L'ennesima riforma della disciplina delle misure cautelari personali: prime osservazioni e primi approcci pratici

AutoreEnrico Campoli
Pagine305-312
305
Arch. nuova proc. pen. 4/2015
Dottrina
L’ennesima riforma
deLLa discipLina
deLLe misure cauteLari
personaLi:
prime osservazioni
e primi approcci pratici
di Enrico Campoli
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Il criterio dell’ attualità: la (ridondante)
integrazione dei parametri delle esigenze cautelari. 3. La
gravità del titolo di reato: una proporzionalità attenuata. 4.
Finanziamento illecito ai partiti: la necessaria, (e demago-
gica), foglia di f‌ico. 5. La nuova categorizzazione in tema di
custodia in carcere: una gradualità a scalare. 6. Il nuovo cu-
mulo tra misure coercitive ed interdittive. 7. L’aggravamento
degli arresti domiciliari: evasione lieve = evasione tenue?. 8.
L’interrogatorio preventivo: un ulteriore (e def‌initivo?) colpo
al contraddittorio cautelare anticipato. 9. L’autonoma valuta-
zione: l’introduzione dell’ovvio. 10. La durata delle misure in-
terdittive: autonomia e limiti. 11. Il braccialetto elettronico:
l’ultimo “salto” nella corsa ad ostacoli dell’applicazione della
custodia in carcere.
1. Premessa
L’ennesima riforma in materia di misure cautelari
personali è rivelatrice dell’ossessiva attenzione del legi-
slatore all’uso della “carcerazione preventiva”, di rif‌lesso
alla tentazione della magistratura di “schiacciare” le pro-
prie prerogative, prevalentemente, sull’impiego del potere
cautelare.
Quanto più la magistratura mostrerà di dare priorità
alla cautela, sublimando in tal modo la frustrazione che ri-
ceve dal pessimo funzionamento della fase di merito, tanto
più il legislatore ne ridef‌inirà affannosamente il campo, ne
circoscriverà l’intervento, ne limerà le “unghie” invadendo,
robustamente, l’area della discrezionalità giurisdizionale.
Mentre l’art. 546 c.p.p. (requisiti della sentenza) vive
la sua inosservata ed intangibile verginità sin dall’entrata
in vigore del nuovo codice di procedura penale, di contro,
l’art. 292 c.p.p. (ordinanza del giudice), e soprattutto gli
altri articoli che lo sottendono, non trovano pace sino a
raggiungere soglie di invadenza legislativa quantomeno
offensive: il richiamo ai giudici, certif‌icato per legge, ad
esprimere “autonome valutazioni”.
Prima di dar luogo ad una disamina delle singole inno-
vazioni appare necessaria un’ulteriore precisazione: anche
questa volta l’intervento riformatore non ha preso di mira
l’operato della parte pubblica – cioè, di quella che rap-
presenta la pretesa punitiva dello Stato – ma, unicamente,
l’area della discrezionalità dell’intervento del giudice.
Se, ad esempio, l’art. 416 c.p.p., come è giusto che sia es-
sendo deputato a certif‌icare l’esercizio dell’azione penale,
detta, minuziosamente, i criteri per la richiesta di rinvio a
giudizio, l’art. 291 c.p.p. mantiene la domanda cautelare in
un limbo opaco ed indef‌inito limitandosi ad affermare che
il pubblico ministero, che ne è esclusivo titolare, presenta
al giudice “gli elementi su cui la richiesta si fonda” laddove
sarebbe stato utile non solo un richiamo anche per esso
all’autonoma valutazione – rispetto a quello della polizia
giudiziaria – ma anche alla necessità di svolgere concise
esposizioni degli stessi e non a riversare, spesso in modo
ciclopico, nelle proprie richieste, informative di PG. e cen-
tinaia di pagine di intercettazioni prive di un’elaborazione
utile all’esame del giudice (1).
2. Il criterio dell’ attualità: la (ridondante) integrazio-
ne dei parametri delle esigenze cautelari
L’intervento sulle esigenze cautelari ha riguardato la
previsione del parametro dell’attualità anche per il peri-
colo di fuga e di recidiva, di cui alle lettere b) e c) dell’art.
274, comma 1, c.p.p. (2).
Il legislatore ha sentito l’esigenza di ragguagliare tutte
e tre le esigenze ai medesimi parametri – e cioè, con-
cretezza ed attualità –, atteso che ciò già accadeva per il
pericolo di inquinamento probatorio.
La domanda che occorre porsi è la seguente: può un
pericolo essere concreto e non attuale?
Ad avviso di chi scrive, concretezza ed attualità sono sì
due elementi (naturalisticamente) diversi ma mai potrà
accadere che un pericolo valutato come concreto – e cioè,
in grado di rappresentare una soglia fattuale apprezzabile
– non sia anche, allo stesso tempo, attuale (3).
Si è in presenza, quindi, di una inutile superfetazione
aggettivale il cui unico signif‌icato normativo non può che
ragguagliarsi a quanto già dettato, “a pena di nullità, rile-
vabile d’uff‌icio”, dall’art. 292, comma 2, lett. c), laddove
espressamente impone di tenere conto “del tempo tra-
scorso dalla commissione dei fatti”.

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