Il lavoratore come 'persona' e la promessa della dignità: la prospettiva del comparatista
Autore | Giorgio Resta |
Pagine | 255-261 |
Il lavoratore come “persona” e la promessa della
dignità: la prospettiva del comparatista
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1. Se si volesse identicare una parola chiave in grado di racchiudere i tratti
essenziali dell’attuale discorso europeo dei diritti, questa è senza dubbio quella
di “dignità”. Il paradigma della dignità umana rappresenta il punto di approdo
verso cui convergono, quasi invariabilmente e nei settori più disparati, le enun-
ciazioni di principio dei documenti costituzionali, le operazioni d’avanguardia
della giurisprudenza, le riessioni dei giuristi, le rivendicazioni dei movimenti
politici progressisti. Si è parlato, a questo proposito, dell’emersione di una nuova
antropologia: l’antropologia dell’homo dignus (R, 2010).
Assieme al biodiritto, una delle frontiere più avanzate del dibattito e della lot-
ta contemporanea per la dignità umana – per dirla con Jhering – è costituita dal
diritto del lavoro. Ciò non soltanto perché è nelle categorie del diritto del lavoro
che si rinviene il precipitato storico dei grandi processi novecenteschi di inclu-
sione attraverso i diritti (e dunque di costruzione delle premesse istituzionali per
la realizzazione della dignità di tutti gli individui), ma anche perché è nella sfera
delle relazioni lavorative che si riettono con maggiore drammaticità gli effetti
disgreganti della profonda ristrutturazione dei rapporti sociali, alla quale stiamo
oggi assistendo. L’uso massiccio delle tecnologie della sorveglianza, l’impera-
tivo della produttività a basso costo, la precarizzazione dei rapporti, esaltate dal
meccanismo violento della concorrenza globale, premono verso la riproposizio-
ne di un modello che si pensava connato agli albori della società industriale: il
lavoro costruito come ctitious commodity (P, 1944). La solenne procla-
mazione della Dichiarazione di Filadela del 1944, per cui “il lavoro non è una
merce”, simbolo di un percorso di affrancamento dalla generale utopia del mer-
cato auto-regolantesi, viene oggi attaccata frontalmente da un processo socio-
economico il quale spinge verso la “riduzione delle persone a cose, a ‘oggetti’
compatibili con le esigenze della produzione” (R, 2011; S, 2010).
Siamo dunque di fronte ad una crescente ri-mercicazione del lavoro, cioè della
persona umana, la quale chiama direttamente in causa il discorso della dignità.
Non può sorprendere, dunque, che il tema della dignità si affacci in maniera
insistente tanto negli orientamenti della giurisprudenza, quanto nella più recente
produzione teorica della giuslavoristica italiana e straniera. In questo panorama
spicca, per profondità e respiro culturale, il saggio di Bruno Veneziani “Il lavoro
tra l’ethos del diritto ed il pathos della dignità”, pubblicato nel Giornale di dirit-
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