Legge 431/98 per le locazioni abitative, questioni pratiche

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine825-827

@1. Contratto di alloggio, va col codice civile

La locazione è l'unico, sicuro modo di venire incontro (e sollecitamente) alle esigenze abitative dei lavoratori sia italiani (di cui viene così favorita la mobilità sul territorio ) che forestieri (per le occupazioni per le quali non si trovi manodopera nazionale). C'è, però, anche l'esigenza - specie nel secondo caso - di fornire garanzie ai proprietari, proprio per favorire la locazione e, con essa, l'occupazione, come visto. Lo schema contrattuale che, allo scopo, ha messo a punto la Confedilizia (e già positivamente sperimentato in molte realtà territoriali) prevede che si stipulino due diversi contratti: uno, fra proprietario e azienda che assume il lavoratore, e un altro fra l'azienda e il lavoratore medesimo. Per il primo, non ci sono problemi. Per il secondo, invece, vengono avanzati dubbi: è possibile - ci si chiede in particolare - stipulare un contratto sottratto alla normativa della legge 431/98? La risposta è positiva, sulla base di quanto unanimemente ritenuto - dalla dottrina come dalla giurisprudenza - nel vigore della legge dell'equo canone. Il cosiddetto «contratto di alloggio» è infatti da sempre ritenuto un contratto atipico (sottratto - per questo - alle normative speciali della locazione e regolato, quindi, dal solo codice civile oltre che dalla comune volontà dei contraenti) allorché il godimento dell'unità immobiliare venga concesso quale corrispettivo, anche parziale, della prestazione di lavoro, o quando - comunque - la locazione abitativa sia per volontà delle parti collegata ad un rapporto di lavoro fra le stesse intercorrenti, in quanto diretta ad agevolarne lo svolgimento (Cass. 21 ottobre 1982 n. 5474). Anzi, in questo caso la locazione - per quanto stabilisce l'art. 659 del codice di procedura civile - può essere fatta cessare automaticamente, quando il rapporto di lavoro si conclude per qualsiasi causa.

@2. Obbligo di registrazione, ma non esageriamo...

L'art. 7 della nuova legge sulle locazioni abitative prevede che, per iniziare un'esecuzione di rilascio (uno «sfratto», in gergo), il proprietario di casa debba fornire all'inquilino - fra altri dati fiscali - anche «gli estremi di registrazione del contratto di locazione».

Finora, su questa (assolutamente nuova) disposizione si erano avute solo decisioni di carattere generale: afferenti alla sua costituzionalità o meno (difatti, è già all'esame della Corte), al momento in cui i richiesti dati debbano essere forniti, a cosa succeda se non vengano subito forniti, e così via.

Ora, però, sul problema di quali dati esatti di registrazione debbano essere dichiarati dal locatore si è pronunciato il Tribunale di Reggio Calabria (con una decisione che è consultabile nel suo testo integrale al sito Internet della Confedilizia: www.confedilizia.it). Si contendeva, infatti, tra le parti se fosse o meno sufficiente che venissero indicati gli estremi della prima registrazione del contratto. E il giudice (dott. Giusti) ha detto di sì...

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