L'equo canone dopo le riforme

AutoreFranco Petrolati
Pagine191-193

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@1. L'impatto delle riforme

La disciplina imperativa sulla misura massima del canone nelle locazioni abitative, di cui agli artt. 12 e seguenti della legge 27 luglio 1978 n. 392, aveva ricevuto, com'è noto, le prime significative limitazioni, nel suo ambito di applicazione spazio temporale, con la miniriforma dei patti in deroga (art. 11 D.L. 11 luglio 1992 n. 333, conv. nella legge 8 agosto 1992 n. 359): da un lato, infatti, in vista della «revisione» complessiva del sistema normativo, erano stati radicalmente sottratti al regime del c.d. equo canone i contratti stipulati in relazione agli immobili ultimati dopo l'11 luglio 1992, dall'altro si era consentita la stipulazione, a partire dal 14 agosto 1992, di «accordi in deroga» alla legge n. 392/78 a fronte della durata tendenzialmente doppia del rapporto locativo (c.d. 4+4) assicurata dalla previsione di ipotesi tassative di diniego di rinnovo alla prima scadenza (l'ulteriore requisito della «assistenza obbligatoria» delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori è stato, invece, eliminato dalla Corte costituzionale con la sent. 25 luglio 1996 n. 359).

La riforma definitiva del sistema delle locazioni abitative è, poi, intervenuta con legge 9 dicembre 1998 n. 431, il cui art. 14, comma 4, ha abrogato esplicitamente tutte le disposizioni sull'equo canone, ivi compresa la norma che ne sanciva l'imperatività a pena di nullità, vale a dire l'art. 79 della legge n. 392/78, sia pure con esclusivo riferimento al settore delle locazioni abitative.

È stata, poi, ovviamente abrogata anche la pregressa novella sui patti in deroga, assorbita dal più ampio intervento volto a liberalizzare il mercato delle locazioni per quanto concerne il corrispettivo del godimento dell'abitazione (art. 14, comma 3, legge cit.).

Nel contempo, tuttavia, si è prescritta la ultrattività della normativa previgente non solo nei processi pendenti alla data di entrata in vigore della riforma (vale a dire al 30 dicembre 1998) ma anche, «per la loro intera durata», a tutti i contratti che a tale data erano ancora in corso (art. 14, comma 5, cit.).

Per effetto, quindi, di questa disposizione transitoria le pur abrogate norme sull'equo canone possono essere ancora invocate dai conduttori in nuovi ed ulteriori giudizi, al fine di conseguire la ripetizione di quanto pagato in eccesso rispetto alla misura massima del canone, relativamente al periodo in cui tale disciplina imperativa trova ancora applicazione: periodo che può essere non solo anteriore ma anche successivo all'entrata in vigore della riforma, attesa l'espansione della ultrattività della normativa previgente all'«intera durata» dell'originario rapporto locativo.

@2. L'inserzione del nuovo sistema

Alla ultrattività della normativa previgente è stato, tuttavia, posto uno specifico limite.

L'art. 2, comma 6, della legge n. 431/98 stabilisce, infatti, che anche i contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della riforma, qualora «si rinnovino tacitamente», ricadono nella disciplina prevista dall'art. 2, comma 1, per il modello c.d. libero di locazione abitativa, caratterizzato dall'assenza di qualsiasi vincolo nella determinazione del corrispettivo.

La norma è volta chiaramente a stabilire il momento di inserzione del nuovo sistema nei rapporti in corso, ovviamente de iure, alla data del 30 dicembre 1998.

Essa delimita univocamente, quindi, se letta unitamente alla disposizione transitoria di cui all'art. 14, comma 5, quale sia la «durata» del rapporto che resta soggetto alla normativa abrogata dell'equo canone.

Mentre, invero, il riferimento alla «intera» durata del contratto in corso, operato dalla normativa transitoria, avrebbe consentito una interpretazione estensiva dell'ambito di applicazione della abrogata disciplina, per comprendervi tutti i cicli quadriennali del rapporto locativo fino alla cessazione legale, la disposizione dell'art. 2, comma 6, è esplicita nel far rifluire anche la pregressa locazione nel nuovo sistema una volta che, sotto l'impero della riforma, intervenga un «tacito rinnovo».

Occorre, quindi, in primo luogo stabilire quando sia da ritenersi integrato il «tacito rinnovo» a partire dal 30 dicembre 1998.

Al riguardo è stato rilevato che un vero e proprio rinnovo del rapporto si realizza dopo la scadenza originariamente fissata, allorché «il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata» (art. 1597, comma 1, c.c.), sicché ogni rapporto che sia venuto in scadenza dopo il 30 dicembre 1998, in difetto di tempestiva disdetta, dovrebbe ricadere nel nuovo regime 1.

A tale...

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