La fine della leva militare e l'istituzione del servizio civile volontario

AutoreFrancesco Dal Canto
Pagine249-259

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@1. La riforma del servizio militare

Un'importante riforma delle forze armate italiane è stata introdotta con la legge delega n. 331/2000, recante "norme per l'istituzione del servizio militare professionale", in seguito attuata con il d.lgs. n. 215/2001, cui ha fatto seguito, con "disposizioni integrative e correttive", il d.lgs. n. 236/2003.

La legge n. 331 prevede, all'art. 1, che "l'ordinamento e le attività delle Forze armate sono conformi agli articoli 11 e 52 della Costituzione".

Quanto al riferimento all'art. 52, da sottolineare la circostanza che viene espressamente sancito dal legislatore l'assunto per cui la generalità delle attività svolte dalle forze armate trova il suo fondamento costituzionale nella previsione per la quale "la difesa della patria è sacro dovere del cittadino" (cfr. F. Dal Canto). Per quanto concerne invece il richiamo all'art. 11, esso rappresenta senza dubbio una novità assai rilevante: si profila infatti l'esigenza, dolorosamente sempre più attuale, di giustificare la presenza delle Forze armate all'estero, in occasione di crisi internazionali, in esecuzione di trattati o nell'ambito di alleanze, e tale giustificazione viene ricondotta, per la prima volta, appunto nell'alveo, oltre che dell'art. 52 Cost., dell'art. 11 Cost., in particolare ove si consentono "limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni" e ove si promuovono "le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

La legge prevede poi, in diretto svolgimento dei precedenti richiami ai principi costituzionali, l'analitico elenco dei compiti affidati alle Forze armate. Al comma 3 dell'art. 1 si stabilisce, in particolare, che "compito prioritario [...] è la difesa dello Stato", mentre, al comma 4, si aggiunge che le Forze armate hanno "altresì il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale e alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l'Italia fa parte". Infine, al comma 5 del medesimo articolo, si stabilisce che "le Forze armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza". Di fatto, quindi, le attività delle forze armate risultano essere riconducibili a tre distinti ambiti: la tradizionale difesa dall'aggressore esterno, la partecipazione ad attività di Page 250 ristabilimento delle pace in ambito internazionale e infine il coinvolgimento in attività volte al mantenimento della sicurezza interna al territorio statale.

Ancora, l'aspetto probabilmente più significativo della riforma introdotta con la l. n. 331, in armonia con i modelli di difesa della maggior parte dei paesi europei, è quello riguardante il progressivo passaggio a un esercito formato pressoché interamente da "professionisti", con graduale riduzione della leva militare fino alla sua sostanziale abolizione, obiettivo realizzatosi a partire dal 1º gennaio 2005.

Sembra utile, innanzi tutto, domandarsi se tale obiettivo possa dirsi conforme alle previsioni contenute nei primi due commi dell'art. 52 Cost. A questo proposito possono farsi due osservazioni: in primo luogo, vale la pena notare come il passaggio a un esercito interamente professionale rappresenti la conferma definitiva che per il legislatore è venuto inevitabilmente meno il rapporto di stretta strumentalità, un tempo ritenuto imprescindibile, tra il dovere di difesa della patria e l'espletamento dell'obbligo militare, previsto nel comma successivo. Nel momento in cui, come si è detto, l'art. 52 diviene la principale base di legittimazione del complesso di attività svolte dalle Forze armate, l'obbligo militare viene di fatto meno, con la conseguenza per la quale il dovere di difesa della patria non potrà più essere qualificato se non prescindendo da ogni collegamento con la leva. In altre parole, a un dovere costituzionale viene a non corrispondere più alcun obbligo giuridico, bensì un insieme di attività da espletarsi in seguito a una scelta libera e volontaria (sul punto v. anche § successivo).

Per inciso, è evidente come l'introduzione di un esercito costituito soltanto da volontari si ripercuota pure sulla prospettabilità dell'obiezione di coscienza, disciplinata ai sensi della l. n. 230/1998, la quale, trovando proprio nell'obbligo militare il suo presupposto logico e giuridico, è destinata, nella sostanza, a venire anch'essa meno, col risultato complessivo, quindi, di rendere il dovere di difesa privo delle sue più tradizionali e specifiche forme di realizzazione, almeno sotto la forma di specifici "obblighi".

Per quanto riguarda il secondo comma dell'art. 52, la novità rappresentata dal progressivo passaggio a un esercito di professionisti pone problemi di un certo rilievo, in quanto la sostanziale abolizione dell'obbligo militare pare all'evidenza porsi in netto contrasto con la previsione per cui "il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge".

La tesi contraria, che tende invece a considerare legittima l'operazione portata a termine dal legislatore nel 2000, si è potuta sviluppare lungo il seguente percorso argomentativo. Innanzi tutto, si è osservato come, seguendo un'interpretazione "liberista", il servizio militare previsto dal secondo comma dell'art. 52 sia da considerare, per il singolo cittadino, non in linea di principio obbligatorio, con possibilità poi per il legislatore di inserire taluni "modi" e "limiti", bensì obbligatorio solo nella misura in cui il legislatore provveda all'individuazione di tali limiti; ragione per cui "la stessa obbligatorietà risulta quindi solo il frutto di una interpositio legislatoris e non un vincolo per il legislatore stesso" (cfr. J. Luther). Lungo questa linea di pensiero, del resto seguita anche dal relatore della legge di riforma (on. Caratelli), il nucleo intangibile della previsione in oggetto diviene l'esistenza istituzionale di un servizio militare, questa sì obbligatoria, a prescindere però dalla previsione di prestazioni di tipo coatto in capo ai cittadini e, di conseguenza, dal corrispondente vincolo per il legislatore di imporre le medesime.

A parere di chi scrive, si può concordare sul fatto che l'idea di servizio militare che la predetta ricostruzione sottintende è sia condivisibile sul piano della sua opportunità sia Page 251 del tutto compatibile con l'art. 52, c. 1, nella misura in cui un dovere costituzionale è suscettibile di essere soddisfatto anche attraverso comportamenti non obbligatori, come del resto la Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare con specifico riferimento al principio di solidarietà. Tuttavia pare arduo ritenere superabile l'ostacolo rappresentato dal secondo comma dell'art. 52; ciò che conduce a concludere che sarebbe stato probabilmente più corretto intervenire con legge costituzionale. Del resto, la previsione dell'obbligo militare, non a caso inserita nella Parte I della Costituzione dedicata ai "diritti e doveri dei cittadini", prevede una prestazione di natura personale, che si impone, innanzi tutto, direttamente ai singoli; e anche il legislatore non sembra potersi sottrarre al compito di prevedere tale istituto, almeno di non voler forzare del tutto impropriamente l'interpretazione del comma in oggetto, espandendo a dismisura la portata normativa dell'inciso sui "limiti e modi". Inciso che certo introduce una formula elastica finalizzata a mitigare la portata dell'obbligo, ma che invero non può essere letta in modo da rendere del tutto ininfluente la qualificazione di "obbligatorio" attribuita al servizio militare.

Peraltro la l. n. 331 non ha accolto la tesi della legittimità della svolta verso un esercito di soli volontari in tutta le sue potenzialità applicative. La leva militare non viene infatti abolita in senso assoluto, bensì essa degrada da regola a eccezione, circoscritta al caso straordinario, e di assai improbabile realizzazione, della formale dichiarazione dello stato di guerra, ai sensi dell'art. 78 Cost., e a quello, altrettanto straordinario, e non definito a livello costituzionale, della apertura di una grave crisi internazionale accertata dal Parlamento; e, comunque, esclusivamente nel...

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