L'art. 6 Della legge n. 392/1978 E l'abrogazione dell'art. 79

AutoreNino Scripelliti
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    Intervento svolto al Convegno del Coordinamento dei legali della Confedilizia tenutosi a Piacenza il 13 settembre 2003.

  1. - Nella presente nota si tenterà di dimostrare che l'art. 6 della legge n. 392/1978 che disciplina le ipotesi di successione nel contratto di locazione e che è rimasto escluso dalla abrogazione disposta in sede di riforma delle locazioni abitative dall'art. 14, comma 4, della legge n. 431/1998, aveva ed ha tuttora natura di norma imperativa e quindi inderogabile, da ritenersi ormai integrativa della disciplina codicistica della locazione, e ciò per effetto di autonoma efficacia e quindi a prescindere dall'art. 79 della legge n. 392/1978, con la conseguenza della irrilevanza di tale abrogazione limitatamente alle locazioni abitative. Al riguardo si deve premettere in generale, che l'articolo 6 ha disciplinato le ipotesi di successione nel contratto, apparentemente ampliandone i presupposti ed implicitamente muovendo dalla supposta esistenza di un divieto generale di successione nel rapporto di locazione abitativo che in realtà non esisteva. Al contrario, al momento dell'emanazione dell'articolo 6, mentre la incedibilità, anche nel caso di separazione tra coniugi, del contratto discendeva dal generale disposto dell'art. 1406 c.c. (Ciascuna parte può sostituire a sè un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta), secondo l'art. 1614 c.c. la morte del conduttore non estingueva la locazione, ma anzi ne determinava il trasferimento per successione anche ai non conviventi, tuttavia con pregiudizio per i conviventi che, pur direttamente interessati all'uso dell'immobile, non sarebbero i soli a disporre del rapporto. Inoltre il fatto che il conduttore nei casi di separazione o cessazione degli effetti civili del matrimonio, avesse cessato di risiedere nell'immobile lasciandone l'uso ai componenti della sua famiglia, non sarebbe valso di per sè a determinare la cessazione del rapporto, ma semmai a sottrarre, anche in questo caso, la disponibilità del rapporto ai residenti e quindi ai veri interessati 1. Ne consegue che la finalità della disciplina della successione e cessione del rapporto di locazione dettata dall'art. 6, non è stata quella di rendere trasferibile il rapporto, ma, anzi, di limitarne la trasferibilità a determinate categorie di soggetti, in ragione degli interessi di questi, ritenuti meritevoli di tutela.

    Tale indirizzo ha trovato conferma nell'intervento integrativo-additivo della Corte costituzionale con sentenza 7 aprile 1988, n. 404 2, a seguito della quale si propone la seguente lettura dell'art. 6 (in corsivo le parti aggiunte dalla sentenza della Corte):

  2. In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, il convivente more uxorio, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi.

  3. In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo.

  4. In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale o di separazione di fatto, al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto.

  5. Al conduttore che abbia cessato la convivenza, succede nel contratto di locazione, il già convivente che continui la convivenza con la prole naturale comune.

    Quindi, la pronuncia additiva della Corte, ha integrato il testo originario dell'art. 6 ritenendo che i principi costituzionali imponessero l'attribuzione di una - limitata - rilevanza alle distinte situazioni della convivenza di fatto e della separazione di fatto, e riconoscendo il trasferimento del (o la successione nel) rapporto di locazione, dal lato del conduttore:

    - In caso di morte del conduttore, anche in favore del convivente more uxorio, che così viene ad essere equiparato al coniuge (la rilevanza della condizione specifica della convivenza, esclude che la successione del convivente nel contratto di locazione, richieda anche la qualità di erede, mentre si confermano i limiti della tutela alla famiglia di fatto intesa come unione eterosessuale);

    - assimilando alla separazione tra coniugi, omologata dal tribunale se consensuale o recepita in sentenza, o alla dichiarazione di nullità del matrimonio, anche l'ipotesi di cessione del contratto pattuita tra i coniugi in sede di separazione di fatto (dal che si deduce che la Corte ha denominato separazione di fatto non il mero fatto della separazione come l'abbandono della casa di abitazione comune da parte del coniuge conduttore, ma la separazione concordata privatamente, quanto meno con riferimento alla sorte della casa coniugale e del rapporto di locazione, ed alla quale non è seguito il procedimento di omologazione giudiziale);

    - nell'ipotesi, del tutto nuova, di separazione tra conviventi, e quindi necessariamente di fatto, quando vi sia prole (anche un solo figlio), che per accordi espressi tra i conviventi o per comportamenti concludenti sia stata affidata all'ex convivente che resta nell'appartamento locato (anche in questo caso, l'esistenza della prole quale condizione della traslatio del rapporto di locazione, indica chiaramente che questa...

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