Legislazione e documentazione
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Arch. nuova proc. pen. 1/2019
Legislazione
e documentazione
I
D.L.vo 2 ottobre 2018, n. 120. Disposizioni per armonizzare la
disciplina delle spese di giustizia, di cui al decreto del Presi-
dente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di
spese per le prestazioni obbligatorie e funzionali alle opera-
zioni di intercettazione, in attuazione dell’articolo 1, comma
91, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Suppl. ord. alla Gazzet-
ta Ufficiale Serie gen. - n. 250 del 26 ottobre 2018).
1. (Armonizzazione delle disposizioni previste dal decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia
di liquidazione delle spese di intercettazione). 1.Dopo l’articolo
168 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115, è inserito il seguente:
«Art. 168 bis (L) (Decreto di pagamento delle spese di cui
all’articolo 96 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e di
quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime). - 1. La
liquidazione delle spese relative alle prestazioni di cui all’artico-
lo 96 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e di quelle fun-
zionali all’utilizzo delle prestazioni medesime è effettuata senza
ritardo con decreto di pagamento del pubblico ministero che ha
richiesto o eseguito l’autorizzazione a disporre le operazioni di
intercettazione.
2. Quando sussiste il segreto sugli atti di indagine o sulla
iscrizione della notizia di reato, il decreto di pagamento è titolo
provvisoriamente esecutivo ed è comunicato alle parti e al bene-
ficiario in conformità a quanto previsto dalla disposizione di cui
all’articolo 168, comma 3.
3. Avverso il decreto di pagamento è ammessa opposizione ai
sensi dell’articolo 170.».
2. (Clausola di invarianza finanziaria). 1.Dall’attuazione delle
disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempi-
menti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finan-
ziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
II
D.L.vo 2 ottobre 2018, n. 121. Disciplina dell’esecuzione delle
pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione
della delega di cui all’art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p),
della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Suppl. ord. alla Gazzetta
Ufficiale Serie gen. - n. 250 del 26 ottobre 2018) ed avviso di retti-
fica in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 274 del 24 novembre 2018.
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
1. (Regole e finalità dell’esecuzione). 1.Nel procedimento per
l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comu-
nità a carico di minorenni, nonché per l’applicazione di queste
ultime, si osservano le disposizioni del presente decreto e, per
quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura pe-
nale, della legge 26 luglio 1975, n. 354, del relativo regolamento
di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 giugno 2000, n. 230, e del decreto del Presidente della Repub-
blica 22 settembre 1988, n. 448, e relative norme di attuazione,
di coordinamento e transitorie approvate con decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 272.
2.L’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di
comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di media-
zione con le vittime di reato. Tende altresì a favorire la respon-
sabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del
minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale
e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante
il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale,
di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cit-
tadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale,
culturali, sportive e di tempo libero.
CAPO II
ESECUZIONE ESTERNA
E MISURE PENALI DI COMUNITÀ
2. (Misure penali di comunità). 1.Sono misure penali di comu-
nità l’affidamento in prova al servizio sociale, l’affidamento in
prova con detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare, la
semilibertà, l’affidamento in prova in casi particolari.
2.Le misure penali di comunità sono disposte quando risul-
tano idonee a favorire l’evoluzione positiva della personalità, un
proficuo percorso educativo e di recupero, sempre che non vi sia
il pericolo che il condannato si sottragga all’esecuzione o com-
metta altri reati. Tutte le misure devono prevedere un program-
ma di intervento educativo.
3.Fermo quanto previsto all’articolo 1, comma 1, ai fini della
concessione delle misure penali di comunità e dei permessi pre-
mio e per l’assegnazione al lavoro esterno si applica l’articolo 4
bis, commi 1 e 1 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e succes-
sive modificazioni.
4.Il tribunale di sorveglianza decide sulla base dei risultati
dell’osservazione e della valutazione della personalità del mino-
renne, delle condizioni di salute psico-fisica, dell’età e del grado
di maturità, del contesto di vita e di ogni altro elemento utile,
tenuto conto della proposta di programma di intervento educa-
tivo redatta dall’ufficio di servizio sociale per i minorenni e dei
percorsi formativi in atto.
5.Nella scelta della misura si tiene conto dell’esigenza di ga-
rantire un rapido inserimento sociale con il minor sacrificio della
libertà personale.
6.La durata delle misure penali di comunità è corrisponden-
te alla durata della pena da eseguire.
7.L’esecuzione delle misure penali di comunità avviene prin-
cipalmente nel contesto di vita del minorenne e nel rispetto
delle positive relazioni socio-familiari, salvo motivi contrari e, in
ogni caso, purché non vi siano elementi tali da far ritenere colle-
gamenti con la criminalità organizzata.
8.Con l’applicazione delle misure può essere disposto il col-
locamento del minorenne in comunità pubbliche o del privato
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leg
1/2019 Arch. nuova proc. pen.
LEGISLAZIONE E DOCUMENTAZIONE
sociale. Per favorire il percorso educativo del condannato, le co-
munità possono essere organizzate, in deroga a quanto previsto
dall’articolo 10, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 28 lu-
glio 1989, n. 272, anche in modo da ospitare solamente minorenni
sottoposti a procedimento penale ovvero in esecuzione di pena.
9.Ai fini dell’applicazione delle misure penali di comunità,
l’osservazione è svolta dall’ufficio di servizio sociale per i mino-
renni che acquisisce i dati giudiziari e penitenziari, sanitari, psi-
cologici e sociali, coordinandosi con i servizi socio-sanitari ter-
ritoriali di residenza del minorenne e, per i detenuti, anche con
il gruppo di osservazione e trattamento dell’istituto di apparte-
nenza. Il tribunale di sorveglianza può disporre approfondimenti
sanitari anche avvalendosi dei servizi specialistici territoriali.
10. Il tribunale di sorveglianza acquisisce informazioni sul
contesto di vita familiare e ambientale, sui precedenti delle per-
sone con cui il minorenne convive e sull’idoneità del domicilio
indicato per l’esecuzione della misura.
11.L’ufficio di servizio sociale per i minorenni predispone gli
interventi necessari ai fini della individuazione di un domicilio o
di altra situazione abitativa, tale da consentire l’applicazione di
una misura penale di comunità.
12. Le disposizioni sull’affidamento in prova al servizio so-
ciale, sulla detenzione domiciliare e sulla semilibertà di cui alla
legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni, nonché
sull’affidamento in casi particolari previsto dal decreto del Pre-
sidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applicano, in
quanto compatibili, alle corrispondenti misure di comunità di
cui al presente decreto.
3. (Prescrizioni e modalità esecutive delle misure penali di co-
munità). 1.Il tribunale di sorveglianza, nel disporre una misura
penale di comunità, prescrive lo svolgimento di attività di utilità
sociale, anche a titolo gratuito, o di volontariato.
2.Le attività di cui al comma 1 sono svolte compatibilmente
con i percorsi di istruzione, formazione professionale, istruzione
e formazione professionale, le esigenze di studio, di lavoro, di
famiglia e di salute del minorenne e non devono mai compromet-
tere i percorsi educativi in atto.
3.Con il provvedimento che applica una misura penale di co-
munità sono indicate le modalità con le quali il nucleo familiare
del minorenne è coinvolto nel progetto di intervento educativo.
Ai fini dell’attuazione del progetto può farsi applicazione dell’ar-
ticolo 32, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica
22 settembre 1988, n. 448.
4. (Affidamento in prova al servizio sociale). 1. Se la pena de-
tentiva da eseguire non supera i quattro anni il condannato può
essere affidato all’ufficio di servizio sociale per i minorenni, per
lo svolgimento del programma di intervento educativo.
2.Il programma, predisposto in collaborazione con i servizi
socio-sanitari territoriali, contiene gli impegni in ordine:
a) alle attività di istruzione, di formazione professionale, di
istruzione e formazione professionale, di lavoro o comunque utili
per l’educazione e l’inclusione sociale;
b) alle prescrizioni riguardanti la dimora, la libertà di movi-
mento e il divieto di frequentare determinati luoghi;
c) alle prescrizioni dirette ad impedire lo svolgimento di atti-
vità ovvero relazioni personali che possono indurre alla commis-
sione di ulteriori reati.
3.Con lo stesso provvedimento il tribunale di sorveglianza
può disporre prescrizioni riguardanti l’adempimento degli ob-
blighi di assistenza familiare e ogni altra prescrizione utile per
l’educazione e il positivo inserimento sociale del minorenne,
compreso, quando opportuno, il collocamento in comunità.
4.L’ordinanza che dispone l’affidamento in prova indica al-
tresì:
a) il ruolo del servizio sociale per i minorenni e dei servizi
socio-sanitari territoriali nell’esecuzione del programma;
b) le modalità di svolgimento delle attività di utilità sociale.
5.Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere
modificate dal magistrato di sorveglianza sulla base delle indi-
cazioni fornite dall’ufficio di servizio sociale per i minorenni. Le
deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, per mo-
tivi di urgenza, dal direttore dell’ufficio di servizio sociale per i
minorenni, il quale ne dà immediata comunicazione al magistra-
to di sorveglianza.
6.L’ufficio di servizio sociale per i minorenni incontra l’af-
fidato e lo assiste nel percorso di reinserimento sociale, anche
mettendosi in relazione con la famiglia e con gli altri ambienti di
vita del condannato.
5. (Affidamento in prova con detenzione domiciliare). 1.Fermo
quanto previsto dall’articolo 4, il tribunale di sorveglianza può
applicare l’affidamento in prova al servizio sociale con detenzio-
ne domiciliare in giorni determinati della settimana presso l’abi-
tazione dell’affidato, altro luogo pubblico o privato di cura, assi-
stenza e accoglienza, o presso comunità.
2. La detenzione domiciliare si esegue nelle forme di cui
all’articolo 6.
6. (Detenzione domiciliare). 1.Fermo quanto previsto dagli ar-
ticoli 47 ter, comma 1, 47 quater e 47 quinquies della legge 26
luglio 1975, n. 354, il condannato può espiare la pena detenti-
va da eseguire in misura non superiore a tre anni nella propria
abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e
accoglienza o presso comunità, quando non vi sono le condizioni
per l’affidamento in prova al servizio sociale e per l’affidamento
in prova al servizio sociale con detenzione domiciliare.
2.Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione do-
miciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall’ar-
ticolo 284 del codice di procedura penale, tenendo conto del
programma di intervento educativo predisposto dall’ufficio di
servizio sociale per i minorenni. Tali prescrizioni possono essere
modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luo-
go in cui si esegue la misura.
3.Le prescrizioni di cui al comma 2 favoriscono lo svolgimen-
to di attività esterne, in particolare di istruzione, di formazione
professionale, di istruzione e formazione professionale, ovvero di
lavoro, o culturali, o sportive, comunque utili al successo forma-
tivo e all’inclusione sociale.
4.Al soggetto sottoposto alla detenzione domiciliare è fatto
divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura senza
l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Il soggetto che
si allontana senza la prescritta autorizzazione è punito ai sensi
dell’articolo 385 del codice penale. Si applica la disposizione del
quarto comma dello stesso articolo.
7. (Semilibertà). 1.Il condannato può essere ammesso alla semi-
libertà, e così trascorrere parte del giorno fuori dall’istituto per
partecipare ad attività di istruzione, di formazione professionale,
di istruzione e di formazione professionale, di lavoro, di utilità
sociale o comunque funzionali all’inclusione sociale, quando ha
espiato almeno un terzo della pena; se si tratta di condannato
per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4 bis della
legge 26 luglio 1975, n. 354, si tiene conto, altresì, del significati-
vo rapporto tra la pena espiata e la pena residua.
2.Nel programma di intervento educativo sono indicate le
prescrizioni da osservare all’esterno con riferimento ai rapporti
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