L'uso legittimo delle armi

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine201-212

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@1 Una scriminante autoritaria

L’art. 53 c.p. disciplina la scriminante dell’uso legittimo delle armi e degli altri mezzi di coazione fisica, stabilendo che "ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.

La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.

La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica".

La norma tradisce l’impronta autoritaria del periodo fascista nel quale è stato varato il codice penale (1930), poiché sacrifica la libertà personale alle esigenze della sicurezza e della difesa sociale attribuendo ai "tutori" dell’ordine pubblico un potere ampiamente discrezionale: si consideri, ad esempio, che la norma non prevede il requisito della "proporzione" tra il bene colpito dall’uso della coazione e quello che il pubblico ufficiale deve tutelare (vedi par. 3).

L’art. 53 c.p. fa salve le disposizioni contenute nei due articoli precedenti. Ciò evidenzia che la scriminante in esame ha natura sussidiaria, ossia è applicabile soltanto in mancanza dei presupposti per l’applicazione della legittima difesa (art. 52 c.p.) o dell’adempimento del dovere (art. 51 c.p.).

Secondo parte della dottrina (Alibrandi), invece, l’uso delle armi è alternativo alla legittima difesa e all’adempimento del dovere.

In particolare, per quanto riguarda i rapporti tra l’art. 51 e l’art. 53 c.p., qualche autore (Delogu) ritiene che l’art. 51 si applica, in sostituzione dell’art. 53, quando il pubblico ufficiale adempie il suo obbligo senza incontrare violenza o resistenza. Un diverso orientamento, invece, afferma la radicale diversità tra le fattispecie previste dagli artt. 51 e 53 c.p. Infatti, mentre l’uso legittimo delle armi è finalizzato all’adempimento di un dovere

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di per sé non integrante reato, che è invece commesso per effetto della necessità di superare la violenza o la resistenza, nell’art. 51 c.p. la stessa condotta giustificata consiste di per sé in un fatto che sarebbe reato in assenza della scriminante (Marini). Inoltre, la scriminante ex art. 53 c.p. prevede la "necessità di respingere una violenza o superare una resistenza", che non è richiesta dall’art. 51 c.p.

Per quanto attiene, invece, ai rapporti fra l’art. 52 e l’art. 53 c.p., secondo alcuni, nell’ipotesi di un comportamento attivo contro il quale il pubblico ufficiale ritenga di dover reagire con armi o altri mezzi di coazione fisica, il fatto potrebbe configurarsi sia come "pericolo attuale di un’offesa ingiusta" ad un diritto del pubblico ufficiale, sia come violenza e resistenza nel senso dell’art. 53 c.p. (Marini).

@2 Ambito soggettivo della scriminante

L’art. 53 c.p. riconosce la scriminante dell’uso legittimo delle armi soltanto a favore del pubblico ufficiale (con esclusione, quindi, degli incaricati di pubblico servizio e degli esercenti un servizio di pubblica necessità), nonché di coloro i quali, legalmente richiesti da quest’ultimo, gli prestano assistenza. Si tratta, pertanto, di una "scusa privilegiata" (Pisa) o, secondo altri, di una causa di giustificazione personale (Marinucci), in quanto è applicabile soltanto nei confronti di determinati soggetti.

La nozione di pubblico ufficiale deve essere intesa in senso restrittivo e va riferita soltanto a coloro i quali sono istituzionalmente preposti all’adempimento di doveri da assolvere anche mediante l’uso di armi o di altri mezzi di coazione (Alibrandi), ossia agli appartenenti alla forza pubblica (agenti di pubblica sicurezza, agenti di polizia giudiziaria e militari in servizio di pubblica sicurezza) (Delogu, Pulitanò, Marini).

La scriminante in esame si applica sia agli ufficiali sia agli agenti che si trovano in posizione subalterna, i quali ricevano l’ordine di usare le armi (FiandacaMusco).

Occorre precisare, peraltro, che le armi utilizzabili sono soltanto quelle di servizio, in dotazione alla forza pubblica, mentre non è consentito l’uso di armi personali.

Restano esclusi dall’ambito operativo dell’art. 53 c.p. le guardie giurate (le quali non sono pubblici ufficiali) e gli agenti di polizia municipale (i quali svolgono solamente funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza, collaborando con la polizia di Stato se vi è la richiesta dell’autorità).

Non è accettabile, pertanto, la tesi sostenuta, tra gli altri, da Antolisei, secondo il quale la nozione di pubblico ufficiale va riferita a tutti coloro che

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esercitano una pubblica funzione, come si ricava dall’art. 357 c.p. (secondo cui "agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi").

Inoltre, la scriminante in esame si applica anche a coloro che, legalmente richiesti dal pubblico ufficiale, gli prestano assistenza mediante l’uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica (art. 53, 2° comma, c.p.).

Occorre che vi sia un’espressa richiesta della pubblica autorità in tal senso...

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