L'esecuzione penale

AutoreStefano Ambrogio
Pagine387-396

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@1 Esecutività delle sentenze

Per esecutività si intende l'idoneità del provvedimento a essere attuato coattivamente, ossia anche contro la volontà del condannato (Tonini).

Alcuni provvedimenti sono immediatamente esecutivi mentre altri lo diventano solo nel momento in cui passano in giudicato:

- le ordinanze ed i decreti con i quali l'autorità giudiziaria dispone una misura cautelare personale o reale (si pensi alle ordinanze di custodia cautelare del g.i.p. o ai decreti di fermo o di sequestro del p.m.) sono immediatamente esecutivi in considerazione delle particolari esigenze da soddisfare nell'interesse della collettività, anche prima dell'accertamento della responsabilità dell'imputato;

- le sentenze di non luogo a procedere (rese nell'udienza preliminare) acquistano forza esecutiva quando non sono più soggette a impugnazione (art. 650 comma 2°, c.p.p.);

- le sentenze di condanna nel merito ovvero i decreti di condanna acquistano forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili (art. 650, comma 1°, c.p.p.) cioè non possono essere eseguiti fino a quando non sono divenuti inoppugnabili, poiché, in assenza di esigenze cautelari, solo il giudicato può essere portato ad esecuzione.

La disciplina del legislatore è ispirata alla tutela della persona ed al principio costituzionale della presunzione di innocenza, che deve trovare applicazione fino a quando il processo non si conclude con la sentenza definitiva (art. 27 Cost.). Ne consegue che, se l'imputato è libero, il suo stato non si modifica per effetto della sentenza di condanna, fino a quando non viene emesso un ordine di carcerazione all'esito del passaggio in giudicato (art. 656 c.p.p.).

D'altra parte, per espressa disposizione normativa e in piena coerenza con i principi che hanno ispirato il legislatore, nel caso in cui la sentenza sia favorevole all'imputato (assoluzione, proscioglimento o concessione della sospensione condizionale della pena), perdono immediatamente efficacia le misure cautelari che siano state eventualmente disposte (art. 300 c.p.p.).

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La fase esecutiva è, quindi, quella fase del procedimento penale attuativa del comando contenuto nel provvedimento giurisdizionale.

Oggetto dell'esecuzione è sia la pena inflitta (pena detentiva, pecuniaria, sostitutiva) sia la misura di sicurezza eventualmente disposta nel provvedimento cui si dà esecuzione.

Organo deputato a curare l'esecuzione dei provvedimenti irrevocabili è il pubblico ministero, istituito presso il giudice dell'esecuzione, ovvero, di norma, presso il giudice che ha emesso il provvedimento le cui disposizioni devono essere eseguite.

La disciplina dettata per la fase esecutiva è, anzitutto, ispirata al rispetto della tutela della difesa e delle garanzie del contraddittorio, in quanto all'interessato è consentito avvalersi di un difensore di fiducia o d'ufficio per avanzare richiesta di misure alternative alla detenzione o per sollevare questioni relative alla legittimità del titolo.

Altro principio che regola l'esecuzione è quello relativo alla finalità di rieducazione del condannato, attribuita alla sanzione penale dall'art. 27 Cost.

Ai sensi dell'art. 655 c.p.p.:

- il p.m. deve provvedere d'ufficio all'esecuzione della pena, senza alcuna sollecitazione esterna, in quanto, nella sua qualità di rappresentante dell'accusa, è la parte che ha interesse all'attuazione delle pene;

- nel caso di necessità di un intervento di tipo valutativo, ad esempio quando bisogna decidere in merito all'esecutività di un provvedimento che contrasta o si sovrappone ad altri, il p.m, che conserva il suo ruolo di parte del processo, deve rivolgere le sue richieste al giudice dell'esecuzione (par. 3);

- nel caso in cui sia necessaria l'autorizzazione per l'esecuzione, come, ad esempio, nel caso in cui si debba procedere ad esecuzione di pena detentiva nei confronti di un soggetto che è stato eletto deputato, il p.m. deve avanzare le sue richieste all'autorità competente al rilascio,;

- i provvedimenti emessi dal p.m. nel corso dell'esecuzione (che hanno natura amministrativa e non giurisdizionale: Cass. I, 11-8-1999) devono essere notificati al difensore del condannato, che va individuato nel difensore espressamente nominato dall'interessato per la fase dell'esecuzione ovvero, in mancanza di ulteriore nomina, nel difensore nominato d'ufficio dal p.m. (Cass. I, 16-3-1994).

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@2 Esecuzione delle pene detentive

Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a una pena detentiva, il p.m. emette l'ordine di esecuzione con il quale, se il condannato è in libertà, ne dispone al carcerazione. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è notificato all'interessato e comunicato al Ministro della giustizia (art. 656 c.p.p.). Dalla notifica decorre il termine di trenta giorni previsto a pena di decadenza per la richiesta di misura alternativa. L'ordine di carcerazione deve indicare in maniera compiuta le generalità del condannato, l'imputazione, il dispositivo della sentenza e le modalità di esecuzione.

L'ordine va consegnato all'interessato, che viene tradotto in istituto penitenziario con le modalità previste per le misure di custodia cautelare.

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