Legislazione

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@I. Ris. (Ag. Entrate) 16 novembre 2007, n. 334. Istanza di interpello. Divisione di beni condominiali. Imposta di registro.

Con istanza di interpello, concernente il trattamento tributario di un atto di ricognizione di parti comuni e divisione consensuale parziaria, è stato esposto il seguente quesito.

Il Notaio istante, Dott. Alfa, quale incaricato della stipula del relativo atto, fa presente che i condomini di un fabbricato vogliono attribuire in proprietà esclusiva a ciascuno di essi, a tacitazione dei diritti di spettanza sulle parti condominiali ed escluso ogni conguaglio fra i condividenti, alcuni beni costituenti parti comuni dell'immobile condominiale, in particolare i posti auto coperti ed un'area scoperta.

L'istante chiede di conoscere il trattamento fiscale da riservare al citato atto di divisione consensuale parziaria.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

A parere dell'interpellante, l'atto in argomento presenta mera natura divisionale, con esclusione di ogni intento traslativo, ed è assoggettabile ad imposta di registro nella misura dell'1%, ai sensi dell'articolo 3 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvata con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR).

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE La fattispecie rappresentata con l'interpello in esame riguarda il trattamento da riservare ai fini dell'imposta di registro alla divisione di una comunione di beni tra condomini effettuata a tacitazione dei rispettivi diritti ed in assenza di corresponsione di conguaglio.

Atteso ciò, si fa presente che il legislatore fiscale tratta dell'istituto della divisione all'articolo 34 del TUR, il cui primo comma, tra l'altro, dispone che: «La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente...».

Ne consegue, quindi, che qualora al condividente sono assegnati beni per un valore complessivo non eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, la divisione in parola ha natura meramente dichiarativa ed, in quanto tale, assoggettabile alla disposizione recata dall'articolo 3 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, in base al quale agli «atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura...» si applica l'imposta proporzionale con aliquota dell'1 per cento.

Per completezza, si rileva, altresì, che l'articolo 34 del TUR, al quarto comma, dispone che: «... le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l'ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte».

Ne consegue, quindi, che il legislatore fiscale ha inteso disciplinare, seppure indirettamente, anche l'ipotesi in cui le comunioni tra i medesimi soggetti trovano origine in titoli diversi (cd. masse plurime).

In quest'ultimo caso l'atto di scioglimento della comunione non concretizza un'unica divisione, ma tante divisioni quanti sono i titoli costitutivi delle singole comunioni, ad eccezione del caso in cui l'ultimo acquisto di quote derivi da successione mortis causa.

Nel caso prospettato dall'istante, oggetto della divisione è costituito da beni che, in sostanza, fanno parte di un'unica comunione, individuata nelle parti comuni del condominio.

Al riguardo, si osserva che il condominio è disciplinato espressamente dal codice civile agli articoli 1117 e seguenti. Esso rappresenta un'ipotesi particolare di comunione, il cui titolo costitutivo è dato dalla proprietà comune di parti dell'edificio (ad esempio: suolo su cui sorge l'edificio; fondazioni, muri maestri; ecc.).

La giurisprudenza della Suprema Corte, a tal riguardo, ha precisato che il condominio si forma con la costruzione sul suolo comune o con il frazionamento da parte dell'unico proprietario pro indiviso di un edificio, i cui piani o porzioni di piano vengono attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva, convertendo l'intera proprietà in una pluralità di proprietà esclusive e di parti comuni indivise (si veda Cass. 78/4769).

La costituzione del condominio comporta il riconoscimento, a favore dei condomini, di una proprietà esclusiva individuale sui singoli piani, appartamenti, locali, ecc., ed una comproprietà sulle parti di interesse comune.

Peraltro, in base al disposto dell'articolo 1119 del codice civile «Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino».

Ne consegue, quindi, l'unicità della comunione riferita alle parti comuni dell'edificio, indipendentemente dai trasferimenti dei diritti che hanno interessato le parti in proprietà esclusiva.

Ciò posto, in base a quanto precede, si ritiene che il caso prospettato dall'istante rientri nell'ipotesi disciplinata dal primo comma dell'articolo 34 del TUR, in quanto, trattasi di comunione che trova origine in un unico titolo (costituzione del condominio).

Si precisa che la Corte di cassazione, con sentenza n. 10857, del 17 dicembre 1994, ha affermato che «... il negozio di divisione è un contratto mediante il quale, precipuamente, si scioglie la comunione attraverso l'attribuzione di una porzione di beni comuni a ciascuno dei condividenti. La singola porzione di beni attribuita in luogo della quota, deve coincidere tendenzialmente con il valore della quota. Nel senso che il suo valore nei confronti delle singole porzioni di beni, attribuite agli altri condividenti, deve rimanere nello stesso rapporto che originariamente correva tra le quote...».

Pertanto, nel caso rappresentato con l'interpello in esame le assegnazioni ai condividenti possono essere considerate dichiarative per la parte in cui corrispondono esattamente alle quote di diritto spettanti a ciascun condividente sulla intera comunione.

In conclusione, considerando i beni oggetto della divisione rappresentata nell'interpello in trattazione come «unica massa», trova applicazione l'imposta di registro con aliquota dell'1 per cento per la parte di valore dei beni assegnatiPage 100 corrispondente alla quota di diritto spettante ai condividenti sulla massa comune.

L'eventuale parte eccedente è considerata vendita e qua lora l'assegnazione divisionale dei beni superi di una percentuale maggiore del cinque per cento il valore della quota di diritto, tale eccedenza è soggetta «... all'imposta con l'aliquota stabilita per i trasferimenti...» (articolo 34, comma 2, TUR).

La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale... in data..., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.

@II. Ris. (Ag. Entrate) 14 novembre 2007, n. 328. Istanza di interpello. Art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212; interpretazione dell'art. 15, comma 1, lett. b), del Tuir; estinzione/sostituzione del vecchio mutuo.

Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art. 15, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 917 del 1986, è stato esposto il seguente quesito.

Il 29 ottobre 2003, il Sig. X ha acquistato, in comproprietà al 50% con il Sig. Y, un immobile da adibire ad abitazione principale al prezzo di complessivi euro 72.000, a cui sono stati aggiunti 4.100 euro a titolo di imposte ed onorari notarili.

Per detto acquisto i Sig.ri X e Y, nella medesima data, hanno contratto un mutuo dell'importo totale di euro 145.000 con la «Alfa spa».

Il 19 maggio 2006, il Sig. X, insieme alla moglie, Sig.ra Z, ha acquistato, in regime di comunione legale dei beni, la quota di proprietà dell'immobile appartenente al Sig. Y, al prezzo di euro 125.000.

I coniugi, come risulta dall'atto di compravendita del 19 maggio 2006, hanno provveduto al pagamento di tale somma corrispondendo al venditore euro 56.177,80 antecedentemente al rogito, e accollandosi, al momento del rogito, la quota del mutuo concesso da Alfa spa in data 29 ottobre 2003 rimasta a carico del venditore stesso, per l'importo di euro 68.822,20.

Il 27 luglio 2006, i coniugi X e Z, provvedevano a stipulare un nuovo contratto di mutuo con il «Beta spa» per l'importo di euro 144.000, dando mandato alla banca «... di utilizzare in tutto o in parte la somma mutuata per estinguere il finanziamento di originarie euro 145.000, perfezionato con atto del 29 ottobre 2003, residuato ad euro 137.116,54, con cancellazione della relativa ipoteca, iscritta in favore di Alfa spa».

L'interpellante rappresenta che il mutuo concesso dal Beta (euro 144.000) è utilizzato per estinguere il mutuo precedentemente contratto con Alfa spa ed, inoltre, per pagare le spese relative alla stipula del nuovo contratto di mutuo (euro 232,56 per la perizia del tecnico, euro 360 per l'imposta sostitutiva per il nuovo mutuo, euro 1.700 per le imposte e la parcella notarile, euro 600 per la cancellazione della vecchia ipoteca, per un totale di euro 142.579,87).

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L'istante premette che, secondo quanto chiarito con la circolare n. 95 del 2000, in caso di estinzione del vecchio mutuo e stipula di un nuovo mutuo è possibile fruire della detrazione degli interessi passivi solo qualora l'importo del nuovo mutuo risulti non superiore alla cifra necessaria per estinguere il vecchio, maggiorata delle spese e degli altri oneri correlati (art. 15, comma 1, lett. b, del Tuir).

Sulla base di tale disposizione, ritiene, in sostanza, di poter fruire del beneficio fiscale anche nel caso in cui il nuovo mutuo sia erogato per un importo superiore rispetto alla quota di capitale residua del mutuo precedente (maggiorata delle spese e degli oneri correlati) ma limitatamente alla quota di interessi riferibili all'ammontare necessario all'estinzione del vecchio mutuo, maggiorato degli oneri correlati all'operazione di finanziamento.

Specifica...

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