La disciplina dei licenziamenti collettivi tra diritto comunitario e diritto interno

AutorePietro Lambertucci
Pagine553-565
Pietro Lambertucci
La disciplina dei licenziamenti collettivi
tra diritto comunitario e diritto interno
S: 1. Premesse introduttive. - 2. La “nozione” di licenziamento collettivo e le fattispecie escluse.
- 3. Il campo di applicazione della legge n. 223 del 1991 e la disciplina comunitaria: i datori di la-
voro non imprenditori. - 4. Gli obblighi di consultazione sindacale e le procedure di licenziamento.
- 5. Rilievi conclusivi.
1. Interrogarsi ancora, dopo tre lustri dalla sua entrata in vigore, sulla disciplina
legale in materia di licenziamenti collettivi (la legge 23.7.1991, n. 223, che è stata intro-
dotta in “consapevole” attuazione della normativa comunitaria1) testimonia come il
“dialogo” tra fonti comunitarie e fonti interne non si sia mai interrotto, ma anzi quest’ul-
timo abbia assunto - alla luce dell’intervento massiccio della giurisprudenza comunitaria
- a volte il signif‌icato di un processo di progressiva “conformazione” del diritto interno
al diritto comunitario (si pensi, in particolare, alla nozione comunitaria di licenziamento
collettivo), ovvero, in altri casi, il valore di un vero e proprio conf‌litto (si veda la vicenda,
sotto tale prof‌ilo “paradigmatica”, dei licenziamenti collettivi ef‌fettuati da datori di lavo-
ro non imprenditori). In questa sede si cercherà di dar conto brevemente dei nodi pro-
blematici che ancora permangono nella disciplina nazionale esaminata nel “confronto”
con il diritto comunitario, verif‌icando gli spazi per una possibile interpretazione adegua-
trice della fonte interna alla fonte comunitaria.
È troppo noto il contesto socio - economico degli anni settanta in cui è maturata la
prima direttiva comunitaria n. 129 del 1975 in materia di licenziamenti collettivi, volta
ad “armonizzare” i diritti degli Stati membri dell’Unione europea, al f‌ine di eliminare
quella specif‌ica distorsione della concorrenza rappresentata dal dumping sociale2. È al-
trettanto acquisito che l’intervento del legislatore comunitario ha tentato di “contempe-
rare” gli interessi generali (al mantenimento dell’occupazione attraverso l’intervento
dell’autorità pubblica), gli interessi collettivi (sia del sindacato, quale “interlocutore”
dell’impresa, nel suo intervento volto ad eliminare o, perlomeno, attutire l’impatto dei
licenziamenti, sia della collettività dei lavoratori dell’impresa coinvolti o meno nel pro-
getto di licenziamento), gli interessi individuali (dei lavoratori destinatari dei provvedi-
menti espulsivi)3. Al fondo di tale complesso equilibrio si staglia, comunque, nitido, in
un’economia di mercato, il potere dell’imprenditore di poter ricorrere al licenziamento
delle eccedenze strutturali di personale.
1 Per una ricognizione sistematica sulla disciplina dei licenziamenti collettivi v., da ultimo, Natullo 2004.
2 V. D’Antona 2000, 331, il quale puntualizza che si è trattato di un’armonizzazione funzionalista, diretta a
generare direttive di «allineamento verso l’alto, normalmente richieste dai paesi europei con livelli di prote-
zione elevati e costosi (e dalle loro multinazionali)…»; cfr. anche Garofalo, Chieco 2001, 1 ss., spec. 5.
3 Per un’ef‌f‌icace sintesi, in ordine al rilievo della composizione dei predetti interessi nel quadro della disci-
plina delle eccedenze di personale, v. Garofalo, Chieco 2001, 1 ss.

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