L'insufficiente descrizione normativa del delitto di tortura

AutoreUbaldo Nazzaro
Pagine27-33
19
dott
Rivista penale 1/2018
DOTTRINA
L’INSUFFICIENTE DESCRIZIONE
NORMATIVA DEL DELITTO
DI TORTURA
di Ubaldo Nazzaro
Abstract
Ai sensi dell’art. 1 della L. 14 luglio 2017, n. 110, sono
introdotti nel sistema penale italiano gli artt. 613 bis e
613 ter, concernenti, rispettivamente, i reati di tortura e
di istigazione del pubblico uff‌iciale alla tortura, al f‌ine
di adeguare la legislazione interna ai parametri comuni-
tari e sovranazionali.
A fronte di una trentennale inadempienza e a seguito
dell’accelerazione prodotta dalla condanna della Corte
EDU del 7 aprile del 2015 per le violenze perpetrate nella
scuola Diaz-Pertini, le opzioni del legislatore nazionale,
nonostante il formale adempimento, realizzato con l’in-
tervento dello scorso luglio 2017, degli obblighi convenzio-
nali assunti attraverso la progressiva attività di ratif‌ica,
continuano, tuttavia, a mostrarsi lontane dal sentimento
della comunità internazionale, prevedendo un’ipotesi in-
criminatrice sprovvista dei requisiti connotanti i concetti
di tortura o di trattamenti crudeli, inumani o degradan-
ti, quali emergono dallo stratif‌icarsi delle fonti pattizie,
in primis dall’art. 3 della CEDU del 1950 o dall’art. 1 della
Convenzione O.N.U. del 1984. L’introduzione dei requisiti
della privazione dello status libertatis e della reiterazione
delle condotte vietate, ai f‌ini della conf‌igurabilità dell’ipo-
tesi delittuosa in esame, vanif‌ica l’eff‌icacia del delitto di
cui all’art. 613 bis c.p.
For the purposes of the Unites Nations Convention
Against Torture of 1984, the term torture means «any act
by which severe pain or suffering, whether physical or
mental, is intentionally inf‌licted on a person for such pur-
poses as obtaining from him or a third person information
or a confession, punishing him for an act he or a third
person has committed or is suspected of having commit-
ted, or intimidating or coercing him or a third person, or
for any reason based on discrimination of any kind, when
such pain or suffering is inf‌licted by or at the instigation
of or with the consent or acquiescence of a public off‌icial
or other person acting in an off‌icial capacity».. The Act n.
110, July 14, 2017, through the Articles 613 bis and 613 ter
c.c. (Italian Criminal Code), also introduced in the Italian
punitive system the crime of torture, that presents some
different aspects from the def‌inition of torture accepted on
the international level (for example, United Nation Con-
vention of 1984 and the other international Conventions).
SOMMARIO
1. Cenni introduttivi: l’evoluzione sovranazionale dell’enun-
ciazione del divieto di tortura. 2. Le inadempienze del legi-
slatore italiano e la condanna della Corte EDU in relazione
alla “sentenza Cestaro”. 3. L’art. 1 della L. 14 luglio 2017,
n. 110: l’introduzione degli artt. 613 bis (Tortura) e 613 ter
(Istigazione del pubblico uff‌iciale alla tortura) c.p. 4. Brevi
rif‌lessioni conclusive.
1. Cenni introduttivi: l’evoluzione sovranazionale dell’e-
nunciazione del divieto di tortura
Assenza sinora imbarazzante e inaccettabile in un as-
setto normativo ispirato ai valori costituzionali, in spre-
gio, peraltro, della disciplina internazionale – delineatasi
attraverso il progressivo stratif‌icarsi di dichiarazioni di
diritti umani e di convenzioni comunitarie e sovranazio-
nali, che hanno visto anche l’Italia apportare il proprio,
sia pur formale, contributo all’opera di recepimento (1) di
un principio rimasto, poi, per un ulteriore lasso di tempo
privo di concreta attuazione – il reato di tortura ha solo
di recente trovato collocazione nel sistema penale italia-
no. I nuovi artt. 613 bis e 613 ter c.p., contemplati dalla
L. 14 luglio 2017, n. 110, tradiscono, tuttavia, decennali
aspettative, conducendo il tortuoso ed estenuante proces-
so di approvazione della legge a soluzioni compromissorie
tra molteplici e antitetiche istanze. Il legislatore del 2017
f‌inisce, allora, con il ridimensionare e con lo svilire la pie-
nezza e l’effettività di un principio che dovrebbe essere
fondante qualsiasi forma di assetto democratico, il divieto
di tortura, così come sancito ai sensi delle convenzioni in-
ternazionali succedutesi negli anni.
Il requisito dell’inderogabilità della condanna nei con-
fronti di qualsiasi attività arrecante sofferenze alla per-
sona, espressa in maniera inequivocabile nelle fonti sovra-
nazionali, non connota, viceversa, la fattispecie delittuosa
introdotta nell’ordinamento italiano nel 2017, dalle cui ma-
glie punitive sfuggono, così, molteplici condotte criminose.
Il concetto di tortura e il relativo incondizionato e una-
nime divieto si sono, a livello internazionale, andati def‌i-
nendo all’indomani del Secondo conf‌litto mondiale, nella
fase di passaggio a quelle che vengono def‌inite, perlomeno
a livello formale, le “moderne democrazie occidentali”.
L’iter che ha condotto a un’inderogabile condanna dei
trattamenti disumani nei confronti della persona pren-
de le mosse dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo” del 1948. Pur trattandosi di una fonte non vin-
colante per gli Stati aderenti, essa rappresenta un prezio-
so “incipit morale” per convenzioni o trattati in materia
che si avvicenderanno nel corso dei decenni. Le nefan-
dezze perpetrate nei campi di sterminio, nel corso della
Seconda guerra mondiale, hanno ispirato, in particolare,
l’art. 5 del provvedimento adottato dall’Assemblea gene-
rale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, ai cui sensi
«nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a
trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti».
Dalla formulazione della norma in esame appare evidente

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