettiva, priva cioè della (ancora possibile) connotazione elusiva di norme cogenti 3.

La domanda che ha senso continuare a porci e che rileva dal punto di vista interpretativo - da cui abbiamo preso le mosse - è insomma questa: viste le esclusioni di cui all'art. 1 della ´nuovaª legge destinata alle abitazioni (rectius la riconduzione al codice di quelle tipologie) e vista la previsione dell'art. 5 (che sembra enfatizzare tutte le particolari esigenze delle parti contraenti) la disciplina del rapporto tra locatore e conduttore (normalmente società) - quando una abitazione è destinata ad uso turnario di persone fisiche individuate di volta in volta dall'inquilino - rientra nella L. 431/98; nelle regole di cui al Capo II L. 392/78; ovvero resta regolata (solo) dagli artt. 1571 segg. c.c.?

Detto in altri termini l'interrogativo è se - oggi - abbia ancora senso sforzarci di trovare ´per forzaª un riferimento vincolante a tipologie regolamentate in modo specifico (quasi non ne esistessero di diverse) per concludere poi nel senso dell'ammissibilità di contratti del tutto liberi soltanto se ogni tentativo nel senso indicato convinca della impossibilità di ricondurre quel caso a schemi disciplinati dal legislatore.

Il quesito, dal punto di vista ermeneutico, è meno banale di quanto possa apparire. Infatti, lo si è detto, è chiaro che in un settore tanto disciplinato (anche se meno di un tempo) la tendenza è a sentirsi tranquilli solo in presenza di chiare indicazioni come quelle di cui all'art. 1 L. 431/98 (che - però - non menziona, se non in un caso, contratti assimilabili a quelli in esame).

Ebbene è proprio la riconduzione al codice di alcune locazioni abitative anche primarie la...

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