Le linee operative della direzione nazionale antimafia nella lotta ai trafficanti di persone in mare

AutorePiero Innocenti
Pagine11-12
125
dott
Rivista penale 2/2017
DOTTRINA
LE LINEE OPERATIVE DELLA
DIREZIONE NAZIONALE
ANTIMAFIA NELLA LOTTA
AI TRAFFICANTI DI PERSONE
IN MARE
di Piero Innocenti
Non era stato un lavoro facile quello fatto dalla Direzio-
ne Nazionale Antimaf‌ia (DNA), poco meno di tre anni fa,
nella elaborazione di un articolato documento (trentatre
pagine), contenente “proposte operative” per la soluzione
dei problemi di giurisdizione penale nazionale, relativa-
mente agli interventi effettuati dalle unità aeronavali,
nelle acque internazionali, nei confronti di navigli usati
dalle organizzazioni criminali per trasportare migranti.
L’obiettivo era quello di verif‌icare la possibilità di esercita-
re poteri coercitivi personali e reali per colpire le associa-
zioni a delinquere dedite al favoreggiamento dell’immigra-
zione clandestina e procedere ai sensi dell’art. 416 comma
6 del Codice Penale. Compito non semplice alla luce delle
diverse pronunce di autorità giudiziarie italiane, non sem-
pre convergenti, e per le molteplici norme di diritto inter-
no (in particolare gli artt. 6, 7 e 10 c.p., gli artt. 11 e 12 del
D.L.vo 286/1998 sull’immigrazione, gli artt. 1, 2, 3, 4 5, 6, e
7 del Decreto del Ministro dell’Interno del 14 luglio 2003),
del diritto sovranazionale (tra cui gli artt. 77, 78, 79 e 80
del Trattato sul funzionamento dell’Unione, gli artt. 18 e
19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Euro-
pea, la Risoluzione del Parlamento Europeo del 23 ottobre
2013 sui f‌lussi migratori nel Mediterraneo, il Regolamento
del Parlamento Europeo e del Consiglio, divenuto operati-
vo il 2 dicembre 2013, che istituisce il sistema europeo di
sorveglianza delle frontiere, Eurosur) e di quello interna-
zionale. In quest’ultimo ambito sono stati presi in conside-
razione soprattutto gli artt. 2, 22 e 23 della Convenzione
concernente l’Alto Mare di Ginevra del 29 aprile 1958,
gli artt. 91, 92, 110 e 111 della Convenzione delle Nazioni
Unite sul Diritto del Mare del 1982, gli artt. 2, 3 e 5 della
Convenzione ONU sul crimine organizzato sottoscritta a
Palermo nel dicembre 2000 e l’art. 8 paragrafo 7 del Proto-
collo addizionale sul Traff‌ico di Migranti per terra, mare e
aria, la Convenzione per la salvaguardia della vita umana
in mare, f‌irmata a Londra nel 1974 e ratif‌icata in Italia con
la legge 313/1988, la Convenzione internazionale sulla ri-
cerca e salvataggio in mare, stipulata ad Amburgo nel 1979
e resa esecutiva in Italia con la legge 147/1989 e, inf‌ine, la
Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Scopo dell’importante documento “..non è quello di
dettare direttive generali per il coordinamento delle for-
ze di polizia o di autorità giudiziarie, ma di contribuire a
individuare proposte operative alle quali potranno ispirar-
si le Procure Distrettuali chiamate a risolvere, nel corso
delle proprie indagini, problemi di giurisdizione in caso
di navigli operanti in alto mare ed utilizzati per il favoreg-
giamento dell’immigrazione clandestina”. Punto, tra l’al-
tro, ben evidenziato e (garbatamente) richiamato in altri
passaggi del documento per evitare problemi connessi a
prerogative e funzioni anche di altre istituzioni e organi-
smi dello Stato con competenze varie in tema di vigilan-
za, di prevenzione, di soccorso e di polizia in alto mare.
L’esigenza di approfondire la materia era nata da un atto
di indirizzo inviato (28 settembre 2013) dal Procuratore
Distrettuale di Catania alle forze di polizia del Circonda-
rio, relativamente alla problematica giuridica emersa nel
corso di attività investigative, in cui la gestione f‌inale dello
sbarco sulle coste italiane di migranti era avvenuto su pic-
cole imbarcazioni che avevano compiuto l’ultimo tratto
del viaggio in mare dopo aver aff‌iancato il naviglio prin-
cipale (“nave madre”) rimasto nelle acque internazionali.
Si trattava, dunque, di verif‌icare la sussistenza della giu-
risdizione italiana in relazione alle condotte illecite svolte
dalla c.d. nave madre in acque internazionali in raccordo
con le piccole imbarcazioni, in vista del risultato f‌inale -
il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - nelle
varie ipotesi in cui tali condotte possono manifestarsi
(nave madre senza bandiera, con bandiera di comodo o
con bandiera di altro Stato). Un gruppo di lavoro ad hoc
della Direzione Distrettuale Antimaf‌ia di Catania e delle
Procure ordinarie del Distretto, alcune riunioni interisti-
tuzionali svoltesi verso la f‌ine del 2013 presso la DNA con
scambi di esperienze e di informazioni, hanno portato a
interessanti considerazioni che sono state alla base delle
“proposte” f‌inali esplicitate nel documento in questione
dal Procuratore Nazionale Antimaf‌ia. Il tema, quindi, della
sussistenza della giurisdizione italiana nei casi di sbarchi
agevolati dalle c.d. navi madre che stazionano in acque
internazionali, è suscettibile, si legge nel documento, di
“soluzione favorevole alla luce, in particolare, del Proto-
collo sullo smuggling annesso alla Convenzione ONU sul
crimine organizzato sottoscritta nel corso della Conferen-
za di Palermo (12-15 dicembre 2000) e ratif‌icata dall’Italia
con la legge 146 del 2006. Detto Protocollo, infatti, ha rap-
presentato una ulteriore evoluzione rispetto alle soluzioni
del Mare (Montego Bay, 10 dicembre 1982, ratif‌icata in
Italia con la legge 689/1994) sia per l’espressa previsione
del reato di smuggling tra quelli legittimanti l’intervento
degli Stati in acque internazionali sia perché va oltre il
riconoscimento del diritto di visita e controllo sulle navi
sospettate in attività di traff‌ico internazionale di migranti
ovvero perché privi di bandiera o con bandiera apparente,
prevedendo la possibilità di adozione di provvedimenti co-
ercitivi sulle navi visitate, nei limiti consentiti dal diritto
nazionale e internazionale. Un passo importante, dunque,
nella lotta ai traff‌icanti (che mettono spregiudicatamente

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