Legittimità

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CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. I, 5 GENNAIO 2011, N. 180 (UD. 1 DICEMBRE 2010)

Pres. Siotto – est. La posta – p.m. Monetti (diff.) – ric. P.m. In proc. El basuni

Giudice di pace y Competenza penale y Procedimento y Citazione a giudizio dell’imputato y Modalità y “Presentazione immediata” ex art. 20 bis D.L.vo 272/2000 y Assenza dell’atto introduttivo y Restituzione degli atti alla procura della Repubblica y Abnormità y Esclusione y Ragioni.

Non è abnorme, ed è pertanto insuscettibile di ricorso per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice di pace, in procedimento instaurato ai sensi dell’art. 20 bis del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274 per il reato di cui all’art. 10 bis del T.U. sull’immigrazione (ingresso e soggiorno illegali dello straniero nel territorio dello Stato), rilevata l’assenza dell’atto introduttivo del giudizio (costituito dalla richiesta della polizia giudiziaria e dall’autorizzazione rilasciata dal pubblico ministero alla presentazione immediata dell’imputato), disponga la restituzione degli atti alla procura della Repubblica, non dando ciò luogo neppure ad una stasi insuperabile del procedimento, dal momento che l’art. 10 bis del T.U. sull’immigrazione, pur prevedendo in linea generale il ricorso alla procedura speciale di cui agli artt. 20 bis e 20 ter del D.L.vo n. 274/2000, non esclude che possa comunque procedersi nelle forme ordinarie quando la suddetta procedura non possa essere attuata per l’impossibilità di osservare il termine di 15 giorni fissato per la presentazione dell’imputato o per altre ragioni. (d.l.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 20 bis; d.l.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 20 ter; d.l.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis) (1)

(1) La citata pronuncia Cass. pen., sez. I, 30 luglio 2010, P.M. in proc. Balozi, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2011, 64.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. Con ordinanza dibattimentale in data 22 ottobre 2009 il giudice di pace di Sarzana, nel procedimento nei confronti di El Basuni Badre relativo al reato di cui all’art. 10 bis del D.L.vo n. 286 del 1998, rilevava che “agli atti non risultava nè l’atto di citazione a giudizio immediato, nè alcuna prova dell’avvenuta notifica dello stesso all’imputato” e, conseguentemente, disponeva la restituzione degli atti alla Procura della Repubblica per quanto di competenza.

  2. Avverso tale provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale della Spezia ricorre per cassazione chiedendone l’annullamento in quanto atto abnorme, sul rilievo che il giudice di pace avrebbe dovuto egli stesso provvedere a rinnovare la notifica del decreto di citazione a giudizio.

    Evidenzia il ricorrente che il provvedimento determinava una indebita regressione del procedimento ed una situazione di stallo, essendo decorso il termine di quindici giorni previsto dall’art. 20 bis del D.L.vo n. 274 del 2000, la presentazione immediata dell’imputato davanti al giudice di pace.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

  3. Il ricorso è infondato.

    Ritiene il Collegio che nel caso di specie non si versa in ipotesi di provvedimento abnorme e che l’ordinanza impugnata non ha determinato una indebita regressione del procedimento.

    Secondo i più recenti arresti di questa Corte (S.U., 26 marzo 2009, n. 25957, Toni, rv. 243590), è abnorme un provvedimento al quale consegue la regressione del procedimento se esso non sia espressione dei poteri riconosciuti al giudice in relazione alla situazione presa in esame (emanato in carenza di potere in astratto ovvero avulso dal sistema), ovvero risulti - eccedendo ogni ragionevole limite connesso all’esercizio di tali poteri - idoneo a produrre una stasi irreversibile o risultati capace di pregiudicare lo sviluppo processuale, imponendo atti impossibili o adempimenti che concretizzerebbero atti nulli rilevabili nel corso futuro.

    Avuto riguardo alla specifica questione oggetto del ricorso, deve invero rammentarsi che questa Corte ha ritenuto - anche successivamente alla citata pronuncia delle Sezioni Unite - che secondo l’ordinamento processuale, “il giudice è, in radice, affatto privo del potere di disporre (con la restituzione degli atti) la regressione del procedimento al fine di investire il pubblico ministero per la esecuzione dell’adempimento (rinnovazione della citazione o della relativa notificazione) che la legge specificamente riserva al presidente del collegio o al giudice singolo” (Sez. I,13 gennaio 2010, n. 5477, Mofrh Amine Mohamed).

    È indubbio, infatti, che - come è stato più volte affermato - spetta al giudice del dibattimento, nel caso di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine per comparire, di provvedere a rinnovare la notifica. Tale regola generale, peraltro, è ribadita espressamente anche per il procedimento davanti al giudice di pace all’art. 29, comma 3, D.L.vo n. 274 del 2000,

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    per il quale nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio, ovvero le relative notificazioni, vi deve provvedere il giudice di pace, anche d’ufficio.

    Tuttavia, con l’inserimento degli art.. 20 bis (e 20 ter) nel D.L.vo n. 274 del 2000, la L. 15 luglio 2009, n. 94, ha delineato un nuovo rito a presentazione immediata che viene introdotto con un atto a struttura e formazione complessa, costituito dalla richiesta della polizia giudiziaria e dall’autorizzazione del pubblico ministero alla presentazione nei quindici giorni successivi, con il quale l’indagato acquista la qualità di imputato. La richiesta e l’autorizzazione devono essere notificati all’imputato ed al difensore unitamente ai rituali avvisi in tema di contumacia, di diritto di nominare un difensore di fiducia, e di prendere visione ed estrarre copia degli atti.

    Inoltre: non sono previsti termini dilatori a favore dell’imputato; i testimoni, la persona offesa ed i consulenti possono essere citati oralmente nel corso del giudizio e presentati direttamente a dibattimento, l’imputato può chiedere un termine a difesa non superiore a sette giorni (e di quarantotto ore nel caso di citazione contestuale).

    Pertanto - come nel giudizio direttissimo - soltanto mediante la presentazione dell’imputato dinanzi al giudice (attuata mediante la sua materiale conduzione ovvero, se l’imputato è libero, con la notificazione della richiesta della polizia giudiziaria e della autorizzazione del pubblico ministero) può legittimamente essere instaurato il giudizio disciplinato dai citati artt. 20 bis e 20 ter, caratterizzato da modalità alternative d’esercizio dell’azione penale, dalla drastica riduzione dei termini per la difesa e da peculiari cadenze per l’articolazione e l’assunzione delle prove (Sez. I, 20 aprile 2010, n. 17706, Medhi, rv. 247066; Sez. I, 15 giugno 2010, n. 30504, Balozi).

    Ne discende che il giudice di pace deve verificare il corretto contenuto formale e sostanziale dell’atto introduttivo, ossia il corretto passaggio dalla fase delle indagini a quella del processo e della instaurazione del giudizio.

    Non può, dunque, in caso di omissione dell’atto di presentazione dell’imputato per il giudizio ai sensi dell’art. 20 bis, D.L.vo n. 274 del 2000, - ovvero di impossibilità di controllare tale atto e la corretta introduzione del giudizio - predicarsi in capo al giudice un dovere di provvedere alla “rinnovazione” della citazione. D’altronde l’art. 32- bis, che regola lo svolgimento del giudizio a presentazione immediata e detta le regole particolari quanto ai termini a difesa e presentazione di testimoni prima ricordate, richiama soltanto l’art. 32 e non anche l’art. 29 che al comma 3 prevede la rinnovazione della citazione o delle relative notificazioni a cura del giudice di pace.

    Nel caso di specie, peraltro - come risulta dal verbale di udienza -, il giudice di pace non ha soltanto rilevato la mancanza della prova della avvenuta notifica della citazione dell’imputato, non comparso, ma ha, altresì, dato atto della mancanza “dell’atto di citazione a giudizio immediato”.

    Di tal che, è evidente come il giudice, mancando l’atto introduttivo del giudizio, non avrebbe potuto in alcun modo verificare il corretto esercizio dell’azione penale, nè avrebbe potuto provvedere alla rinnovazione della citazione dell’imputato non comparso. Il giudice di pace ha, pertanto, nel caso di specie esercitato un potere che senza dubbio gli apparteneva.

  4. Non può condurre a conclusioni diverse l’affermazione del ricorrente secondo il quale la restituzione degli atti al suo ufficio avrebbe determinato una situazione di stallo, essendo decorso il termine di quindici giorni previsto dall’art. 20 bis, D.L.vo n. 274 del 2000, per la presentazione immediata dell’imputato davanti al giudice di pace, con conseguente impossibilità di procedere secondo quanto prescritto dall’art. 10 bis, comma 3, D.L.vo n. 286 del 1998.

    Pur prescindendo dalla natura perentoria o meno di detto termine, deve rilevarsi che la ratio legis della disposizione richiamata è, evidentemente, di assicurare la celebrazione in tempi brevissimi dei procedimenti per il reato di “ingresso e soggiorno illegale”. E, tuttavia, da un lato detta finalità non può giustificare la compressione dei più elementari diritti di difesa, dall’altro lo scopo stesso della legge sarebbe di fatto eluso se si ritenesse che la instaurazione del giudizio nel termine di quindici giorni fosse soddisfatto dall’atto formale del pubblico ministero, indipendentemente dalla corretta instaurazione del giudizio, attribuendo al giudice di pace il compito di procedere alla rinnovazione di citazioni e notificazioni con indubitabile dilatazione di tempi e scarsa garanzia di risultati, dal momento che il giudice di pace e la sua cancelleria non hanno modo di conoscere con la necessaria tempestività l’effettiva reperibilità dello straniero e neppure hanno a loro immediata disposizione le risorse della polizia giudiziaria ai fini delle necessarie ricerche.

    D’altro canto, se è vero che l’art. 10 bis, comma 3, D.L.vo n. 286 del 1998, prevede in via...

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