L'istruzione dibattimentale

AutoreStefano Ambrogio
Pagine257-266

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@1 L’assunzione delle prove

Nell’istruzione dibattimentale vengono assunte le prove sulle quali si formerà il giudizio del giudice, il cui potere di ingerenza nella formazione delle prove è oltremodo limitato, ciò al fine di garantire la massima imparzialità.

L’istruzione dibattimentale inizia con l’assunzione delle prove richieste dal p.m. e prosegue con l’assunzione di quelle richieste dalle parti in quest’ordine: prima quelle della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e per ultime quelle dell’imputato (art. 496 c.p.p.).

L’ordine nel quale la prova deve essere assunta risponde a due criteri:

--di natura logica, in quanto è evidente che chi esercita l’azione penale dinanzi al giudice deve anzitutto mostrare gli elementi sui quali ha fondato le sue valutazioni, secondo il principio di carattere generale che la prova incombe sul richiedente;

-di natura garantista, in quanto l’imputato deve avere la possibilità di contrastare tutte le prove a carico e tale facoltà può essere pienamente esercitata solo dopo che le prove dell’accusa e della parte civile siano state assunte. Tuttavia, tenuto conto della preminente finalità di tutela dell’imputato, il legislatore rimette la materia alla disponibilità delle parti, nel senso che consente loro di concordare un diverso ordine di assunzione, senza richiedere alcun presupposto particolare.

L’esame dei testimoni

I testimoni sono esaminati uno dopo l’altro nell’ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati (art. 497 c.p.p.).

La persona indicata come testimone deve, anzitutto, prestare giuramento secondo la formula di rito.

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La formula del giuramento è: "Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza". Come si può notare è stato escluso ogni riferimento religioso, che nel passato aveva determinato problemi per i non credenti o per talune categorie che non ammettono il giuramento in relazione al loro credo. Attualmente, il giuramento richiama i concetti generali di responsabilità morale, facendo appello alla coscienza dell’individuo, e di responsabilità giuridica, richiamando le sanzioni penali previste per la falsa testimonianza e la calunnia. Difatti, è previsto che il presidente ricordi al teste tali responsabilità, rendendo a lui chiaro il significato e il valore del giuramento, senza il quale, è bene sottolinearlo, la testimonianza è nulla. Sono sottratti al giuramento solo i minori di anni 14, che devono comunque essere ammoniti sull’obbligo di dire la verità.

Solo dopo aver prestato il giuramento, il presidente chiede al teste le gene-ralità e, se non vi sono specifici avvisi da dare (ad esempio, quando il teste è stretto congiunto dell’imputato va avvisato della facoltà di non rendere testimonianza), cede la parola alla parte che ha chiesto l’esame perché dia inizio alle domande.

La domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame del testimone (art. 498 c.p.p.).

Il sistema accusatorio prevede che la testimonianza venga raccolta in udienza mediante l’esame incrociato delle parti, ovvero la cross examination, che consiste nel sottoporre il testimone alle domande dirette della parte che ha chiesto l’esame, nonché alle domande di controparte. Ad esempio, se il teste è stato indicato dal p.m., l’accusa formulerà le sue domande e, poi, sarà il turno del difensore della parte civile (ove questa sia presente) e dei difensori dell’imputato. In tale contesto, al giudice è consentito solo porre domande alla fine dell’esame per ottenere chiarimenti o introdurre temi nuovi; su questi ultimi si apre un nuovo giro di domande.

Resta ferma, tuttavia, la regola secondo la quale chi ha chiesto l’esame ha diritto di concluderlo.

Regole particolari sono dettate a tutela del teste minorenne, ovvero di età inferiore ai 18 anni, che di norma deve essere condotto dal presidente, sulla base delle indicazioni delle parti (art. 498 c.p.p.). Tale norma è stata estesa anche alla persona inferma di mente con sentenza della Corte costituzionale n. 283/1997.

Il codice sancisce le modalità con le quali deve procedersi all’esame di un teste, stabilendo anzitutto che questi deve essere chiamato a deporre su fatti e non su impressioni, pensieri o deduzioni personali (art. 499 c.p.p.).

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È sancito, inoltre, il divieto generale di procedere in maniera tale da influire sulla genuinità della risposta; sono, infatti, vietate le domande formulate in maniera tale da suggestionare il teste (cd. domande suggestive), quali, ad esempio, quelle che partono da una premessa non verificata in udienza (es. "premesso che lei era presente al momento della commissione del reato - fatto non accertato in dibattimento -, come spiega di non aver visto nulla "), oppure quelle che suggeriscono la risposta ("è vero che lei riferì di aver visto l’imputato, ma ora non lo ricorda più ").

Va sottolineato che, mentre le prime domande non possono essere poste da nessuna delle parti perché le stesse tendono a confondere il teste e a nuocere all’accertamento della verità, dando per scontati fatti non provati, le domande che suggeriscono le risposte possono essere poste in sede di controesame dalle controparti che hanno interesse a...

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