La locazione di beni condominiali

AutorePier Paolo Capponi
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@1. I presupposti

Nell’ambito condominiale esistono, o possono esistere, dei locali suscettibili di godimento separato per loro stessa struttura e destinazione, che per qualsiasi motivo sono di proprietà comune di tutti i condòmini (ad esempio, un appartamento, un negozio, etc.) o locali comuni non aventi una particolare destinazione (ad esempio, uno scantinato od un sottoscala mai utilizzati o il locale un tempo usato per contenere la caldaia dell’impianto di riscaldamento centralizzato, oggi rimasto vuoto a seguito della rimozione della stessa per la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti autonomi, etc.) o altri beni condominiali dal più vario potenziale utilizzo (ad esempio gli spiazzi antistanti al caseggiato, da adibire a giardino nel quale installare panchine, tavolini, giochi per bambini, oppure i lastrici solari sui quali installare antenne centralizzate o individuali, terrestri o satellitari, o da attrezzare, per l’estate, con lettini prendisole, o anche soltanto da usare per stendere i panni, etc.).

Il primo quesito da porsi in questi casi è “se” ed “a quali condizioni” tali beni comuni possono essere locati a terzi, che ne avranno perciò, per tutta la durata del contratto, il godimento esclusivo ex art. 1571 c.c.: siano essi singoli condòmini (perché in tal caso essi diventerebbero terzi rispetto al condominio) siano essi, invece, persone, società o enti, completamente estranei al condominio. La prima risposta, quella sul “se”, è affermativa: pur essendo strettamente legata alla seconda, e cioè “a quali condizioni”.

Per avere una visione d’insieme della materia si riporta qui di seguito la motivazione di una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4131/01 (in questa Rivista, 2001, 467) dalla quale possono trarsi diversi ed interessanti spunti di riflessione.

“Qualora non sia possibile l’uso diretto della cosa comune da parte di tutti i partecipanti alla comunione, proporzionalmente alla quota di ciascuno, ovvero promiscuamente oppure con sistemi di turni temporali o frazionamenti degli spazi, l’uso indiretto della cosa comune (nella specie mediante locazione, che è atto di ordinaria amministrazione) può essere deliberato dall’assemblea dei condòmini a maggioranza (ovvero disposto dal giudice, ex art. 1105 c.c., ultimo comma, c.c.) costituendo l’indivisibilità del godimento o l’impossibilità dell’uso diretto il presupposto per l’insorgenza del potere assembleare circa l’uso indiretto”. (Negli stessi termini: Cass. n. 13763/04, in questa Rivista, 2004, 741; Cass. n. 8528/94, ivi 1995, 382; Cass. n. 6010/84, ivi 1985, 374; Cass. n. 312/82).

Ecco gli spunti di riflessione:

1) il primo ha contenuto critico: ritengo infatti che sia difficile trovare casi in cui, quanto meno potenzialmente, l’uso diretto di una parte comune sia “impossibile” da parte di tutti i partecipanti alla comunione: soprattutto quando si consideri, come recita la sentenza, che tale impossibilità dovrebbe ricomprendere diverse situazioni, quali quella dell’uso promiscuo, oppure con sistemi di turni temporali o frazionamenti degli spazi della cosa comune.

Quanto all’uso promiscuo, viene alla mente, a mero titolo di esempio, la possibilità di usare un locale condominale per tenervi le relative assemblee o depositarvi materiali; la possibilità di usare uno spiazzo a gioco dei bambini; la possibilità di usare i lastrici solari per stendervi la biancheria, prendervi il sole, etc. Quanto all’uso con sistemi di turni temporali, si pensi invece agli spiazzi condominiali da destinarsi eventualmente a posti auto, per i quali - a meno che detti spiazzi siano di dimensioni limitatissime - è quasi sempre possibile un uso turnario.

Quanto all’uso con frazionamenti degli spazi, mi viene in mente la possibilità di frazionare un locale condominiale come ripostiglio: ponendovi degli armadietti, se di dimensioni molto piccole, o dividendolo con delle pareti in cartongesso, se di maggiori dimensioni; la possibilità di usare i lastrici solari per collocarvi cisterne individuali di riserva dell’acqua potabile, etc.

Per tali motivi, la delibera con la quale si decidesse di locare una cosa comune offrirebbe quasi sempre il fianco a facili impugnazioni.

Soccorre allora, Cass. n. 8528/94 laddove alle parole “non sia possibile” (n.d.r.: l’uso promiscuo, oppure con sistemi di turni temporali o frazionamenti degli spazi), aggiunge le parole “o ragionevole”, fornendo al giudice che si trovi a dover decidere sulla legittimità di una delibera con la quale sia stato concesso un bene comune in locazione ad un terzo, una certa discrezionalità nel valutare la scelta adottata dall’assemblea, senza trovarsi necessariamente “ingabbiato” entro un parametro che - si è visto - se seguito alla lettera, finirebbe per escludere o limitare grandemente la possibilità stessa di un uso indiretto della cosa comune.

2) Altra importante indicazione contenuta nella precitata Cass. n. 4131/01 (così come in Cass. n. 8528/94) è che il “presupposto per la validità della delibera non è l’indivisibilità del bene, ma l’impossibilità di un uso diretto”.

In altri termini, non è necessario che la cosa sia materialmente indivisibile, ma che, sia pure in maniera ap-Page 459prossimativa, sia impossibile il godimento della stessa da parte di tutti i condòmini.

È, perciò, l’«indivisibilità del godimento» - come cita testualmente Cass. n. 4131/01 - il presupposto per l’insorgenza del potere assembleare circa l’uso indiretto.

“La deliberazione che adotta quest’ultimo uso senza che ne ricorrano le condizioni” - aggiunge la citata sentenza - “è nulla, quale che sia la maggioranza, salvo che ricorra l’unanimità”.

3) altro principio che si evince dalla sentenza del 2001 è che l’atto di cui trattasi, e cioè la locazione di un bene condominiale, è un “atto di ordinaria amministrazione”.

La succitata decisione è conforme a Cass. n. 10446/98 (in questa Rivista, 1998, 768) la quale ha avuto cura di precisare che poiché la locazione di una cosa comune “non integra un’innovazione, ai sensi dell’art. 1120 del codice civile non risolvendosi né in una modificazione materiale di un bene comune, né in un mutamento della sua destinazione economica (l’utilizzazione indiretta di un immobile non si differenzia da quella diretta), l’unica alternativa che si pone è quella del suo inserimento tra gli atti d’amministrazione ordinaria, per i quali la ratifica richiede una...

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