La crisi di liquidità fra scusante e scriminante secondo i giudici di merito

AutoreGiuseppe De Falco
Pagine517-525
517
giur
Rivista penale 5/2014
MERITO
Proprio in relazione all’esiguità di tale importo la Dife-
sa f‌iduciaria dell’imputato ha sostenuto che l’omesso ver-
samento è da ascriversi ai pignoramenti dei crediti vantati
dalla società nei confronti dei clienti e degli istituti di
credito in prossimità della scadenza del termine previsto
per il pagamento.
L’assunto risulta riscontrato dalle produzioni difensive,
in alcun modo contestate dalla Pubblica Accusa, essendo
del tutto logico ritenere che, ove le residue risorse f‌inan-
ziarie della snc Bragoli non fossero state bloccate con i
pignoramenti del novembre e dicembre 2009, l’odierno
imputato avrebbe molto verosimilmente proceduto al ver-
samento quantomeno dell’importo di euro 829,00 per non
incorrere in responsabilità penale.
Deve quindi ritenersi quanto meno dubbia la sussisten-
za dell’elemento soggettivo del delitto contestato.
Ne consegue l’assoluzione di Bragoli Mirco dal reato
ascritto per difetto di dolo.
Termine di giorni sessanta per il deposito della motiva-
zione. (Omissis)
LA CRISI DI LIQUIDITÀ FRA
SCUSANTE E SCRIMINANTE
SECONDO I GIUDICI DI MERITO
di Giuseppe De Falco
SOMMARIO
1. Introduzione. 2. Brevi cenni sugli elementi costitutivi del
reato di omesso versamento dell’Iva; a) Ratio legislativa. b)
La condotta repressa ed il momento consumativo del reato.
c) L’elemento soggettivo. d) La soglia di punibilità. 3. La ri-
levanza dello stato di illiquidità. 4. Commento della sentenza
del Tribunale Monocratico di Piacenza. 5. Conclusioni.
1. Introduzione
In un clima di particolare interesse verso la crisi del
mercato e le diff‌icoltà di molteplici imprese italiane,
specie quelle di piccole/medie dimensioni, fa sicuramente
clamore, nel comune sentire, una sentenza che riconosca
in genere lo stato di crisi dell’impresa nei reati di omis-
sione del versamento dell’imposta sul valore aggiunto.
Tuttavia a fronte di tale clamore non sempre corrispon-
de una chiarezza concettuale circa gli istituti applicati dai
giudici al f‌ine di tutelare la posizione degli imprenditori
che incolpevolmente non riescano a far fronte ai propri
debiti tributari, per il concorrere di altre situazioni debi-
torie che, viceversa, se non adempiute, comporterebbero
l’esposizione al rischio di fallimento o comunque alla chiu-
sura dell’attività imprenditoriale.
Così, in questo clima di crisi economica, i giudici rispon-
dono con le proprie sentenze, riconoscendo la crisi di im-
presa come causa di giustif‌icazione, o come scusante, ma
occorre fare chiarezza sul punto per ricondurre gli argo-
menti motivazionali delle pronunce delle corti, non sempre
chiari, agli istituti di parte generale del diritto penale.
La sentenza che ci si accinge a commentare ha rap-
presentato un importante passo avanti all’interno dell’evo-
luzione giurisprudenziale in tema di riconoscimento dello
stato di illiquidità in relazione al reato di cui all’art. 10-ter
D. L.vo. n. 74/2000, il c.d. Omesso versamento di Iva.
Sembra, infatti, sintomatico di un crescente interesse
dei giudici di merito la tutela delle posizioni degli indagati
che, nella realtà dei fatti, appaiano credibilmente incolpe-
voli nell’aver omesso il versamento dell’imposta sul valore
aggiunto.
Pertanto la sentenza del Tribunale Monocratico di Pia-
cenza appare importante non solo per essersi insinuata in
una strada già precedentemente segnata da altri Tribunali,
ma anche per essersi spinta oltre, come meglio in seguito
si metterà in luce.
2. Brevi cenni sugli elementi costitutivi del reato di
omesso versamento dell’Iva
a. Ratio legislativa
L’art. 10 ter, D.L.vo n. 74/2000, dispone: “la disposizione
di cui all’art. 10 bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche
a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta
in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per
il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta
successivo”.
La clausola in apertura della norma rinvia testualmen-
te alla disposizione dell’articolo di legge precedente, con
la funzione di applicare alla fattispecie dell’omesso versa-
mento Iva il medesimo termine edittale di pena dell’art. 10
bis (omesso versamento di ritenute certif‌icate) (1), la re-
clusione da sei mesi a due anni, nonché la quantif‌icazione
della soglia di punibilità f‌issata in 50.000 Euro.
Occorre brevemente premettere che l’art. 10 ter, così
come l’art. 10 bis che testualmente richiama, non rientra-
vano fra i reati originariamente previsti e puniti nel testo
originario del decreto del duemila; infatti, la prima ratio
legislativa era quella di reprimere penalmente condotte
di fraudolenza in senso lato, cioè condotte di chi alteri la
dichiarazione per ottenere un illegittimo risparmio di im-
posta. Nel testo originario erano, infatti, previste quattro
fattispecie in materia di “dichiarazione” (Titolo II Capo I,
la dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture
o altri documenti per operazioni inesistenti; la dichiara-
zione fraudolenta mediante artif‌ici o raggiri; la dichiara-
zione infedele; l’omessa dichiarazione), due fattispecie in
tema di documentazione (Capo II, l’emissione di fatture
per operazioni inesistenti; occultamento o distruzione di

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT