Legge penale e (dubbia) pirateria informatica

AutoreLuigi Fadalti
Pagine397-401

Page 397

@I. Premessa

La vicenda processuale va ricostruita con maggiore puntualità e diffusione rispetto alla frettolosa descrizione fornitane dal giudice di merito.

La Guardia di Finanza ha acceduto presso la sede di due società operanti nel settore informatico all'asserito fine di eseguire «un controllo ai sensi e per gli effetti dell'art. 35 della L. 7 gennaio 1929 n. 4» e precisamente per effettuare «dei rilevamenti materiali al fine di riscontrare l'esistenza e l'esatta qualità dei beni strumentalmente ammortizzabili, combinato con il corretto adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi o dai regolamenti in materia di regolare tenuta delle licenze di programmi software da parte delle indicate società»; a tal scopo i «militari verbalizzanti. . . rappresentando la necessità di svolgere. . . ricerche con particolare riferimento al rispetto di quanto prescritto dalle leggiPage 398 e/o regolamenti in materia di regolare tenuta di licenze e programmi software», con dichiarato disinteresse per qualsivoglia scrittura contabile, si sono limitati a richiedere «alla parte di esibire la documentazione concernente il regolare acquisto delle licenze di programmi software installati all'interno dei personal computers».

Successivamente «i militari verbalizzanti», assistiti da un ausiliario di P.G. previamente «nominato. . . ai sensi dell'art. 348, quarto comma del c.p.p.» nella persona di un dipendente della società B.S.A. (Business Software Alliance) «. . . davano inizio alle operazioni di controllo» e «poiché nel corso dello svolgimento di tale attività ispettiva» sarebbero emersi «indizi di reato circa la sussistenza delle violazioni di cui all'art. 171 bis della L. 633/41. . . dovendo innestare all'attività di ispezione e vigilanza a carattere amministrativo quella di polizia giudiziaria espressamente prevista dall'art. 220 disp. att. (rectius: norme di coordinamento) del c.p.p.» procedevano «ad effettuare una verificazione diretta su tutti i personal computers presenti all'interno delle società».

All'esito di tale attività «i militari verbalizzanti», costantemente coadiuvati nell'esercizio delle proprie funzioni dall'ausiliario di P.G. all'uopo nominato, sequestravano «le immagini di dischi fissi ispezionati nei 54 personal computers registrate dai verbalizzanti e dall'ausiliario di P.G. in numero 38 floppy disc al fine di preservare gli elementi di prova e di contestazione».

L'operato sequestro è stato, poi, convalidato dal P.M. con il decreto impugnato avanti il Tribunale di Venezia, ove affermasi che quanto acquisito costituirebbe «corpo di reato e comunque cose utili alle indagini»: nessun provvedimento di convalida si è avuto, invece, con riferimenti alle «attività ispettive e di vigilanza» effettuate ai sensi dell'art. 220 norme di coordinamento c.p.p., ma in realtà integranti una vera e propria perquisizione eseguita in difetto di previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.

Avverso il decreto in questione è stata proposta tempestiva richiesta di riesame, sulla quale si è pronunciato il Tribunale di Venezia con l'ordinanza in commento.

In tale provvedimento sostanzialmente viene affermato che è in ogni caso legittimo, quando abbia ad oggetto il corpo del reato, il sequestro probatorio, indipendentemente dalle modalità con le quali ad esso si sia pervenuti, aggiungendo che il fumus del reato p. e p. dall'art. 171 bis legge 633/1941 è sempre sussistente qualora i programmi installati siano privi di licenze, «desumendosi il fine di lucro dall'abusiva duplicazione degli stessi» 1.

@II. Fattispecie normativa

L'art. 171 bis della legge 633/1941, così come novato dalla L. 248/2000, recita: «Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire 5.000.000 a lire 30.000.000. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a lire 30.000.000 se il fatto è di rilevante gravità.

Chiunque, al fine di trarne profitto, sui supporti non contrassegnati SIAE riproduce, trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 64 quinquies e 64 sexies, ovvero esegue l'estrazione o il rimpiego della banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 102 bis e 102 ter, ovvero distribuisce, vende o concede in locazione una banca di dati, è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire 5.000.000 a lire 30.000.000. La pena non è inferiore nel minimo di due anni di reclusione e la multa a lire 30.000.000 se il fatto è di rilevante entità».

La norma prevede cumulativamente molteplici fatti illeciti:

a) la abusiva duplicazione, per trarne profitto, dei programmi per elaboratore;

b) la importazione, distruzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione, sempre «ai medesimi fini», di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla società italiana degli autori ed editori;

c) la commissione dei predetti fatti, concernenti «qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale dei dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori» (la ricostruzione dell'ipotesi di condotta non è delle più eleganti sul piano lessicale, ma a tanto costringe l'esigenza di restare aderenti alla lettera della disposizione, redatta con pessima tecnica normativa, anche a causa della pedissequa trasposizione del linguaggio della direttiva CEE n. 250/1991, approvata dal Consiglio delle Comunità Europee il 14 maggio 1991).

È, inoltre, prevista una circostanza aggravante rapportata alla «rilevante gravità» del fatto, dalla quale va notata immediatamente l'assenza di confini e di criteri in ordine alla valutazione della gravità medesima.

Come è stato opportunamente osservato «a parte i profili di insufficiente stesura tecnica. . . va evidenziato che la tutela penale è prestata ai programmi per elaboratore che siano previamente tutelabili ai sensi delle disposizioni civili in materia di diritto d'autore, ed entro tali limiti: quindi le condizioni di tutelabilità generale, in sede civile, del software sono condizioni implicite di operatività della norma penale, la cui applicazione non avrebbe senso in caso di programmi non tutelabili» 2.

Secondo alcuni autori, inoltre, accanto all'art. 171 bis, andrebbe anche esaminato l'art. 171 L. Aut., il quale integrerebbe la tutela del software già offerta dall'art. 171 bis, per gli aspetti residuali non contemplati dal primo 3.

@III. Oggetto materiale del reato: il concetto di programma per elaboratore

L'oggetto materiale delle condotte illecite previste dall'art. 171 bis in questione sono i «programmi per elaboratore».

La legge non ne offre una specifica definizione, cosicché è rimesso all'interprete il compito di individuare quali, tra i vari tipi di programmi esistenti, rientrino nella previsione della norma, atteso che la nozione di «programma» in quanto «sequenza di istruzioni» 4 è amplissima e che «l'evoluzione tecnica può profondamente innovare sulla natura del bene da proteggere, con conseguente trasformazione del tipo legale» 5.

È stato osservato come «nella prospettiva penalistica della indispensabile determinatezza della fattispecie» sia «preoccupante la inevitabile labilità di confini della nozione già in termini puramente tecnici» 6.

Si vedrà come questa insufficiente ed approssimativa tecnica legislativa abbia non pochi risvolti di ordine pratico in «una garanzia penalistica primariamente centrata sull'abusiva duplicazione» 7.

Page 399

Volendo, peraltro, tentare di individuare un concetto di «programma» obiettivamente utilizzabile in ambito penalistico si dovrà necessariamente far riferimento ai concetti generali desumibili dalla normativa civile a tutela del software, ma «verificando sempre la trasponibilità di tali concetti nella sede penale, anche perché la disciplina di legge, mentre tende ad un'ampia (forse eccessiva) tutela in sede civile, assume necessariamente connotati sempre più limitati in sede penale» 8.

In generale va in proposito detto...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT